Il buon cuore - Anno XIV, n. 04 - 23 gennaio 1915/Religione

Religione

../ ../Beneficenza IncludiIntestazione 1 marzo 2022 50% Da definire

Il buon cuore - Anno XIV, n. 04 - 23 gennaio 1915 Beneficenza

[p. 27 modifica]Religione


Vangelo della Settuagesima

Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi Discepoli questa parabola: E’ simile il regno de’ cieli a un padre di famiglia, il quale andò di gran mattino a fermare dci4avoratori per la sua vigna. Ed avendo convenuto coi lavoratori a un denaro per giorno, mandolli alla sua vigna. Ed essendo uscito fuori circa all’ora terza, ne vide degli altri che se ne stavano per la piazza senza far nulla, e disse loro: Andate anche voi nella vigna, e dammi quel che sarà di ragione. E quelli andarono. Uscì anche di bel nuovo circa l’ora sesta la nona, e fece l’istesso. Circa l’undicesima poi uscì, trovonne degli altri che stavano a sedere, e disse loro: perchè state quì tutto il giorno in ozio? Quelli risposero: Perchè nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. Venuta la sera il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama i lavoratori, e paga ad essi la’ mercede, cominciando dagli ultimi sino ai primi. Venuti adunque quelli che eran andati circa l’undicesima ora, ricevettero un denaro per ciascheduno. Venuti poi anche i primi, si pensarono di ricever di più: ma ebbero anch’essi2un denaro per uno. E ricevutolo mormoravano contro del padre di famiglia, dicendo: Quei sti-ultimi hanno lavorato un’ora, e gli hai uguagliati a noi, che abbiam portato il peso della giornata e del «ddo. Ma egli rispose a un di loro, e disse: Amico, io non ti fo ingiustizia: noni hai tu convenuto muco a un denaro? Piglia il tuo e Vattene: io voglio dare anche a questo ultimo quanto a te. NOI: posso io dunque far quello che mi piace? Od è cattivo il tuo occhio, perch’io son buono? Così saranno ultimi i primi, e primi gli ultimi: imperocchè molti sono i chianiali, ma pochi gli eletti. (S. MATTEO, Cap.

2c1 [p. 28 modifica]Pensieri.

Gli orizzonti della fede sono immensi. E’ facile il_ comprenderlo; sono gli orizzonti di Dio. Questo riflesso ci corse alla mente nel leggere il Vangelo dell’3dierna Domenica. A prima impressione la parabola del padre di famiglia che invita i lavoratori a lavorare nella sua vigna, é dà loro la mercede, per alcuni pattuita, per altri in proporzione della sua bontà, rappresenta una scena semplice, comune: in realtà sotto questa parabola ricordansi i punti fondamentali dei rapporti di Dio coll’uomo, e appare intero l’ordine supremo della Provvidenza nel governo del mondo morale. E’ il concetto di Dio nel suo carattere preferito: Padre. E’ il concetto dell’uomo nell’esercizio della sua vita: lavoro. E’ il concetto del compenso che spetta di diritto all’uomo pel suo lavoro: giustizia. E’ il concetto del compenso che Dio si riserba di dare all’uomo in più del suo diritto: bontà.

