Il sigillo d'amore/Il portafoglio

Il portafoglio

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A cavallo
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IL PORTAFOGLIO.


Aveva appena finito di predicare, il grosso frate barbuto, e se ne tornava al convento, anzi del convento già rasentava il muro dell’orto, di sopra del quale le nuvole bianche dei peri e dei susini in fiore lasciavano cadere una silenziosa nevicata di petali sul marciapiede deserto. Sul marciapiede opposto, di là dalla strada larga dove il sole già caldo sebbene al tramonto e un venticello che sapeva ancora di neve giocavano un loro gioco malizioso e sensuale, solo una donna passava quasi di corsa, agitata, con le mani gesticolanti, le falde della giacca che si aprivano e si chiudevano come due ali nere di sopra e viola di sotto.

Rimasto indietro di qualche passo, il frate si accorse che la borsetta rotonda oscillante come un pendolo sotto il braccio della donna, apriva la bocca con uno sbadiglio smorfioso e vomitava un portafogli rossastro. [p. 2 modifica]

Anche lui aprì la bocca per chiamare e avvertire la donna che proseguiva rapida, ma come avesse timore di farle paura, in quel grande silenzio solitario, non riuscì ad articolare parola; poi attraversò la strada e raccolse il portafoglio; e lo sentì gonfio e tiepido nella sua mano; gonfio sebbene leggero, chiuso forte da una borchia di metallo, e con un odore fra di cuoio e di muschio che gli diede un’impressione di carne viva, quasi fosse un membro stesso della donna staccatosi da lei.

Fu per questo che il diavolo lo costrinse a farsi scivolare il portafogli entro la manica, nell’atto stesso che si sollevava? Egli pensò subito così, appena ebbe coscienza dell’atto, ma immediatamente si accorse che il suo pensiero voleva solo nascondere a sè stesso la vera bassezza della rapina: era l’interno del portafogli, il denaro altrui, che lo tentava. E si sollevò un altro uomo.


Ma appena si volse per attraversare di nuovo la strada, gli parve che la coscienza, fuggitagli via in quell’attimo, gli si allacciasse di fronte, inesorabile, col viso bianco del convento e alla finestra più alta gli occhi azzurri cerchiati di nero del Padre Superiore.

Un gelo mortale gli fece sentire tutto il suo grande corpo freddo entro la tonaca d’improvviso pesante: e gli parve di camminare [p. 3 modifica]nell’acqua, e andare sempre più giù: eppure non pensò di correre appresso alla donna e restituirle il suo.

A che? Il Padre lassù aveva veduto ogni cosa: e lo giudicava come Dio.

Ma arrivato sul marciapiede sotto l’orto respirò profondamente, come appunto uno scampato dai gorghi di un fiume: pensava di andar subito su dal padre, consegnargli il portafogli, e lasciar cadere ai piedi di lui il peso del suo già infinito dolore.


Ma quando arrivò al secondo piano del convento si trovò in mezzo a un correre misterioso di frati che attraversavano i corridoi e salivano le scale con un pesante svolazzare di tonache come uccellacci molestati dal passare del nibbio: e nessuno parlava, e quel silenzio rendeva più tragica la confusione.

Anche lui continuò a salire, col cuore sempre più agitato: sul pianerottolo ultimo della scala, dove questa si restringeva per arrampicarsi alla terrazza, sotto la grande luce della finestra aperta, vide i confratelli che sollevavano di terra, leggero come fatto della sola tonaca e del viso e delle mani di cera molle pronta a sciogliersi, il Padre Superiore.

— È morto per colpa mia — pensò con terrore: terrore raddoppiato dal subito accorgersi [p. 4 modifica]che non andava disgiunto da un senso di sollievo: poichè col Padre gli pareva se ne andasse la sua vergogna, se non il suo peccato.


Il Padre era solamente svenuto; cosa che del resto gli succedeva qualche volta perchè soffriva di asma.

— Si vede che è salito qui per respirare un po’ d’aria, e l’aria stessa gli ha fatto male: forse non mi ha neppure veduto — pensa il frate affacciandosi a sua volta alla finestra, mentre i confratelli portano giù fra le braccia il Padre Superiore.

E guarda verso il punto dove ha raccolto il portafogli: è abbastanza lontano, questo punto, e difficile è il distinguervi un oggetto piccolo. Se andasse e vi mettesse appunto qualche oggetto, per fare la prova? Ma che importa? Non ha deciso di confessarsi? Una tristezza di morte lo investe e lo calpesta; e l’orto giù con la sua marea di fiori, i giardini più in là, tutti freschi e frementi, il sole e il vento in amore, la città ronzante come un alveare in maggio, il mondo e tutto infine gli sembra un cimitero, poichè sente che la sua coscienza è malata di un male mortale.


Ridiscese, e si mise accanto all’uscio del Padre Superiore, deciso a non muoversi di lì [p. 5 modifica]finchè non gli permettevano di entrare e compiere il suo dovere. Dentro la cella il medico, pure lui frate, da poco entrato nell’ordine dopo essere stato un gaudente, adesso legato al dolore da un cilizio che portava notte e giorno, pronunziava ad alta voce qualche parola come parlasse fra sè.

