Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 2

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Cap. 2. Quanto nel servire, & giovare all'homo, il cavallo ecceda tutti gl'animali brutti.


Io credo, che ciascuno habbia per cosa chiara, & in nissuna parte dubbia, che quelli animali sono migliori, che più servono all’uso dell’homo, e più sovengano alle necessità humane: percioche havendo nostro Signore Iddio non ad altro fine procreati tanti animali nella terra, nelle acque, & nell’aria, che per servitio dell’homo, alquale tutti gli ha sottoposti, quelli che più gli recano di aiuto, & di sovenimento, più degni sono di esser havuti in pregio. Però havendo riguardo à questo alcuni vaghi dell’agricoltura lodano sopra ogn’altro animale il bove, il quale mentre vive ci procura il vivere con l’arar continuo, & dopo morte ci pasce, & nutrisce con la sua carne, la qual per tutto è in uso di mangiarsi. Et molti amatori della vita pastorale, come furno i Scithi, hanno detto, che la pecora non solo pò nutrire l’homo, & con la carne propria, & de’ figlioli, & col latte; ma la pò anco vestire con la sua lana, & lo veste, & lo difende dalla ingiuria, & malvagia stagione del verno, de’ venti, & delle pioggie. Et finalmente chi ha lodato uno, e chi un’altro animale, varij, varie opinioni tenendo. Ma io considerando bene quante sorti di vita siano quelle de gl’homini, accostandomi all’authorità d’Aristotile nella Politica, dico che alle cinque vite dette da esso: cioè la Pastorale, la Venatoria, ò Predatoria, che le dica. Aucupatoria, Pescatoria & l’Agricoltura, nessun animale può più servire, & servire all’homo che il cavallo. Percioche se gl’homini possano vivere di latte, & carne, ò d’armenti, ò di grege nella vita pastorale, & quelli seguire come una vivente agricoltura, & successiva, che sempre rinova, & rinverdisce; che ragion vieta, che questo non si possa fare ne gli armenti de le cavalle, come ne gl’altri? Il latte delle quali è ottimo, non che bono. Et se da noi non è usato per la moltitudine de’ cibi, che havemo, & per non havere quel numero, & copia di cavalle, che habbiamo de gl’altri armenti; non però è che non sia bono. Il che ben conoscono i Tartari, over Scithi, che voglion dire, li quali hanno in tant’uso, che nel dì del natal Regio da lor celebrato ogn’anno, non è lecito ad altri, che al re prima & dipoi solo à i più propinqui soi, mangiare il suddetto latte delle cavalle. Et perche la Scithia è divisa in più popoli: più à dentro vi sono i Geloni che beveno sangue di cavallo, & latte di cavalla mischiati insieme, come dimostra anco Virgilio nel terzo della georgica.

Bisaltae quo more solent, acerq; Gelonus
Cum fugit in Rodopen, atq; in deserta Getarum;
Et lac concretum com sanguine potat equinum.

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I quai versi dicono in nostra lingua.
Come i bei salti far vogliono, & come
Sol il fiero Gelon fuggendo al monte
Di Rodopen, e a’ boschi de li Gethi.
Et che col latte misto del cavallo
Il sangue beve.