Dio creatore, è padrone, è legislatore, è giudice. Ottesti attributi nascono dall’a sua natura e da’ suoi rapporti coll’itomo. Egli li ha esercitati e li eserciterà., Era padrone quando nel paradiso terrestre ingiungeva ad Adamo ed Eva che non mangiassero del frutto dell’albero della scienza del bene e del male; pena, se se mangiassero, la morte. Era legislatore, e legislatore autorevole fra i tuoni ed i fulmini sul Monte Sinai. tanto che. il popolo Ebreo, atterrito, pregava Mosè, nel proporre le leggi., che parlasse lui e non Dio. Sarà giudice nel Giudizio universale, e il suo aspetto, dolce coi buoni, sarà così ’terribile ai cattivi, che, per non sostenerlo, chiederanno ai monti di rovesciarsi sopra di loro. e seppelirli. Non è questo il carattere da Dio preferito. Quel giorno che egli vide il suo Figlio divino disteso sulla terra, che lo vide confuso cogli uomini divenuti suoi fratelli, per esprimere la verità, trovò che a lui non poteva convenire più che un Dirne solo, il nome di padre. E’ il dolce nome col quale Cristo ce lo preSenta nell’odierno Vangelo. Non è un nome sfuggito a modo di’iperbole dal labbro di Cristo; è il nome abituale sul suo labbro per indicare Dio. E nel chiamare suo padre Iddio associa noi con lui: quando vuole insegnarci a pregar Dio, come è bello, come è caro, come è soave il nome che ci pone sulle labbra; come par fatto apposta per destare in noi, per far esprimere a noi un’immensa fiducia: Padre nostro, che sei nel cielo! ’ E’ con questo nome oramai che noi dobbiamo chiamare Dio. • Questo nome, nell’odierno Vangelo, ad affermarsi ’maggiormente, ha un soave complemento: è un padre di famiglia. Non é un padre qualunque, un padre che pago, torne molti, di aver dato ai figli la vita, poco si cura dei loro bisogni, della loro educazione: no; è un padre che vive con essi, per essi, che fa propria con sè la loro vita. Per comprovare che

un padre è buono, che ’una madre è buona, nel linguaggio comune non ’si crede di trovare frase più espressiva, più perSuasiva di questa: è un buon padre di fdiniglia; è una buona madre di famiglia. NtRii conosciamo un popolo, che a dar risalto alle virtù della sua amata Regina, a rimarcare ciò che in Lei è degno del maggior rispetto e della maggior stima, a darle un pregio che vale da solo tutti i pregi, suole ripetere questa frase, accetta a chi la dice e a chi l’ascolta: che -buona madre di faMiglia! E’ col più bel nome della terra che vuoi essere chiamato, a nostro riguardo, colui che è Dio nel cielo!

