Il medico olandese/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNORE
DON ALESSANDRO RUSPOLI
PRINCIPE DI SANTA CHIESA,
Cavaliere dell’Insigne Ordine del Toson d’Oro etc.
Il maggior bene ch’io vantar possa essermi derivato dal mio soggiorno in Roma2, egli è certamente il prezioso acquisto della protezione di V. E., e deggio dire, a gloria di quella verità che e l’anima de’ miei scritti, averne riportati de’ segnalati vantaggi, non solo per quegli atti di generosità ch’ella mi ha praticati, ma perchè degnatasi di ammettermi alla di Lei erudita conversazione, ho avuto campo d’approfittare di buone massime e di saggi ragionamenti. Fra le tante consolazioni che mi recò il dolce tratto e la cortesia inesplicabile di V. E., mi toccò nell’animo estremamente sentirla con tanta benignità prevenuta in favor delle mie Commedie, e che da esse, o nel Teatro veggendole rappresentare, o in camera leggendole di quando in quando, ne ritraeva qualche piacere.
Fu dunque il disegno ch’io aveva sin da Roma formato, unire a’ miei Mecenati il Nome grande di V. E., dedicandole una Commedia, che è quanto nella mia povertà mi è permesso di fare per dimostrare l’ossequio mio e la mia gratitudine verso chi mi onora, e mi protegge, e benefica.
Ho scelto fra le mie inedite il Medico Olandese, che siccome è stata una di quelle sulla Scena più fortunate, mi lusingo che possa essere dall’E. V. benignamente accolta e sofferta. Spero le riuscirà non discaro il carattere di Monsieur Bainer, sotto di cui potrà Ella ravvisare qual altro cognito Personaggio intesomi sia mascherare3, soltanto che alla Patria di lui, ed alla professione, ed al carattere si compiaccia por mente. Mi do a credere parimenti, che altre due cose in questa Commedia mia le debbano recar piacere: l’una si è l’impostura di alcuni Filosofastri; l’altra il buon sistema della educazione Olandese. Rispetto ai falsi sapienti, non può certamente che divertirla vederli posti in ridicolo, poiché amando Ella le Scienze e le belle Arti, si sarà abbattuta più d’una volta in simili originali, che affettano di sapere e disonorano i Letterati. In quanto poi all’educazione delle Famiglie, che per dir vero in Olanda con accuratezza si osserva, avrà l’E. V. motivo di rallegrarsi, essendo questa la principal cura del di Lei animo, e lo scopo più delicato delle Sue virtuose attenzioni. Iddio Signore benedì la Casa illustre di V. E., concedendole dalla Nobilissima Dama Sposa una sì amabile famigliuola, che innamora a vederla, e che fa sperare aumentata la gloria dell’augusta Patria e dell’eccelso Casato. Vidi io medesimo con quanta amorosa cura e con quale onorato impegno si applica l’E. V. al massimo affare della educazione de’ Figli, ed osservai il mirabile effetto di già prodotto nell’animo e nella Persona del di Lei Primogenito, che in età tenera ancora, mostra uno spirito sì regolato ed un costume sì colto e nobile, che rende a chi lo scorge ammirazione e contento. Dio volesse che i Padri tutti, ed i più nobili specialmente, conoscessero un tal dovere, ed osservassero un sì essenziale precetto. Oh quanti beni ne deriverebbero alla Civil Società! Oh quanti miglior Vassalli avrebbero i Principi, quanto maggior difesa la Religione, quanto maggior rispetto esigerebbero i Cavalieri costituiti da Dio per esempio degl’inferiori! A che vale la Nobiltà e la ricchezza, dove manchi la scienza del buon costume? V. E. merita i primi onori del Mondo per la purezza del Sangue de’ suoi Maggiori, per le cospicue parentele che a Pontefici e Principi e valorosi Eroi la congiunse, per il ricchissimo patrimonio che la fa risplendere fra i più doviziosi Cavalieri d’Italia, per gl’infiniti onori antichi e moderni di sua