Il corsaro/Canto III/VI
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VI.
Lunghi intanto, increscevoli, ansïosi,
E ognor così, sul misero Corrado
Il dì, e la notte alternansi; ma un’alma
Serba ei maggior d’ogni spavento; e vede
Questi passar di dubbio, e di timore
Orridi istanti, e non ne trema; e pensa
Ch’ogni ora che s’avvanza, più che morte
Recargli anco potrìa; pensa ch’ogn’Eco,
Fra quelle vôlte risonante, è forse
Eco di piè cui seguitare ei debba
Là, dove sorge il palo, o suo reo capo
La scure attende; pensa ch’ogni voce
Che l’orecchio suo fere, ultima voce
Fors’è ch’a udir gli resta.... e non ne trema!
Feroce, altier, non sa morir d’affanno,
Sen’ strugge a poco a poco, e silenzioso
Pugna in tanto conflitto, aspro più assai
Di quant’altri sostenne. Ira di strage,
Furore di tempesta, inerte un solo
Pensier non lascia; ma così in catene,
In tanto negra solitudin, preda
D’ogni crudele fantasìa, coll’occhio
Sul palpito del cor fiso mai sempre,
Non dubbia colpa meditar, ahi tardi!
Scorgere, ahi tardi! inevitabil sorte;
L’ore contar che da l’acerbo fine
Ti dividono ancor; e non amico
Aver che ti conforti, e narri poi
Qual ti rinvenne morte, audace, e pronto;
Cinto da’ tristi, cui versare è dolce
De la calunnia il fiel, fin su l’estrema
Scena del viver tuo; l’atroce schiera
De’ tormenti mirar, cui ben può l’alma
Coraggiosa affrontar, non la straziata
Natura sofferir; sentirsi in petto
Fremer l’unico gemito, che toglie
Al valor la più cara ultima lode;
Veder la vita che abbandoni, in terra
Respinta sì, che mal securo è il Cielo;
E colei,... l’amor tuo,... celeste al mondo
Dolcezza tua.... tolta per sempre; è questa
L’orrenda folla de’ pensier, che lenti
Strazian Corrado; lo spietato è questo
Duolo più che mortal, che lo divora,
Cui regge;.. e come?... Oh, a che mel’ chiedi!.. regge;
Picciol vanto non è!....