Il vecchio bizzarro/L'autore a chi legge
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L'AUTORE
A CHI LEGGE1.
È vero che la Commedia riuscì malissimo; il personaggio suddetto, ch’era l’attor principale, avvezzo sempre a recitar colla maschera, e all’improvviso, si trovò talmente imbarazzato e confuso, che parea un principiante, e in luogo di animare le cose, come era solito, le faceva miseramente languire. Qualche altro personaggio, posto come lui nell’impegno di recitare le cose scritte, contro l’antico di lui costume, si confuse egualmente; e là dove la Commedia dovea brillare,
Compatisco il popolo, che s’è annoiato; io medesimo non ebbi la tolleranza di vedere il fine della Commedia; partii dal Teatro per sollevarmi, e per mia mala sorte, andai a terminar la sera al Ridotto. Colà sogliono ragunarsi le Maschere, terminato il teatrale divertimento, ed ivi si sentono gli elogi o i biasimi delle rappresentazioni vedute, e specialmente la prima sera delle cose nuove rappresentate; ivi3 si pronunziano i giudizi, per lo più appassionati, e le sentenze barbare ed inumane. Fu per me un caro divertimento sentirmi strapazzare nella più sonora e caricata maniera che dar si possa; e la maschera che mi copriva, mi dava campo di penetrare nei circoli senza essere conosciuto, e di godermi le ingiurie delle quali mi caricavano. Non si fermavano già a discorrere della Commedia, a rilevarne giudiziosamente i difetti, e molto meno a criticarne gli Attori; ma contro di me eccitati, io era l’unico scopo delle satire e delle invettive. Non mancarono degli amici miei, che si provavano per difendermi, ma guai a loro, se continuavano; li avrebbero lapidati. Se a dir movevasi alcuno, essere stata la colpa di qualche Attore, rispondevano in dieci: no, non è vero, la colpa è sol del Poeta. Se rifletteva alcun altro, essere compatibile il Poeta istesso, dopo averne un sì gran numero pubblicate, eravi chi rispondeva: ha finito, ha finito; vuotato è il sacco; ed una signora maschera di genere femminino, che ho conosciuto benissimo, sedendo ad un tavolino, ove da quattro galantuomini si giuocava al Tresette, inquietando la partita loro, perchè applauso facessero alla sua voce stridula ed alle sciocche parole che pronunciava, mostrandosi di me informata, quantunque io non abbia avuto mai la disgrazia di praticarla, disse ch’ella sapeva benissimo, ch’io era per lo passato provveduto del comodo di una buona raccolta di Commedie di vari tempi, incognite all’universale, dalle quali avea copiato tutto quel poco di buono ch’erasi di mio veduto, e che questa venuta al fine, io era rimasto in secco. Di questa signora maschera ho dato un cenno nella prefazione seconda del Tomo Ottavo della edizione mia Fiorentina, al proposito degl’Imprudenti4; e se ora mi do l’onore di nuovamente ricordarmi di lei, non è che per l’occasione profittevole che mi si presenta, e per dirle che il magazzino delle Commedie incognite non era in quel tempo altrimenti finito; poichè ne ho prodotte dopo d’allora altre venti almeno per la maggior parte felici, e tuttavia ne vo producendo.
Una cosa mi ha sempre fatto grandissima specie, e non posso dissimularla, e non mi avvezzerò mai a soffrirla senza maravigliarmi, e senza provarne sensibile dispiacenza. Che le Commedie mie non incontrino, non è maraviglia, anzi per lo contrario consolar mi deggio, che senza merito molte di esse vengono bene accolte e benignamente applaudite. Ma dopo il fortunato incontro di una Commedia, come successe in quell’anno medesimo alla Sposa Persiana, rappresentata trentadue volte con un concorso e con uno strepito universale sì grande, subito dopo, trovandosi il popolo malcontento di un’altra, abbiasi a dimenticare sì presto la sua compiacenza, e il merito che fortunatamente ho avuto di divertirlo; e in premio almeno delle mie fatiche non abbia la carità di compatirmi, e voglia con gli strapazzi ricompensare le mie fatiche, è una bibita troppo amara, e basterebbe a disanimarmi, se gl’impegni miei non mi tenessero incatenato. Ma il Pubblico è un capo che non ragiona se non col proprio piacere, e nella confusione di tanti oggetti raccolti, i nemici si sfogano dove trovano il campo aperto a poterlo fare; e gli amici istessi pare che si vergognino a giustificare l’Autore, nelle occasioni dei suoi difetti o delle sue sfortune.
Stampandosi ora questa male avventurata Commedia, spero non averà l’incontro di prima. Lascio al Lettore la libertà di considerarla da per se stesso; e siccome non fu partitamente attaccata, è inutile ch’io la difenda con apologia più particolare. Temendo non mi succeda lo stesso, s’ella venisse qualche altra volta rappresentata, per la difficoltà di ritrovare un Vecchio grazioso senza la maschera, l’ho posta io medesimo presentemente al Vecchio Bizzarro, facendolo rappresentare dal nostro benemerito Pantalone.