Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 7

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Cap. 7. D'alcuni Cavalli famosi amati, & comprati per gran prezzo.


Chi volesse raccontare la moltitudine de’ cavalli famosi appresso alli antichi, & honorati da loro dopo la morte, pigliarebbe per vero molta fatica, & à me basta di raccontarne pochi, solo per non passar questa materia troppo seccamente, Et prima io lascierò da parte, come notorio à tutti, quelli, che ne i più celebri Romanzi sono contati, & dirò cominciando dalle cose più antiche, che famosi molto sono i cavalli del Sole, li quali sono Hὼos greco che vuol dir Oriente da Hὼos, che vol dire mattino & aurora, Eoo, che volgarmente dice Lucifero, & orientale. Onde disse Virgilio nel primo della Georgica.

At cum Sole novo irrorat eous
Che vuol dire.
Col Sol novo il destrier Eoo la terra
Bagna di nove luce.

Ma i cavalli, che apportano il giorno più propriamente sono chiamati l’un Lampon dal splendore; l’altro Pegaso, & l’altro Fetonte. I cavalli di Marte sono Dimos, & Phobos cioè terrore, e spavento. Famosi cavalle furno Peloro, & Ferenico. Famosi quei d’Achille delli quali dui ne dicono immortali cioè Balio, & Xanto per la bontà, & velocità loro, & l’altro fu Pegaso; questo gli partorì Harpica cavalla famosissima, & di tutte eccellentissima, & voloce. Et però dicono che gli partorì vento. I cavalli d’Hettore furono celebratissimi, i nomi delli quali sono Ethon, Lampo, Podagro & Xanto come vol Homero. Boristeno cavallo d’Adriano, Cellare di Castore. Allastore. Ethon, Niteo, & Orneo cavalli di Plutone. Etha fu cavalla eccellentissima di Agamennone. Podarco fu cavalla molto eccellente, & così detto dal valor de i piedi, è delle gambe. Et famosi ancora furono. Sipho, & Arione cavalli di Nettuno. Et Pegaso fu famosissimo, quel dico che fu generato da Nettuno medesimo, et da Medusa secondo che vol Higino, & molti altri; & altri ancora vogliono che fosse nato dal sangue di Medusa occisa da Perseo, & esser stato detto Pegaso dalle esser nato appresso à πύγας fonti dell’Oceano dove habitavano le Gorgone. Il qual fonte da questo fu addimandato Hippocrene, cioè fonte cavallino. Et come favoleggiano i poeti alludendo forse à quello, che delli Onagri cioè Asini selvaggi si descrive, che sono inventori per la lor siccità grande di trovar l’acque de i fonti ne i luoghi deserti; & inculti; così Pegaso forse aperse il fonte col batter solo de i piedi in terra. Al quale attribuiscono come s’è detto l’ale & molt’altre cose più per la bravura, & saltar alto che per altro forse [p. 17r modifica]così ammaestrato da Bellorofonte di poi che l’hebbe preso bevendo al fonte Pireno Corithio, quando se apparecchiava per gir contra la Chimera monstro insuperabile secondo che vol Strabone. Et tra molte cose che scriveno di questo caval Pegaso, dicono che fu trasportato nella sfera ottava, che addimandano il firmamento, & il ciel stellato, & tiene il luogo appresso alli Astrologi della figura decima ottava delle quarant’otto che lor cavano da mille, & ventidue stelle elette. Et questo cavallo alato, forse non dimostra solo l’eccellentia di Perseo, & Casiopea, ma influisce ancora nelle spetie de’ cavalli; & inclina per aventura la mente de gl’homini à delettarsi dell’uso d’essi, sono celebri molt’altri cavalli, che le favole de’ Poeti antichi raccontano, li quali io lascierò à dietro per brevità. Ma di gran bellezza, & valore, & sopra tutto gl’altri debb’essere Bucefalo cavallo d’Alessandro Magno, così detto ò dallo sguardo torvo, & terribile, che havea, ò dalla testa simile à quella d’un toro, over dal marco, & segno secondo alcuni scrittori, che havea in una spalla d’una testa di toro. Questo famosissimo cavallo fu d’un occhio solo per natura secondo Pellagonio; & però dicano che fu detto Arcinaspo, che in Lingua Schitica vol dir con un’occhio solo. Della bellezza, & valor del quale solo basta dire, che non lasciandosi cavalcare da nessuno essendo poledro, fu compro nondimeno da Filippo Re di Macedonia per sedeci talenti, che di nostra moneta sono settemillia ducati d’oro. Ne mai da altro si lasciò cavalcare da poledro, ne quando era in habito regale, che dal suo Alessandro. Et senza habito regale si lasciava cavalcare dal cavallarizzo solo. Et nel fatto d’arme c’hebbe Alessandro contra Poro Re, morse di molte ferite; non patendo però mai che per le ferite Alessandro ne dismontasse per rimontar sopra altro cavallo, fin che salvo non l’hebbe condotto fuor del pericolo grande. Il perche in segno della bontà, valore, & merito suo lo fece sepelire nel medesimo luogo, dove morse, honoratissimamente; & in sua memoria nell’istesso luogo fece edificare una superbissima città, dal nome