Et beveno questo latte, & questo sangue mischiati insieme per poter meglio respirare, & raccorre il fiato: & da questo bevere, & mangiare son detti ιππομόλγης, cioè mangiatori di cavalle, & γαλακτοφάγκς cioè mangiatori di latte. Et finalmente, se ben la carne de cavalli non si costuma di mangiare; non è pero da credere, che non sia bona, così come quella delle cavalle. Il latte delle quali anco non si raccoglie da gl’armenti d’esse; perche sarebbe troppo difficile apprenderle, & ligarle, & mongerle oltre che gli heredi ne patirebbono. Ma se alcuno m’allegasse, che questa carne per esser viscosa farebbe nocivo nutrimento. Rispondo che il buffalo è carne non meno viscosa di quella del cavallo: & nondimeno si mangia senza nocumento in molti luoghi, e massime nella maritima di Roma. Ma del non mangiarsi carne di cavalli, n’è in causa più, che la mala qualità della carne, il prezzo grande, che vagliono i cavalli: talche non se ne ritrarebbe mai tanto à carne, quanto per uso, & per affaticarlo se ne ritrae. Donde è, che per la fatica si conservano sempre, finchè ò d’infermità ò di vecchiezza, ò di stento si moiono, & all’hora essendo ò infetti, ò sì magri, che non hanno carne, si pò quasi dire, che non siano più boni per cibo; & se pur fusseno boni se gl’ha rispetto anco per questo. Perche essendo il cavallo tant’utile, & così amico dell’homo, & familiare, & havendo tanta similitudine con esso lui, che altro animale non l’have, l’homo non patisce come humano, cortese, & grato di mangiarlo. Ma oltra all’uso del latte, & del cibo nella vita pastorale delle pecore, nella quale è necessario per i pascoli mutar spesso luogo, & far quasi una vita errante; non ci dà il cavallo servitio incredibile in portare, & gl’huomini, & le massaritie, & la parte del grege, ò tenero, ò infermo? Come si vede ch’era necessario à molti populi per le pianure loro di carri, & bestie da soma, se alli Historici prestamo fede. Et pur hoggi anco si pò vedere nelle grosse massarie di pecore, & massime di quelli, che le conducono dall’Abruzzo ò da altri luoghi più, & men remoti ne i fertili campi di Puglia; di quante cavalle, & cavalli habbi necessità, non che bisogno una grege di pecore, benche mediocre. Si che non è dubbio alcuno, per le ragioni suddette, che nella pastorale, non solo si pò servire l’homo delli armenti de’ cavalli, come de altri animali, ma che non pò questa vita essercitarsi con qualunque altro animale senza l’aiuto de’ cavalli. Nella vita predatoria, over venatoria, la quale consiste nella caccia delle fiere salvaggie, overo nel sottoporre gl’homini [p. 11r modifica]nati servi, che non voglion servire, qual’altro animale ci pò recare quell’aiuto, che pò il cavallo? Il quale, & col portar gl’homini, & col corso, & col someggiare, & con ogn’altra cosa necessaria: ci serve di modo, che se non volemo vanamente disputare, ben si pò chiaramente vedere, che senz’esso non potriamo questa vita fare se non imperfettamente, ò con affatticarsi tanto, che per la fatica la vita mancasse. Nella Aucupatoria, & Pescatoria, ancor che queste siano vite, che non siano quasi possibili ad esser sole, & siano remote quasi dalla terra, per esser l’uccellare tutto, ò per la maggior parte nell’aere, & contra animali aerei; & il pescare nell’acqua, & che poco, ò quasi nulla gl’animali terrestri possino queste vite ricevere servitio, conducendo l’homo con molta commodità, non affaticato, ancor che in luoghi molto lontani alla uccellagione, & pescagione, & portando da i luoghi lontani, dentro alle Città ciò che si piglia: Oltra che nelle parti Settentrionali vi sono populi, che pescano con cavalli, come si pò vedere nel libro, che Olao Gotho ha cavato fuora a’ dì nostri. Ma nell’Agricoltura l’opera del cavallo è meravigliosa, perche egli in molti luoghi, dove ce ne copia, presta l’officio del bove arando; & questo fa più presto, con più ardire; trita porta, & fa quanto è necessario. Hor ristringendomi dico, che tutti gl’animali danno cinque, over sei cose à gl’homini, & queste sono l’opera loro, la carne, il latte, la lana, il coro, & la pelle, ne altro da loro si pò cavare. Se dal cavallo adunque delle sei cose dette, se ne cavano cinque, over dalle cinque se ne cavano altre cinque; non è egli tale, che sovenghi nella maggior parte, alla necessità della vita humana? Ma mentre si parla della necessità, io non vorrei passare à dire della utilità, della quale si ha da ragionare più distintamente.