Il corsaro/Canto III/I
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I.
Lento declina, e più che mai rifulge
In sul confin di suo vïaggio, il Sole,
Lunghesso i colli di Morea, non mesto
Qual per Nordiche sfere, ma sereno
5Raggio di vita; lo tacito mare
D’oro cosparge, e sì che il verde flutto
Tremulo ne sfavilla; su lo scoglio
D’Egìna antico, della gioja il Nume,
E su l’isola d’Idra, il moribondo
10Sorriso versa, e morendo pur gode
Su i regni suoi brillar, ancor che sacre
L’are per lui più non vi fumin! L’ombre
Scendon dai monti rapide, e il glorioso
Tuo golfo inconquistata Salamina,
Baciano, e cogli azzurri archi, nei vasti
Seni d’intensa porpora dipinti,
Scontrano il raggio tenero; le vette
Vario-tinte, ripetono de l’etra
I color tutti, ed il corso lïeto
Segnan de l’astro, che velato omai
Da la terra, e dal mar, par ch’a riposo
Dietro al ciglion di Delfo suo s’asconda.
E così, ma più squallido, volgeva
Il suo sguardo sul vespero cui vide
Ultimo, o Atene! il tuo più saggio;1 oh, come
I tuoi figli migliori, lo cadente
Mirava allor che del tradito Sofo
I dì chiudea!. .. Non anco, deh, non anco!
Posa sul colle il Sol, l’ora di morte
Preziosa, pende ancor, ma la sua luce
Su le pupille agonizzanti è fosca,
E negre son le sì vivaci un tempo
Tinte de la montagna. Tenebrìa
È sulla terra, su l’amabil terra
Ch’accigliato non mai scórse cotanto
Di Febo il volto; ahimè! pria ch’ei scendesse
Del Citeròn dietro la rupe, vôta
Era la tazza del delitto, uscito
L’altero spirto, alma di lui, che visse
Com’uomo unqua non visse, e tal morìo.
Ma già da l’alto Immète, a la pianura
Annunzia de la notte la reina
Il silenzioso impero suo. Non atro
Vapor foriero di procella fùra
Il suo placido aspetto, o non accerchia
Suo vago disco lucida, ma fosca
Cornìce che incolora lo scherzoso
Fulger de l’astro; ma il saluta amico
La candida colonna, e ne sfavilla
Sul minarèto la sua pura immago.
I mesti ulivi in ampie selve sparsi
’Ve picciol flutto volge il bel Cefiso,
Il cipresso dolente appo la sacra
Meschìta, e la splendente torricella
De l’allegro Chïosco,2 e in tal quïete,
Accanto al tempio di Teséo, la palma
Sorgente bruna, e solitaria, tutto
Lo sguardo invita, e tristo è ben lo sguardo,
Che insensibile mira, e non s’arresta.
Ma un altra fiata del vicino Egéo
L’onda fremente già, move tranquilla
Un altra fiata svolgonsi i suoi flutti,
In largo ammanto d’auro, e di zaffiri,
E splendono fra l’ombre di lontane
Isolette, che infoscansi laddove
Par che più lieto l’Oceàn sorrida.