  • * *

E che siamo noi con lui? Quale è il concetto che deve caratterizzare l’esercizio della nostra vita con la’ Ce lo dice l’odierno vangelo: il lavóro. Noi siamo al mondo per lavorare. Il lavoro rappresenta la chiamata di Dio, e di Dio padre: chiamata di Dio, ii lavoro ’è dovere, è dignità; chiamata di Dio padre: il lavoro è favore, è vantaggio. Iddio ci chiama a lavorare nella vigna sua. Qùale è la sua vigna? La vigna di Dio è rappresentata da due ordini che si completano e perfezionano a vicenda, l’ordine della natura, l’ordine della grazia, due ordini che formano due società in una, la società civile, la società religiosa, e, unite insieme, la società cristiana. Missione, sublime, noi dobbiamo lavorare in questi due ordini. • Dobbiamo lavorare nell’ordine naturale. L’ordine naturale è rappresentato da tre elementi essenziali, l’individuo, la famiglia, la società. Il primo dovere è il lavoro nel perfezionare noi stessi, negli elementi che ci costituiscono, l’anima, il corpo. Perfezionare l’anima nell’arricchire l’intelligenza di cognizioni varie, utili, utili per noi, per gli altri; nel destare, nell’inrobustire la nostra volontà, con sentimenti, con propositi, con intenti ’nobili, elevati, generosi; perfezionare il corpo, col tenere da noi lontano ciò che ne comprometta la salute, la robustezza, occuparci in quegli esercizi che ne accrescono, ne conservano le forze, condizione tanto importante e necessaria per continuare il bene ’per noi e per gli altri, ’praticando il noto adagio di sapienza, non solo umana, ma divina: mens sana in corpore sano. -- Il secondo dovere sono i doveri di famiglia, i doveri di genitori, di figli, di servi. I doveri dei genitbri che cominciano ad amarsi fra.di loro di amore intimo, fedele, paziente, generoso, costante, per ipensarc poi al sostentamento ed alla educazione dei figli. I doveri dei figli che pongono il loro studio nell’amare, nell’ubbidire, nel rispettare, nell’aiutare i genitori. i genitori quando son giovani, più ancora quando son vecchi, e chiedono a noi le cure che giovani essi hanno usate con noi. I doveri dei servi, complemento dei doveri di famiglia, umili nel loro esercizio, ma nobili nella loro necessità, e nella dignità dei sentimenti con cui possono e devono esercitarsi. — Il ter [p. 29 modifica]za dovere sono i doveri vergo la società, in tutte le condizioni nelle quali possiamo trovarci, in tutte le professioni che possiamo esercitare, siano portate dalla necessità o dalla libera azione, operai, negozianti, professionisti, magistrati,’ soldati, tutti quei doveri, che si riassumono in un solo dovere, altrettanto nobile quanto necessario, il dovere di servire utilmente, nobilmente il paese in cui siamo ’nati, la nostra patria, facendola indipendente, libera, grande, Potente, amata, rispettata, contingente prezioso del progresso e della civiltà del mondo! Sono grandi i nostri doveri nell’ordine della natura, come figli della società; più grandi ancora sono i doveri nell’ordine della grazia, i doVeri come membri della Chiesa., Lasciamo,che i poteri civili proclamino il loro carattere di laicità. Questa dichiarazione può essere un bene, quando si riducesse a proclamare la incompetenza del potere dello Stato a legiferare nelle materie della Chiesa; diventa ingiustizia,, diventa tirannia, quando il. potere civile non riconosce, non rispetta il fatto dell’esistenza della Chiesa, peggio quando ne offende i diritti, ne ostacola il culto, proibisce la sua libera azione su libere coscienze. Ma qualunque sia l’azione dello Stato, resta sempre intangibile il nostro diritto di compiere i doveri che noi abbiamo verso la ChieSa, ’doveri individuali, doveri collettivi, doveri che rappresentano un primato di dignità e di impero. Doveri individuali, nell’istruirci nelle verità della fede, nel Sollevare le nostre preghiere a Dio, nel ricevere’i Sacramenti a norma del bisogno e del rispetto alla legge, nel procurarci e nel conservare sempre nel nostro cuore la grazia del Signore, che forma in noi la vita sopranaturale, luce, forza, elevaìione, perfezione della vita naturale, che costituisce il ’merito di tutte le nostre azioni grandi e piccole, facili o difficili, che mano mano andiamo compiendo. Doveri collettivi, nel provvedere alla istruzione religiosa dei figli, nel consigliare e nel non impedire gli ultimi sacramenti ai parenti, ai genitori, nell’assistere alle sacre funzioni, nel versare generosamente l’obolo necessario per la costruzione ed il decoro dei sacri Tempi, per l’incremento delle opere cattoliche, per la propagazione della fede; per l’unione delle Chiese, pel trionfo sulla terra del regno di Cristo, n Ero di’ pace, di verità, di amore, immagine e preparamento del regno eterno.cti Cristo nel cielo. Non è affatto necessario il mostrare a questo punto ’quanto sia doveroso’ ed utile il rispondere alla chiamata del padre di famiglia per lavorare nella sua vigna. Gli immensi benefici di questa chiamata spiegano come il padre di famiglia uscisse non una ma più volte a far la chiamata, nelle diverse ore del giorno, ed anche all’ultima ora, nel timore che qualche ritardatario, ignorante o negligente, si priVasse di tali benefici; benefici che sono già grandi nell’esercizi3 stesso del lavoro, benefici che saranno più grandi nel premio ultimo del lavoro.

