Il mistero del poeta/XXIII
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XXIII.
L’indomani mattina, uscendo dall’Aquila Nera, m’incontrai faccia a faccia col professor Topler, che veniva a riparlarmi dei libri italiani. Mi crucciai in cuor mio che suo fratello non gli avesse ancor detto niente. Risposi che non potevo assolutamente incaricarmene e che il suo verehrter Herr Bruder ne sapeva il perchè. — Oh oh! — fece il professore ossequiosamente. — Oh oh, bene: — Nella cerimoniosa Germania non ho conosciute due persone cerimoniose come il professor Topler, che anche nominando suo fratello gli appiccicava degli aggettivi rispettosi. Vedevo che gli pareva scortese di lasciarmi così su due piedi, e che, mortificato dalla mia repulsa, non sapeva quale discorso tenermi.
— Iersera abbiamo fatto musica in casa Treuberg — diss’egli.
M’inchinai in silenzio.
— C’era — soggiunse — anche la signorina Luise.
M’inchinai daccapo. Egli attese ancora un poco, mi fece un profondo saluto e se n’andò.
La signorina Luise! Mi pareva che volesse un gran bene a Violet, e ciò la rendeva ben cara anche a me. Avrei voluto vederla, parlare con lei di miss Yves, ma non sapevo se fosse conveniente di farle una visita. Mi ricordai che mi aveva chiesti i versi italiani fatti per lei nel Bahnhofswald, e risolsi di portarglieli. Il vecchio Topler, scendendo meco dal Parkhaus, mi aveva indicato la casa dei von Dobra nella Marktgasse. Me la ricordavo bene per una statua della Madonna col Bambino infissa fra due finestre. Topler mi aveva detto che le signorine, orfane della madre, abitavano lì col loro papà, membro del Landesgericht di Eichstätt.
Suonavano allora le undici, e trovai che la signora Luise era uscita da una mezz’ora per andar a prendere una sua sorellina alla Volkschule delle Benedettine nel convento di Santa Valpurga. Mi feci insegnare la via, passai dal convento, incontrai molte bambine che ne uscivano, ma non lei. Tirai avanti per la Westenvorstadt e la trovai poco lontano, in un prato lungo l’Altmühl, a coglier fiori con la sua sorellina. Mi chiese se andavo al Tiefenthal, e parve molto lieta di apprendere che invece ero venuto in cerca di lei con quei versi. Le domandai di miss Yves. Rispose che aveva passato una bella serata con lei in casa Treuberg, che una sua cugina aveva cantato molto bene e un signore di Monaco molto male.
— Sua cugina — diss’io — ha cantato Haidenröslein.
— Oh, come lo sa? — esclamò la biondina battendo palma a palma. Risposi ch’ero passato sotto le finestre di Treuberg, ed ella mi sgridò, mi disse che ero stato molto cattivo di non salire.
— Iersera ci sarebbe proprio stato bisogno di Lei — soggiunse — Il vecchio Topler voleva assolutamente sapere l’indirizzo esatto dei...
Nominò la famiglia di comune conoscenza che dimorava a Monaco.
— La zia Treuberg — proseguì — non lo ricordava bene. A me pareva che fosse così.
Me lo ripetè ed era esatto, ma io tacqui, assorto com’ero nell’immaginar le ragioni di Topler. Pensai subito che volesse chiedere informazioni sul mio conto. E poi?
— Ci aiuti a coglier fiori — disse la biondina. — Non si pranza mai senza fiori sulla tavola, noi. Domani si ha gente a pranzo e andrò a prenderne di più belli nel bosco e anche Waldmeister; ma oggi non ho tempo. Se ci ajuta bene, Le faccio poi fare un bel giro, si torna in città da quei pioppi là, sotto la Burg. Non è vero ch’è bellina la nostra Eichstätt? Questo edificio grande con il campanile è il convento di Santa Valpurga, lo sa bene; e quell’altra chiesa a destra è la Jesuitenkirche e quella più a destra è la Heiligengeisteskirche. E questi prati non sono carini?
Ella chiacchierava e coglieva fiori e li gettava nel grembiale della sua sorellina, dove li faceva posare anche a me, sgridandomi quando i gambi non erano abbastanza lunghi. Io cercavo pure di ricondurla all’argomento di prima. Le chiesi se ormai miss Yves stesse veramente bene.
— Credo di sì — rispose — ma è tanto triste. Anche iersera quando mia cugina cantava era pallida pallida; ho avuto paura che svenisse. Ma già ci doveva essere qualche mistero iersera.
— Perchè?
— Perchè quando andai a casa Treuberg trovai Violet così turbata, così distratta! Ne domandai a lei, mi disse che non aveva niente; ne domandai alla zia, mi rispose ch’era diventata così da un quarto d’ora, dopo aver ricevuta una lettera. Fui poi presente quando arrivarono i fratelli Topler.
— Ebbene?
— Non so, si guardarono in un certo modo diverso del solito. Il vecchio Topler poi non pareva più lui. Era così serio! — Sì, sì — soggiunse la signorina porgendo due labbrucci malcontenti — ma Lei non pensa che a Violet, non si occupa dei miei fiori.
Finita la raccolta, Luise ne fece imbarcare, ciascuno con un fascio di margherite, garofani chinesi e anemoni, nel rozzo canotto di un pescatore che ci portò all’altra riva dell’Altmühl. Ella m’indicò dal fiume la casa che il professor Topler stava preparando per la sposa e mi disse che miss Yves vi era già andata e vi doveva ritornare quel giorno stesso. Giudicava poi da qualche frase della stessa Violet ch’ella si sarebbe trattenuta ad Eichstätt molto meno di quanto aveva divisato prima. Non avrei dovuto stupirne, ma pure n’ebbi una stretta al petto. Miss Yves voleva dunque fuggirmi; se ora il vecchio Topler non parlasse a suo fratello, che potrei fare? Un momento prima avevo il cuore pieno di speranze; adesso tremavo di essermi illuso. La gentile signorina Luise dovette rimanere ben poco soddisfatta di me che guardavo stupidamente nell’acqua o nell’erba invece di mostrarmi amabile cavaliere, o almeno di ammirare la sua linda cittadetta accoccolata nella valle, la processione dei pioppi, e, là in alto, il fantasma della vecchia Burg in rovina. Tacendo io, finì anche lei col tacere. A pochi passi della città, ritornandovi, colse certe foglie odorose dicendo di voler portare a Violet il suo prediletto sweetbriar. Mi domandò quindi se intendevo andare quella sera, a casa Treuberg. Prima avevo deciso di andarvi, ma poichè il vecchio Topler aveva chieste informazioni sul mio conto in Italia, e forse le attendeva per parlare col fratello, per pigliare una risoluzione definitiva, siccome una mia visita avrebbe potuto affrettare la partenza di Violet, mi parve opportuno di astenermene per ora, quantunque il sacrificio mi fosse doloroso; risposi che non vi sarei andato.
Accompagnai la signorina fino a casa, dove mi fece conoscere suo padre: un signore molto garbato che mi parve devoto suddito della bionda figliuola. M’invitarono al thè per la sera successiva. — Sarà contento — diss’ella con un sorriso. — Il nostro thè è eccellente. — Mi sentii arrossir forte. Il sorriso della biondina era il suo solito sorriso benevolo sulla bocca, ma non negli occhi. Gli occhi brillanti dicevano chiaro: troverà miss Yves.