Il cavaliere di buon gusto/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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Il cavaliere di buon gusto L'autore a chi legge
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A SUA ECCELLENZA

IL SIGNOR

GIOVANNI MOCENIGO

NOBILE PATRIZIO VENETO.


U
NA Commedia che rappresenta un Cavalier di buon gusto, a chi mai può esser meglio che all’E. V. raccomandata? Ella è il prototipo de’ Cavalieri, ed il di Lei buon gusto può servire di regola, di moderazione, di esempio. Quando ho io questa mia Commedia formata, non avea la fortuna ancora di conoscere perfettamente l’E. V.1 Io in vero ammirava in qualche distanza gl’infiniti suoi meriti, ma non potea distinguerli da vicino, non essendo fra ’l numero degli attuali suoi servitori: la fortuna ha voluto beneficarmi coll’acquisto di un Padrone, di un Protettore sì grande. Se ora formar dovessi il Cavalier di buon gusto, o lo farei con una inesplicabile facilità, o non lo farei altrimenti, per non proporre un modello, difficilissimo da imitarsi. Quali sono que’ pregi, de’ costumi, quegli esercizi, che possono caratterizzare il vero Cavalier di buon gusto? Eccoli: sono quelli che ammiransi nell’E. V. verificati. Generosità, Gentilezza, Contegno, Amor per le Lettere, Inclinazione per le belle Arti, Brio nelle conversazioni. Magnificenza ne’ trattamenti. Spirito pronto, feconda lingua e sincerissimo cuore. Parrà difficile che tutte queste belle Virtù sieno con armonia perfetta in un oggetto2 solo verificate; eppure chi ha l’onor di conoscere l’E. V., chi ha la fortuna di possedere o la sua amicizia, o la sua protezione, non solo tutti cotesti pregi può in Lei riconoscere, ma tanti altri, che io non arrivo a discernere, o bastantemente non so colla penna [p. 110 modifica]delineare. Diranno forse taluni (quelli cioè che per invidia o per astio cercano di oscurare il merito e la verità), diranno essere tante Virtù derivate nell’E. V. per necessità, poichè un Cavaliere che trae l’origine dai chiarissimi fonti di Genitori illustri, magnanimi, eccelsi; che nella serie degli antichissimi Avi suoi conta un numero prodigioso d’Eroi, di Padri meritissimi della Patria, di Serenissimi Dogi, di Condottieri d’Armate, dovea sortire il talento grande, le inclinazioni magnanime, che nell’E. V. mirabilmente risplendono. Sì, accordo loro che, anche per ragione di sangue, Ella tiene quel luogo fra i Padri eccelsi della Repubblica Serenissima, che in Cielo tengono fra le stelle i pianeti, ma sarà sempre merito dell’E. V. l’onor ch’Ella rende a chi grande lo ha fatto nascere, e i fregi ch’Ella ha accresciuto al purissimo sangue che nelle vene le scorre. Ella si è sempre creduta in debito di doverlo fare. Tutte le azioni sue sono state all’onorato fine dirette di accrescer lustro alla Famiglia ed ai Posteri che succederanno. Un nuovo oggetto d’assicurarlo state sono le felicissime Nozze di V. E. colla nobilissima Dama la Signora Caterina Loredan, Nipote degnissima del Serenissimo Regnante Doge3. Nozze più liete non poteansi per la Repubblica celebrare, poichè innestandosi due principali rami di essa, due rami che per ragione delle nobilissime Genitrici loro derivando egualmente da una Regina di Cipro, promettono frutti alle comuni speranze corrispondenti. Voglia Dio concederli all’E. V. ed alla Patria Augusta, che li sospira! Bella fortuna avranno certamente cotali Figli, mentre sortiranno dall’E. V. l’essere, l’educazione, l’esempio! Ella non insegnerà loro, per vero dire, nè una finta pietà, nè una studiata simulazione, per procurarsi gli onori, per acquistarsi il credito e le aderenze. Comunicherà loro piuttosto le di Lei massime, le quali sono di sempre pronunziare la Verità, di non confonderla cogli umani rispetti, di preferirla all’utile, al comodo ed al costume medesimo che trionfa. Farà loro conoscere la vera Giustizia insidiata dall’Impostura, [p. 111 modifica]
illuminandoli che le umane passioni possono avvelenar il cuore, e che chi è destinato da Dio ai Governi, ai Tribunali, alle Magistrature, deve affatto di queste religiosamente spogliarsi. Di questa sorta d’Eroi ne ha sempre dati alla Repubblica Serenissima l’antichissima Casa de’ Mocenighi, e splendono anche adesso i vivi luminari di cotal Cielo, i quali unendo alla pietà vera la giustizia umana, fanno punire il vizio e proteggere l’innocenza. Che dunque potrò io temere sotto la protezione di un Cavaliere sì grande, che per origine e per costume sa compatire, difendere e beneficare? Ecco quel che poss’io giustamente temere: non esser degno della di Lei protezione. Un Cavaliere di sì ottimo gusto, di così fino discernimento, come può mai di me contentarsi? Eppure ho motivo di lusingarmi di un tanto bene, ad onta di tutto ciò che potrebbe disingannarmi. V. E. si è compiaciuta più volte dell’Opere mie, forse unicamente per questo, perchè di tratto in tratto la Verità vi si scorge. Oh bellissima Verità, quanto sei preziosa! Con te sola al fianco vado incontro ad una schiera di Maldicenti, di Critici, d’Impostori. Sì, con te sola, sicurissimo d’aver comune con te il presidio, la protezione di un Cavaliere che ti conosce, che ti ama, che ti sostiene. Eccomi a’ piedi dell’E. V., colla scorta della Verità, ad offrirle, unito a questa mia miserabile Commedia, il mio umilissimo cuore, e a protestare in faccia del Mondo tutto, che sopra qualunque altra terrena felicità apprezzo quella di essere, quale con profondo ossequio mi rassegno

Di V. E.



Umiliss. Devotiss. e Obbligatiss. Serv.
Carlo Goldoni


  1. La presente lettera di dedica uscì la prima volta nell’anno 1753, nel t. III della ed. Paperini di Firenze.
  2. Così le edd. Pap., Pasq. ecc.
  3. Francesco Loredan, Doge di Venezia nel marzo 1752, morto nel maggio 1762.