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si provavano per difendermi, ma guai a loro, se continuavano; li avrebbero lapidati. Se a dir movevasi alcuno, essere stata la colpa di qualche Attore, rispondevano in dieci: no, non è vero, la colpa è sol del Poeta. Se rifletteva alcun altro, essere compatibile il Poeta istesso, dopo averne un sì gran numero pubblicate, eravi chi rispondeva: ha finito, ha finito; vuotato è il sacco; ed una signora maschera di genere femminino, che ho conosciuto benissimo, sedendo ad un tavolino, ove da quattro galantuomini si giuocava al Tresette, inquietando la partita loro, perchè applauso facessero alla sua voce stridula ed alle sciocche parole che pronunciava, mostrandosi di me informata, quantunque io non abbia avuto mai la disgrazia di praticarla, disse ch’ella sapeva benissimo, ch’io era per lo passato provveduto del comodo di una buona raccolta di Commedie di vari tempi, incognite all’universale, dalle quali avea copiato tutto quel poco di buono ch’erasi di mio veduto, e che questa venuta al fine, io era rimasto in secco. Di questa signora maschera ho dato un cenno nella prefazione seconda del Tomo Ottavo della edizione mia Fiorentina, al proposito degl’Imprudenti1; e se ora mi do l’onore di nuovamente ricordarmi di lei, non è che per l’occasione profittevole che mi si presenta, e per dirle che il magazzino delle Commedie incognite non era in quel tempo altrimenti finito; poichè ne ho prodotte dopo d’allora altre venti almeno per la maggior parte felici, e tuttavia ne vo producendo.

Una cosa mi ha sempre fatto grandissima specie, e non posso dissimularla, e non mi avvezzerò mai a soffrirla senza maravigliarmi, e senza provarne sensibile dispiacenza. Che le Commedie mie non incontrino, non è maraviglia, anzi per lo contrario consolar mi deggio, che senza merito molte di esse vengono bene accolte e benignamente applaudite. Ma dopo il fortunato incontro di una Commedia, come successe in quell’anno medesimo alla Sposa Persiana, rappresentata trentadue volte con un concorso e con uno strepito universale sì grande, subito dopo, trovandosi il popolo malcontento di un’altra, abbiasi a dimenticare sì presto la sua compiacenza, e

  1. Vedasi pref. al Contrattempo, nel t. IX della presente edizione.