Il figlio di Grazia/XXV
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XXV.
Arrivarono al paese alle nove di sera. Parecchi erano venuti incontro colle torcie, fra gli altri Bernardo e Grazia colle lagrime agli occhi. Che conforto, dopo tante ore di camminata faticosa, tra le nevi ed i ghiacci, nel silenzio, nella solitudine e nel freddo di ritrovare una stanza piena di luce, di calore, di visi amati e contenti! La cucina della locanda era piena e tutti parlavano ad una voce con un incrociarsi di domande e di spiegazioni che formavano una vera confusione.
Vincenzo pareva anch’esso rinato là accanto a quel buon fuoco di quercia, e guardava Natale cogli occhi grossi di commozione, raccontando che doveva a lui d essere arrivato sano e salvo.
In fondo al suo cuore c’era un’altra soddisfazione che non confessava a nessuno, quella che non fosse accaduto un fatto orribile, inverosimile, che gli era balenato non sapeva come, vedendo lassù alla capanna Nocente de’ Caprezzi insieme a Natale.
La porta della cucina s’apriva ogni momento per lasciar entrare donne e ragazzi: tutto il paese voleva venir a vedere e sentire. Grazia vide entrare timidamente e tirarsi in un angolo Raffaella: le andò vicino prendendola per mano, e sebbene si schermisse, volle che si facesse innanzi, presso al camino perchè potesse sentire dalla bocca di Vincenzo gli elogi del suo Natale. In quel momento, presso la tavola, la giovinetta vide seduto suo fratello coll’aria affaticata e l’abito bagnato.
«Come, Nocente! anche tu sei andato?! sei andato fin lassù?!»
Nocente stava per rispondere in cattivo modo, ma lo interruppe la voce di Natale, che, ritto lì accanto rispose forte:
«Sì, Raffaella; anche lui è venuto. Da oggi in avanti nessuno oserà più dire che Nocente è un vigliacco!»
La sua voce dominò tutte le altre voci, e si udì bisbigliare intorno: «È vero; chi l’avrebbe detto...! Eppure ha mostrato del coraggio anche lui....»
Pensate al soffio tiepido che passa su un fiore che la brezza gelata ha intirizzito, pensate a un bambino che ha smarrita la mamma e si ritrova finalmente stretto al suo seno; pensate a un assetato il quale, dopo un lungo, faticoso cammino ode e vede zampillare una sorgente. È nulla tutto questo in paragone al senso che invase quell’infelice il quale non aveva saputo fino allora che essere cattivo, non aveva mai ritrovato il modo di mettersi nella strada buona e, più era disprezzato, più, per un sentimento di dii spetto, si rendeva disprezzabile.
C’erano stati nella sua vita de’ momenti in cui aveva pensato che forse era meglio diventare un buon figliolo, e guadagnare lavorando i soldi che gli piacevano tanto. Ma fare il buon figliolo, lui! gli veniva da ridere soltanto a pensarci, e gli pareva che tutti nel paese ne avrebbero riso, così. Povero ragazzo sviato, che non sapeva più distinguere il bene dal male!
— Da oggi nessuno più oserà dire che Nocente è un vigliacco! — Che misteriosa potenza hanno certe parole dette in momenti opportuni!
Tutta la persona meschina di Nocente parve rinvigorita; rizzò la testa cogli occhi illuminati e trovò finalmente una parola sincera e generosa:
«Ma se non era lui» disse a Raffaella «io non ci andavo. E devo a lui se sono tornato sano e salvo!» Raffaella non disse una parola, non osò alzar gli occhi riconoscenti a Natale; si sentì arrossire vivamente e si guardò intorno paurosa che la gente s accorgesse del suo turbamento. Ma vide Dorina che le faceva segno di andarle vicino; ella vi corse, e lesse negli occhi dell’inferma una così profonda simpatia che si lasciò cadere seduta sul gradino del camino nascondendole il viso in grembo....
La mano piccola e scarna di Dorina passò e ripassò sulla sua testa; non si udì la sua voce: quelle ore di paurosa attesa avevano affranto la povera? creatura senza salute, che, con un cenno, chiamò Grazia indicandole la fanciulla che piangeva. Ma non piangeva di dolore: l’uno e l’altro, Nocente e Natale, avevano pronunciato così consolanti parole! Ed ella! ne aveva provato una felicità che non sapeva spiegarsi, ma le pareva che i suoi dolori fossero finiti e cominciasse anche per lei una vita quieta e serena.
Uscirono tutti insieme dalla locanda. Grazia si teneva il braccio di Raffaella sotto il suo con una tenerezza materna che scaldava il cuore della povera ragazza, Natale veniva dietro con suo padre e con Nocente.
Arrivati a un punto del sentiero, si fermarono a salutarsi, e tutte quelle mani s’incrociarono e si strinsero, anche quelle di Natale e di Nocente.
Soltanto Raffaella si teneva in disparte, contro la callaia di neve che costeggiava il sentiero. Nocente si voltò e le disse: «Animo! che fai? dà qua anche la tua mano a Natale. Eravate ben amici da piccini.»
«E lo sono ancora ancora!» disse Grazia colla sua voce dolce e commossa. «Domani vi aspettiamo tutti a desinare con noi per suggellar l’amicizia.» E buttò le braccia al collo di Raffaella, baciandola più volte e dicendole piano: «Che Dio ti benedica, figlia mia!»
⁂
Grazia e Bernardo erano già rientrati in casa e ancora Natale passeggiava di fuori, nella neve scricchiolante come se non fosse stanco del faticoso viaggio.
Aveva tante cose nella testa e nel cuore che volevano uscire, e gli pareva che all’aria aperta gli fosse più facile di ripensare a tutto quello che aveva fatto e pensato da ventiquattro ore in qua.
Ma finalmente s’accorse d’aver bisogno di riposo, si fermò a dare un’occhiata al cielo, si passò le mani sulla fronte, sorrise fra sè e disse forte: «Dopo tutto, che consolazione di ritrovarsi onesti!» E rientrò in casa.