Filosofia

Canto III
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V.

In suo segreto
Harem siede il Pascià; torvo, severo,
Meditando il destin del suo cattivo;
Alterno è in lui pensier d’odio, e d’amore,
Ch’or di Corrado la prigion gli addita,
Or Gulnara gli mostra. Amabil schiava!
Giace a suoi piedi, e ’l volto suo contempla
E a serenar l’ottenebrato spirto,
E di soave affetto in traccia, ansiosi

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Sguardi invìa da la negra ampia pupilla
Su quel ciglio, che inerte par che miri
Del Combolojo, che gli pende a fianco,
I vario-pinti grani, ma desìre
Accarezza di vittima, e di sangue.
» Pascià, pugnasti! Al tuo turbante attorta
» Sta la vittoria; è in tuo poter Corrado;
» Caddero gli altri; ei pur morrà, qual debbe
» Uom che sua sorte ben mertò, sì abbietto
» Che indegno è fin de l’odio tuo. Ma saggio
» Parmi o Seid di raffrenar per poco
» La tua vendetta; va gran fama il sai
» Dei tesor del Pirata; al suo riscatto
» Gli offrirà tutti; oh I’ vorrei pur vederne
» Alfin signore il mio Pascià! Deluso,
» Fatto meschin da tanto prezzo, errante,
» Perseguitato, fia ben facil preda
» Il tuo nemico allor, che s’or lo spegni,
» Quel che riman de’ suoi seguaci aduna
» Sovra l’agili barche ogni ricchezza,
» E via sen’ fugge a più securo asilo....» —
» Odi Gulnara; se per ogni stilla
» De l’odiato suo sangue, in don m’offrisse
» Gemma preziosa più di quante mai
» Vanta il diadema d’Istambul; se un masso

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» Di vergin’oro agli occhj miei fulgesse,
» Premio d’ognun de’ suo’ capei, se quanta
» Araba istoria può sognar ricchezza,
» Supplice per costui m’avessi innante,
» Auro, gemma, tesor; salvar da morte
» Nol potrìa no; nè un ora sol redenta
» Del suo viver ne fora.... Egli è fra ceppi,
» Egli è in mia possa, di vendetta ho sete,
» Ed or m’è lieto di pensar qual s’abbia
» Più lento agonizzar, morte più atroce.»—
» Nè placarti desìo, giusto è lo sdegno
» Che ti move o Seidde, e invan pietate
» Farlo mite vorrìa. Ma se il mio labbro
» D’indugio favellò, brama lo schiuse
» Di non veder per te dovizia tanta
» Andar perduta. Nè perchè disciolto
» Così ne fosse, libero vantarse
» Potrìa costui; de’ suoi più forti privo,
» Impotente a tentar, a la catena
» Solo un cenno il trarrebbe.» —
» A la catena
» Lo trarrebbe» di’ tu?.... Ma non è mio
» Già quest’infame?.... Ed io dovrei di vita
» Donargli un giorno ancora? Io dovrei tanto
» Crudel nemico in libertà ridurre?

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E chi prega per lui?.... Tu?.... Ve gentile
Supplicatrice!.... Generosa vedi
Gratitudin! Saggezza, che i pietosi
Modi rammenta del Giaurro, e pago
Lo vuol, perchè Te colle tue compagne,
Non pur mirando i vostri vezzi, salve
Fea da periglio; e grazie, e laudi invero,
E guiderdon gli deggio! Odimi intanto,...
Odi o bella, consiglio; omai dubbiezza
Ho di tua fede; ogni tuo detto omai
Di verità colora ogni sospetto;
De lo invaso Serraglio tra le fiamme
Te portava il suo braccio, or tu languendo
Per lui, mi stai vicino, e in mente hai fitto
Lo fuggir seco.... Non scolparti;.... è vano;
Sulla tua guancia di tua colpa assai
Il rossor già favella.... Amabil donna
Abbi di te pensier; veglia; i tuoi giorni
Han, come i suoi, uopo di cura... oh istante
Maledetto, in che viva egli ti trasse
Dal fero incendio!... Ben miglior destino....
No, coll’ affanno d’un amante allora
T’avrei compianta;.... ingannatrice! adesso
Tuo Signor t’ammonisco;.... e ben poss’io
Del tuo pravo desìr l’ali far tronche

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» Nè in lai soltanto l’ira mia si sfoga;
» Sta all’agguato Gulnara! in tua menzogna
» Non ti fidar!....»
     E sorge, e lentamente,
Ferocemente s’allontana; rabbia
È ne’ suoi sguardi, e in quel severo addio
Sta la vendetta. Oh, ben non sa l’altero
Che nè cipiglio rintuzzò mai donna,
Non minaccia la vinse! Ei non sa quanto
Fra le dolcezze dolce hai cor Gulnara,
E per ingiuria rivoltoso audace!....
L’aspra rampogna di Seidde irrìta
Costei, che non s’avvede ancor qual stenda
In suo petto radice, per Corrado
Tanta pietà. Schiava, del proprio fato
Altro non scerne, che un compagno in lui
Sol per nome diverso; e di sè stessa
Così mal conscia, e del Pascià lo sdegno
Spregiando, torna al periglioso assalto,
E un altra fiata la respinge il crudo,
Infin che sorge l’orrido contrasto
Dei non domati affetti, in cuor di donna
D’immenso duolo amara fonte ognora.