del quale Bucefalo la dinominò Bucefalia; & hora chiamasi Alessandria. Il caval Leiano fu famosissimo, & fu recato proverbio per infortunatissimo. Si come l’oro di Tolosa; & fu sempre più volte compro à prezzo grandissimo per la rara bellezza sua. Famosissimo fu Astorcone cavallo di Giulio Cesare così detto non perche fosse nato in Asturia di Spagna, ma per l’eccellentia sua così nel correre come nell’altre virtù che s’appartengono à valoroso, & nobilissimo cavallo. Et perche l’Asturia è solita generare simili cavalli, per questo pò essere ancora, che Astorcone fusse addimandato. Questo stupendissimo cavallo, havea i piedi quasi humani, & in modo di diti fesse l’unghie. Et essendo nato appresso à Giulio Cesare, da questo pogliò l’augrio dell’Imperio di tutto il mondo, per esser lui serentissimo, & per haverlo detto anco gli aurispici, & indovini: & però con diligentia grande lo allenò, & tenne sempre [p. 17v modifica]appresso di se carissimo. Non patì mai questo miracoloso cavallo, che altro che il suo Cesare lo cavalcasse, & imitando Alessandro esso fu il primo à domarlo, & l’ultimo à cavalcarlo, la statua del qual cavallo bellissima, & maravigliosa, pose innanzi al tempio di Venere genetrice. Di questo cavallo già vi ho detto, che è opinione che Giulio Cesare lo facesse sepelire pomposissimamente, ma sono ancora alcuni, che dicono altramente, come s’è detto. Caligola ancora che fosse malissimo Imperatore, in questo nondimeno si pò lodar molto, perche portava grand’amore à soi cavalli, che teneva per essi una stalla tutta marmore finissimo, con le mangiatore d’avorio; & invitava spesso a mangiar seco à tavola il suo cavallo più favorito, facendolo anco bere nella sua tazza d’oro; & soleva giurare per la vita di tal cavallo, come per la più cara cosa, che havesse al mondo. Nerone, & Poppea sua moglie in tal guisa amavano i soi cavalli, che li facevano ferrar d’argento & d’oro: oltra à molt’altre delitie, nelle quali gli tenevano. Adriano Imperatore hebbe un cavallo eccellentissimo, e nella guerra e nelle caccie, detto Aboristeno il quale sepelì honoratissimamente come scrivono Dione, & Celio. Ma quel bon Christiano, se ben gentile, Traiano Imperatore nel mezzo del suo stupendo edificio, fece collocare la statua del suo favoritissimo cavallo. Del qual edificio & statua maravigliandosi Costantino, disse non poterlo immitare altro, che forse nella statua del cavallo. Al quale rispose con gran gratia il regale Ormischa, prima ò Imperatore edifica un presepio tale, se tu poi; & poscia gli potrai collocare una tal statua. Vero Imperatore hebbe un’eccellentissimo cavallo chiamato volucro, credo dalla velocità sua incomparabile, al quale in vita fece il simulacro grande d’oro purissimo, & in morte con molta pompa lo sepelì in Vaticano. Dove è hora il palazzo del successor di Pietro; & fu di tanta eccellentia, che i Prascani più volte lo volesseno comprare per prezzo incredibile à dire. Ma sopra à tutto grande fu, & senza comparatione alcuna il prezzo del cavallo di Narsinga Re, il qual prezzo fu tanto, che una delle grosse città d’Italia non val tanto. Et altri appresso alli antichi infiniti hanno comprato cavalli à grandissimo prezzo, & honorateli in vita con habiti pomposissimi, & altre cose; & dopo morte con Piramidi, sepolture, & statue, quando il mondo era da’ Prencipi benigni & virtuosi habitato; & non desolato, come è hoggi dalla iniqua Turchesca potentia la quale riducendo ogni cosa in dura servitù, & tenendo tutti gl’homini per schiavi annullando, & facendo morire tutti gl’altri fuor che quelli, che ò al Turco servano, ò lavorano i campi; ha ridutto il mondo per tre parti in tanta calamità, che poi non si sono potute far le cose, che qua sono state racconte da quei Re, & Imperatori fatte; ò al tempo della Repubblica romana, ò in altro tempo. Cosa in vero di compassione dignissima. Et i nostri tempi per esser poveri, & deboli à rispetto di quelli di sopra havemo [p. 18r modifica]detti; & perche siamo tenuti sempre sotto, & in necessità dalle guerre, & disordine come si vede per prova, non hanno havuto mai ricchezze da poter tali demostrationi fare. Il che ciascheduno potrà vedere chiaramente, chi li principij, & incrementi de’ nostri Regni de’ Cristianità vorrà minutamente riguardare. Tuttavia si vede anco appresso de’ nostri Prencipi, & di molti Signori, & Cavallieri essere in gran stima i cavalli, & essere molto amati, & pregiati; & per questo essere superbamente guarniti, & accarezzati & comprati à prezzo grandissimo. Delli quali io non dirò altro da che manifestamente si vede da ciascuno: Et questo basti circa il valore, & nome de’ cavalli famosi, & il prezzo loro, & l’amore, che gl’hanno portato li loro patroni.