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6 | il sigillo d’amore |
Finalmente l’uscio della cella fu aperto e il lungo monaco dal viso di diavolo vi balzò fuori come da una scatola.
L’altro lo fermò, senza guardarlo in viso.
— Ho bisogno di vedere il Padre Superiore.
— Impossibile. Dorme.
Dormì placido tutta la notte, il vecchio Padre inalato; quello sano e grasso invece si struggeva nel suo giaciglio in mezzo a una torma di brutti sogni che lottavano a chi più farlo soffrire, spingendolo su per strade di montagna che a un tratto rasentavano precipizii o si stringevano in modo da imprigionarlo, o in nere paludi dove si rinnovava l’angoscia di soffocamento provata nell’attraversare la strada dopo la raccolta del portafogli. E questo era sempre lì, in cima agli incubi come uno stendardo rosso sopra una tumultuosa processione di demoni; o era lì sotto la sua testa e gli si appiccicava alla nuca come un tumore pestilenziale; si gonfiava in forme oscene o cadeva sotto il letto dove un terribile topo lo rosicchiava e lo trascinava poi intorno alla cella producendo un rumore misterioso che risvegliava tutti i frati del convento; e tutti correvano su e giù svolazzando, con un battito metallico di tonache dure, e uno di essi, il lungo diavolo convertito, trascinava per i capelli la donna del vestito nero foderato di viola: poichè era lei, con la sua furia di andare for-