Il buon cuore - Anno XIV, nn. 31-32 - 7 agosto 1915/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, nn. 31-32 - 7 agosto 1915 Religione

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Diboscamento e decadenza


In origine il diboscamento fu un’opera di civiltà, poiché per lavorare la terra era necessario distruggere le foreste che la coprivano. Senonchè questa distruzione minaccia a sua volta di decadenza la civiltà.

Gli alberi hanno una parte molto importante nella metereologia di un paese; essi filtrano, per cosi dire, l’acqua piovana e la restituiscono lentamente ai ruscelli e all’atmosfera, opponedosi colle loro radici al rapido scolo del liquido elemento; e non solo gli alberi ritengono l’acqua, ma anche l’attirano e rendono la pioggia più ricca, più frequente e meno torrenziale. Nell’isola di Malta, da quando furono tagliati gli alberi per far posto alla coltivazione del cotone la pioggia si fa desiderare talvolta persino tre anni; al contrario nell’Isola di Sant’Elena il rimboscamento che vi è stato eseguito ha fatto aumentare la quantità di pioggia, la quale è ora il doppio di quel che era al tempo di Napoleone.

Quando il diboscamento viene limitato alle pianure, il male è relativo, perchè i campi continuano a ricevere con una certa regolarità le acque che vengono dalle montagne, e solo le pianure argillose, nelle quali lo scolo delle acque avviene difficilmente, soffrono della mancanza d’alberi, giacché l’acqua non più aspirata dalla vegetazione, ristagna, formando delle paludi. Ouando, però, la montagna è priva di alberi, allora il danno è gravissimo. Le pioggie possono anche non essere meno frequenti, ma sono torrenziali, e l’acqua che esse riversano, non trattenuta da nessun ostacolo, cola rapidamente sul

suolo denudato, trascinando seco dapprima terra vegetale, poi dirompendo con opera lenta ma costante lo scheletro roccioso della montagna, e invece di scendere nelle pianure con una certa regolarità, v’irrompe impetuosamente cagionando inondazioni e danni irreparabili.

Da secoli e secoli gli scienziati si sono affannati a dimostrare i danni del diboscamento, ma in generale essi sono stati ben poco ascoltati. Eppure la storia dovrebbe insegnare.

Al tempo della prosperità d’Israele, in quella terra di Palestina che Mosè chiamava: un paese di fonti, di ruscelli e di laghi, un paese di grano, d’orzo, di vigne, di fiumi, in cui l’uomo non ha altro da fare che accumulare provviste per mettersi al sicuro dalla carestia n, vi era una popolazione fittissima; e quando David fece il computo dei suoi sudditi, trovò in Israele 1.100.000 adulti, senza contare le donne, e 470.000 ne contò nel paese di Giuda. Oggi la verde Palestina si è ridotta, come dice Lamartine, parlando dei dintorni di Gerusalemme, «a una serie di montagne senza ombra, valli senz’acqua, teri a senza verzura»; gli alberi se ne sono andati e la popolazione è sparita anch’essa. Lo stesso è accaduto nell’Arabia, che un tempo giustamente fu chiamata «felice» e che, già sede di fiorenti Stati, è oggi ridotta a un deserto; e altri esempi vengono forniti dal Turchestan, dall’Algeria, dalla Tunisia, dalla Persia, dal Perù, ecc., ecc.

E non manca nemmeno la prova inversa; non mancano, cioè, i paesi nei quali la ricchezza è tornata per effetto del rimboscamento. Così, p. es. gli Americani trasformarono del tutto i canons del Colorado e del Nebraska, che in tempi remoti erano abitati da una popolazione numerosa, che in seguito furono rovinati dal diboscamento, e che già presentano un aspetto fiorentissimo. Un’opera simile fu intrapresa dai Francesi nella, pianura di Sfax con la ricostituzione degli antichi oliveti che gli Arabi avevano distrutti.

E’ un fatto che i popoli i quali diboscano sono minacciati di decadenza.

Se si calcola la superficie coperta da boschi in ciascun Stato europeo, si vede che gli Stati in cui [p. 234 modifica]questa superficie è maggiore sono precisamente quelli che crescono più rapidamente di popolazione e di potenza. La Francia ha il 16% di superficie coperta da boschi, è l’Italia quasi altrettanto; la Russia il 40% e la Germania il 24%. Il P4ortogallo non ha che il 6% del suo territorio coperto da boschi; nella Spagna la percentuale è del 3, e sopratutto la parte interna di questo paese è ridotta a un tale stato di nudità, che, secondo un noto proverbio, l’allodola, la quale attraversa la Castiglia, deve portarsi seco il becchime. Le cause del diboscamento sono diverse. La più importante proviene dalla civiltà stessa, la quale, facendo aumentare il valore del legname, ne facilita la vendita. Ma se il taglio dei boschi è una fonte di utile immediato, in seguito esso provoca una notevole diminuzione di reddito. Quando poi, accertata questa diminuzione, si vuol procedere al rimboscamento, ciò riesce difficile, non solo per le spese che si richiedono, ma anche perché si deve lottare contro l’ostilità degli abitanti delle rispettive regioni, i quali mal si adattano a cambiare il loro tenore di vita; in alcuni luoghi si videro i pastori opporsi a ogni tentativo di rimboscamento, distruggendo le piantagioni, sradì-calici° alberi tenerelli, incendiando intere foreste per procurarsi nuovi pascoli. Anche il regime politico influisce molto in que sta questione. E necessario diffondere la conoscenza de’la grande importanza e della grande utilità dei loschi. Quando tutti saranno convinti della verità del proverbio serbo il quale dice che «chi uccide un albero uccide un uomo tutti saranno unanimi nel reclamare, per la conservazione dei boschi e per il rimboschimento, leggi rigorose come quelle che furono emanate con tanto successo nella Svizzera.