Famiglia, a’ quali ultimamente s’aggiunse l’insigne Ordine del Toson dì Oro conferitole dall’Augusta Imperatrice Regina. Tutto ciò La rende degna di venerazione ed omaggio; ma mi sia permesso di dire che a tutti questi sì eccelsi beni prevale in V. E. il bene massimo della Virtù, e che da questa tutti i doni della provvidenza acquistano il vero pregio ed il più luminoso splendore. E per dir vero, riesce malagevole e duro l’inchinarsi ai Figli della Fortuna sol perchè da essa beneficati; ma allora quando accoppiasi in un oggetto all’altezza del suo destino il merito della persona, si benedice l’autore di sua grandezza, giustizia chiamasi la felicità del suo stato, e volentieri si venera, si rispetta e si ama. Questo è il maggior tesoro che ai cari Figli l’E. V. procura, e la Nobilissima Genitrice, di Lei Consorte, che al Sangue illustre de’ Capizucchi unisce la più perfetta ed esemplare Virtù, contribuisce infinitamente ad un’opera sì essenziale. Il metodo di V. E. nell’istruire coll’esempio e coi precetti i Figliuoli non è severo, ma docile e temperato, conoscendo Ella benissimo, che giova più guadagnare i tenerelli animi coll’amore, di quello vaglia il costringerli con asprezza. Ella perciò non niega loro quegli onesti divertimenti che valer possono a recreare lo spirito, e fra questi non crede indegne le mie Commedie, conducendovi Ella stessa il Cavalierino suo Primogenito, cosa che, sendo io in Roma, mi consolava infinitamente. Pur troppo il piacer sommo ch’io ebbi di vedere codesta alma Città fortunata, che dopo essere stata la Padrona del Mondo, passò ad essere la Reggia della Cattolica Religione, mi venne amareggiato da non so quale sinistro incontro in quel Teatro medesimo4 per cui di qua venni mosso inutilmente, e con pochissimo onore. Vuolsi che contribuisse alla sfortuna delle Opere mie nel Teatro di Tordinona la situazione, la qualità del Popolo che lo frequenta, l’uso di que’ Recitanti portati più all’ improvviso che allo studiato. Comunque stata sia la faccenda, so certo che asprissimo mi riescì lo sfortunato incontro; ma una stella poi favorevole risarcì l’onor mio nel teatro di Capranica, dove il valor de’ Comici, e la comoda situazione, e il buon ordine bene eseguito, fece talmente brillare alcune Opere mie, che miglior sorte non mi poteva desiderare5. Colà vidi più volte intervenire V. E., ed era per me una consolazione, un trionfo. Seppi con estremo piacere che l’anno dopo ancora nello stesso Teatro si mantenne il mio buon concetto, e che fra l’altre Commedie mie compatite, riuscì molto felicemente La Pamela maritata, scritta da me espressamente per quelle scene. Nel Mondo i mali ed i beni si succedono ordinariamente a vicenda. Ciò che in ogni sinistro incontro può farmi lieto, si è la certezza di essere da V. E. compatito e protetto. E sarà un novello dono della benignissima di Lei protezione, s’Ella si degnerà aggradire l’umilissima offerta di questa Commedia, col di cui mezzo renderò pubblico al Mondo il padrocinio ch’Ella generosamente mi accorda, ed ossequiosamente m’inchino
Di V. E.
Venezia li 12 Luglio 1760.
Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servidore |
- ↑ Allude l’autore al t. VI del Nuovo Teatro Comico, edito dal Pitteri nel 1760 a Venezia, in cui fu stampata la presente lettera di dedica.
- ↑ Allude il Goldoni al suo viaggio a Roma (novembre 1758-luglio 1759), già annunciato nella dedica e nella prefazione delle Donne de casa soa (v. vol. XII) e nella prefaz. della Villeggiatura (vol. XIII).
- ↑ Ermanno Boerhaave, di Leida (1668-1738). Si consultino i dizionari storici.
- ↑ Il teatro di Tordinona, nominato più sotto: v. pref.i citate.
- ↑ Cap. XXXVIII, parte 2.a dei Mémoires.