Così il frate, di fuori, seppe che l’infermo andava meglio: il cuore si calmava, le forze vitali tornavano: poi si sentì un bisbiglio.

— È rinvenuto, e forse comunica all’altro la causa del suo svenimento.

Questo dubbio lo accese di sdegno: perchè nella sua rigida santità, egli aveva sempre sentito disprezzo e ripugnanza per il medico convertito, e adesso questi sentimenti gli si ritorcevano contro come serpi calpestate.


Attese ancora, attaccato alla parete come un frate dipinto. Nelle finestre del corridoio il cielo si sfioriva; il vento cessava, ritirandosi poichè si ritirava il sole, ma di quel loro gioco rimaneva la dolcezza voluttuosa nell’aria; musiche lontane tremolavano coi profumi dei giardini; e la donna del portafoglio correva nelle strade della città maledicendo il ladro che aveva aperto la sua borsa. Il ladro non esisteva, eppure quella maledizione avvelenava l’aria e la soavità della sera. [p. 6 modifica]

Finalmente l’uscio della cella fu aperto e il lungo monaco dal viso di diavolo vi balzò fuori come da una scatola.

L’altro lo fermò, senza guardarlo in viso.

— Ho bisogno di vedere il Padre Superiore.

— Impossibile. Dorme.

Dormì placido tutta la notte, il vecchio Padre inalato; quello sano e grasso invece si struggeva nel suo giaciglio in mezzo a una torma di brutti sogni che lottavano a chi più farlo soffrire, spingendolo su per strade di montagna che a un tratto rasentavano precipizii o si stringevano in modo da imprigionarlo, o in nere paludi dove si rinnovava l’angoscia di soffocamento provata nell’attraversare la strada dopo la raccolta del portafogli. E questo era sempre lì, in cima agli incubi come uno stendardo rosso sopra una tumultuosa processione di demoni; o era lì sotto la sua testa e gli si appiccicava alla nuca come un tumore pestilenziale; si gonfiava in forme oscene o cadeva sotto il letto dove un terribile topo lo rosicchiava e lo trascinava poi intorno alla cella producendo un rumore misterioso che risvegliava tutti i frati del convento; e tutti correvano su e giù svolazzando, con un battito metallico di tonache dure, e uno di essi, il lungo diavolo convertito, trascinava per i capelli la donna del vestito nero foderato di viola: poichè era lei, con la sua furia di andare [p. 7 modifica]forse a un convegno peccaminoso, la radice del male.

— Infine, — pensò il paziente, scuotendosi e ribellandosi — sono un uomo e devo vincere io. Vado alla delegazione municipale e rimetto il portafogli fra gli oggetti smarriti. E col Padre Superiore sono sempre in tempo ad aggiustarmi.

Ma era notte ancora, e contro i muri neri del buio i buoni propositi battono e svaniscono come bolle di sapone. I nani della coscienza tornavano a stringere coi loro fili taglienti l’uomo grande e grosso che si rotolava nel piccolo letto come un delfino nella rete: finchè arrabbiato sul serio, egli afferrò di sotto il guanciale il portafogli caldo e odoroso di carne sudata e lo scaraventò nel buio.

Poi si alzò e lo riprese: e aspettò l’alba con l’impressione di uno che va verso un fiume per lavarsi.


Finalmente potè essere ricevuto dal Padre Superiore.

— Padre, avanti che le venisse male, ieri, lei stava alla finestra ed ha veduto quanto mi è occorso.

Il piccolo Padre lo fissava con lo stesso sguardo lontano e vago di quando era alla finestra: non rispose. Aveva veduto o no? [p. 8 modifica]

E la tentazione di travisare le cose, di nascondere in parte la verità riassalì il frate: egli la ricacciò subito e trasse dalla manica il portafoglio.

L’altro guardò l’oggetto, poi guardò di nuovo in viso il colpevole: i suoi occhi s’erano come avvicinati, ed esprimevano una viva curiosità.

E il frate sentì che tutte le sue pene erano state inutili; che il piccolo Padre non aveva veduto e non sospettava il vero. Poteva dunque salvarsi ancora dalla vergogna: ma come salvarsi se sopra di loro il Cristo nero con la testa sanguinante si piegava per ascoltare?

— Padre, questo portafogli lo ha perduto ieri una donna che passava davanti a me. L’ho raccolto, e invece di avvertire la donna e restituirglielo, ebbene, me l’ho tenuto io, con l’intenzione di profittare dei denari che forse contiene.

Il Padre sorrise: un suo antico sorriso di beffa, che ai suoi tempi migliori era stato la sua arma più fina contro amici e nemici, e che punse il colpevole più che un atroce rimprovero.

— E cosa voleva farne dei denari?

— Non lo so. So che ho passato una notte infame, per il rimorso e sopratutto per la vergogna di aver compiuto l’azione sotto gli occhi di lei, Padre, di lei che vidi solo dopo. Adesso [p. 9 modifica]penso di andare alla delegazione municipale e depositare l’oggetto.

— Ma dentro non c’è per caso qualche indicazione della donna?

— Non so: non l’ho aperto.

— Lo apra e guardi.

E il terribile sorriso ravvivò ancora il viso di morto del piccolo Padre quando dal portafogli spalancato sgorgò solo una voluminosa lettera d’amore.