Il contrattempo/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
GIO. BATISTA CATTANEO
del fu Eccellentissimo Sig. Niccolò
PATRIZIO GENOVESE1.
E questa sincera protesta mia non ad altro tende, se non se a farmele conoscere, che ben inteso son io della dolce maniera con cui Ella tratta, la gentilezza ammirabile del di Lei costume, il maturo di Lei consiglio, la singolar benignità, la sincerità del cuore suo, e l’onore che godo della di Lei protezione.
Poca lode a me sembra delle persone che vivono il far derivare la gloria loro da quella degli antenati; se ciò bastasse, chi più dell’E. V. vantar può in ogni secolo illustri Personaggi, amplissimi Senatori, Dogi eccelsi, che la Prosapia sua feconda resero di dignità e di grandezze? Nè meno dalla ricchezza del patrimonio piacemi trar motivo per esaltare chi la possiede; ma ben l’E. V. merita essere lodato ed esaltato, perchè sa essere umile fra le ricchezze, ed agli onori, che ha dagli Avi suoi ricevuti, sa rendere colle sue virtudi gloria e splendor maggiore.
Per dare all’E. V. un pubblico testimonio dell’ossequio mio, pensai di consacrarle una di quelle Commedie che do alle stampe, ma l’offerta è così tenue e meschina, che arrossisco di me medesimo, non trovandomi cosa da presentarle, che degna sia del di Lei merito e del di Lei grado.
Eppure mi anima a farlo il fortunato incontro che hanno cotali Opere mie in codesta Serenissima Dominante ottenuto. Una Città sì colta, di peregrini ingegni fornita, in cui la letteratura ed il buon gusto fiorisce (niente meno del valor massimo e della vera giustizia), troppo onore ha fatto alle miserabili mie fatiche, accogliendole con sì distinto gradimento, che la fortuna han fatto de’ Comici da me diretti3, che nella Primavera passata, in uno di codesti Teatri, ne hanno parecchie rappresentate. Doveva io pure trovarmi in tale occasione a godere di grazie cotanto segnalate, ed ebbi cento amorosi eccitamenti, e stimoli, e pressantissimi inviti, ma volle il destino che una malattia di due mesi mi togliesse un sì bel contento.
Godei non per tanto delle relazioni all’onor mio vantaggiose, e queste mi hanno eziandio incoraggito a presentare all’E. V. un di que' parti medesimi, che costì sono dall’universal compatiti. Può essere per avventura, che questa tale Commedia che all’E. V. umilmente dedico e raccomando, non sia costì per se stessa delle più fortunate nel pubblico gradimento, ma lo sarà ben Ella a riguardo del magnanimo Mecenate, che le ho per gloria mia procurato.
Sono tutte mie figlie le Commedie che vo facendo, e le amo tutte egualmente. Esse, a guisa appunto delle Fanciulle (le quali, se hanno dei tratti odiosi per essere disprezzate da alcuno, hanno poi qualche grata avvenenza per allettar alcun altro) trovano sorte varia per lo più dove, o per via delle stampe, o da Comici Attori vengono pubblicate. Se questa in Genova non avrà fortuna, sarà segno che demerito avrà maggior delle altre; se dispiacerà all’E. V., ne risentirò maggior pena; e siccome nel destinare la offerta delle Opere mie non uso a far di esse la scelta, ma l’ordine serbo, nello stamparle, che a principio ho loro prefisso, così non averò io a rimproverarmi d’aver errato.
Che se anzi voless’io riflettere sull’argomento della Commedia medesima, giungerei forse a credere, che ad un Cavaliere di tanta saviezza non sia per dispiacere la critica di coloro che per poca prudenza commettono de’ contrattempi, e si rovinano, e alle persone oneste odiosi si rendono. Qualunque ella sia l'Opera che della protezione dell’E. V. viene onorata, averà sempre il fregio di portare il di Lei Nome in fronte, ed io sarò compiutamente felice, se potrò gloriarmi di essere, quale con profondissimo ossequio mi rassegno
Di V. E.
Umiliss. Devotiss. ed Obbligatiss. Serv. |
- ↑ Questa lettera di dedica fu stampata la prima volta nel 1755, nel t. VIII (falsam. 1754) dell’ed. Raperini di Firenze.
- ↑ Doveva il Goldoni recarsi a Genova nella primavera del 1754, con la compagnia dei comici di S. Luca, ma si ammalò a Modena (vol. VI della presente Edizione. p. 355). Vedi anche più sotto.
- ↑ Allude il Goldoni alla Compagnia del teatro di S. Luca, che recitò a Genova nella primavera del 1754.