Il mio delitto/V
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V.
Passai un mese delizioso viaggiando assieme alla zia. Quando ci ripenso mi pare che sia fuggito in un lampo, eppure mi lasciò delle impressioni che mi dureranno per tutta la vita. Roma, Napoli, Firenze, Venezia mi passarono davanti agli occhi come in un sogno delizioso. Ho solo il rammarico d’esser passata davanti a tante bellezze artistiche senza potermi fermare quanto avrei voluto.
La zia ha decisamente gusti diversi dai miei; visita i musei, le gallerie dove stanno raccolti tanti tesori d’arte dei secoli passati, di volo, a passo di corsa; non si ferma davanti ad un quadro se non è firmato almeno da Tiziano o da Raffaello, non capisce come io mi diverta tanto con delle anticaglie e preferisce fermarsi delle ore davanti ai negozii di mode e gingilli. Io invece starei delle ore ad osservare un bel quadro e mi piace riceverne l’impressione direttamente senza prevenzione e senza pensare all’autore; del resto ho quasi un istinto che in arte mi fa fermare davanti alle cose belle e queste m’impressionano fortemente. Mi pare che s’io fossi infelice la vista d’una bella opera d’arte trasportandomi in un mondo più elevato mi consolerebbe e mi farebbe del bene. . Spesso la zia mi sorprendeva in estasi a contemplare un quadro rappresentante delle Madonne dagli occhi soavi o degli angioli biondi che pareva mi trasportassero in cielo; allora veniva a scuotermi dicendo: — Andiamo! che fai? Dormi? Sono stanca. Ed io la seguivo come un automa lasciando in quelle sale la miglior parte di me stessa.
Eravamo a Venezia e fu la prima volta che vidi passare una nube sulla fronte della zia, quando sulla lista dei viaggiatori trovò il suo nome coll’aggiunta e figlia.
— Imbecilli, — disse, — nipote non figlia, — e non ebbe pace finchè non fece correggere un errore che le sembrava enorme, eppure aveva vent’anni più di me e avrebbe potuto essere mia madre.
Pareva proprio che a Venezia si fossero dati la parola per farla stizzire, perchè i venditori le offrivano degli oggetti per sua figlia, i gondolieri la gondola per mostrare a sua figlia la città, insomma era una noia anche per me mentre ciò la teneva di cattivo umore.
— Non capite che non è mia figlia? — andava dicendo; e poi rivolgendosi a me: — Sai che sono molto pettegoli questi veneziani, mi sono proprio antipatici.
— A me invece piacevano tanto colla loro cordialità e festività. Mi piacevano tutti e gondolieri e popolani colle loro argute osservazioni e il linguaggio carezzevole, e la città co’ suoi palazzi, le sue chiese, un vero incanto. Non so se Venezia faccia sempre e in tutti la medesima impressione, so che è la città che sogna sempre a diciott’anni una fanciulla.
La zia ne aveva trent’otto e su lei non esercitava il medesimo fascino; tanto che volle lasciarla in fretta tutt’a un tratto, e le venne uno sfrenato desiderio della sua villa sul lago, della tranquillità della campagna, della pace e del riposo.
Meno male che se la scena cambiava non era certo meno bella e meno imponente, e se mi esaltavo con facilità alle bellezze artistiche, ero altrettanto sensibile a quelle della natura. Perdonatemi se vi trattengo a narrarvi troppo minutamente di quel tempo, ma fu forse il più bello della mia vita e quando la mente mi trasporta a quegli anni e in quei luoghi non me ne stancherei mai.
La villa della zia Paolina era sopra un bel poggio che dominava il Lago Maggiore, la casa era graziosa ed elegante, il giardino pieno di fiori con un immenso terrazzo dal quale si vedeva un paesaggio incantevole. In generale la zia s’annoiava in villa e non ci stava che un mese d’autunno quando in città si sarebbe annoiata anche di più. Essa non poteva raccogliersi ad ammirare le bellezze della natura, avea bisogno sempre e costantemente di società, e che anche questa fosse variata e divertente.
Io ormai non le bastavo più; ero stata un anno con lei, mi conosceva a fondo, m’aveva sfruttato in tutti i modi, e come nipote e come compagna di viaggio e come protetta, e capivo che avevo finito il mio regno.
Poi il suo cervello sempre in moto per trovare da distrarsi cercava qualche cosa di nuovo.
Villeggiavano allora sul lago parecchi uomini politici ed essa pensò subito ad aprir loro la sua casa ed a formarsi un circolo di personaggi, di quelli nominati sempre sui giornali, e a darsi una posa di donna seria.
Ecco dunque un altro cambiamento di scena.
Non più ragazze per la sua nipotina nè gite campestri, nè festino da ballo, nè merende sull’erba.
Pranzi serii di uomini politici, persone gravi e mature, discorsi ancora più serii, si parla di politica, di elezioni, di crisi ministeriali o finanziarie; tutte cose assai poco divertenti per la cara nipotina.
Ma la cara nipotina alquanto dimenticata non se ne lagna, non vien più chiamata, nè mostrata come una bestia rara, e in compenso può correre per il giardino, nascondersi sotto ai capanni di verdura e cogliere dei fiori da riempirne tutte le sale e da adornarne la sua persona.
Mentre la zia sta parlando con qualche senatore della pace o della guerra, la nipote segue collo sguardo il piroscafo che passa sul lago tranquillo, le barchette colle vele bianche che sembrano ali di cigno e contempla in distanza le isole lambite dalle onde e indorate dal sole.
Sta spesso delle ore seduta all’ombra d’un platano gigantesco e legge qualche poeta favorito; ma ci sono anche dei momenti in cui s’annoia di sentirsi sola, e desidera d’avere vicina la sua amica; poi non la desidera soltanto, ma ne ha di bisogno, la vuole assolutamente, e un giorno che vede la zia di buon umore le salta al collo e le chiede d’invitare Margherita.
Zia Paolina, malgrado la sua nuova mania per la politica, procura sempre di contentare la sua nipotina e le dà il permesso tanto desiderato.
Che felicità! Avere la sua amica sul lago, in campagna, tutta per sé! Scrive subito ed attende con impazienza il suo arrivo.
Ne ha già ricevuto l’annuncio e le par d’essere una regina, non vede il momento d’abbracciare la sua amica e freme d’ansietà; non sa perché le corse sieno sempre in ritardo; va un’ora prima dell’arrivo ad attenderla all’approdo, s’inquieta perché il battello non arriva mai, finalmente vede una striscia di fumo, qualche cosa di nero che solca il lago e mano mano che s’avvicina si fa più grande; su quella cosa nera vede un cappellino di paglia, un fazzoletto bianco che vola; non aspetta nemmeno che il piroscafo tocchi la riva e a rischio di cadere nel lago, fa un salto, e si trova nelle braccia di Margherita.