La giornata della vita finisce; finisce per chi ha

lavoratontolto, finisce per chi ha lavorato poco. finis’ce per tutti. E’ il momento di ricevere il premio. E deve essere certamente un premio grande, poichè è il premio di Dio. Il premio è già pattuito; l’uomo non potrebbe chiedere, Dio non potrebbe dare di più: il premio è Dio stesso, è il suo possesso eterno nel cielo. Gesù Cristo lo ha detto apertamente: ego ero merces vestra. Il premio è diritto di, giustizia. E’ diritto di giustizia, perchè Dio lo ha promesso, e la promessa di chi è santo diventa dovere. E’ ’diritto, perchè Cristo c011a sua passione e colla sua morte ha sborsato il prezzo pel nostro ingresso nel cielo; il nostro diritto a entrarvi è tanto grande quanto sono infiniti i meriti di Cristo. ’La speranza è virtù, coine è virtù la fede, come è virtù la carità. Tutti hanno diritto di r;petere con infinita gibia applicate a sè le parole di Paclo: ho finito il corso di mia vita; ho conservato, la fede; nel seguitò mi è serbata la corona di giustizia, che mi renderà il Signore, giusto’ giudice, e non a me solo, ma a tutti’ coloro che hanno desiderato la sua venuta. • Premio di giustizia che conserva però ’sempre il carattere di premio di grazia, perchè Dio, come dice Agostino,, premiando d Meriti nostri, premia i doni suoi.

Un’ultima belleiza del premio di Dio: Dio vuole che al concetto di giustizia venga sempre compagno il concetto di bontà: la giustizia’ è bella, la bontà è più bella ancora: la giustiiia ha una misura, la bontà non ha limiti. Se in suo consiglio ascoso Vince il perdon, pietoso Immensamente egli è. Il Socialismo ha ’accentuato’ nei rapporti della vita sociale il concetto di giustizia. E’ sua legge che in proporzione’ del lavoro debba essere il compenso. Prescindendo dal fatto del modo violento col quale questo compenso è chiestue spesso imposto, Prescindendo dall’altro fatto che più di una volta questo Cqmpenso può oltrepassare anche i limiti.della giustizia, il concetto per sè è giusto. Però, nel modo con,cui è esercitato, è un diritto arido; un diritto duro, un diritto che fa petulante chi lo chiede, che fa dolente chi deve riconoscerlo e rispettarlo. Summum noi; ma infuria. Non’è di questo carattere la giustizia esercitata da Dio. La giustizia resta. Anzi è liti che l’ha •stabilità. Dio non ha aspettato che i ’lavoratori gli chiedessero la mercede: l’ha stabilita in precedenza, e l’ha stabilita di pieno accordo coi lavoratori. Ma Dio non vuole restar lì nei rigidi, nei freddi confini della giustizia; Dio vuol spaziare nei campi- immensi della bontà; Dio vuol essere libero di dare anche più di quello che a rigore i ’lavoranti potrebbero meritare: è il campo imitato dalla carità cattolica. E’ ciò che avviene nell’odierno vangelo. Il prezzo convenuto coi lavoranti chiamati la prima ora fu di un denaro. E’ evidente che quelli entrati al!lavoro nelle ore successive, a stretto rigore non potes [p. 30 modifica]seco pfetendere un denaro. Eppure, il padre di famiglia al silo agente, il quale in questo caso, nei rapporti col padre, è Gesù Cristo; il suoTiglio, dichiarato, giudice di tutto il genere umano, ordinò di dare agli ultimi arrivati un denaro, come era stato pattuito coi primi. Questi ne mormorarono. Che bella risposta è data ad essi dal padre di famiglia! Arhici, disse egli ai primi lavoratori, non vi faccio ingiuria: non vi ho forse dato quello in cui eravamo d’accordo? che importa a voi se a questi voglio dare di più, voglio Ilare come a Voi? volete voi essere cattivi perché io sono buono? Importantissima e preziosa lezione! Chi si larhentava, erano i primi venuti. Nell’ordine spirituale, primi si dovrebbero ritenere quelli che furono più zelanti nel rispondere alla chiamata di Dio. Non sarebbero forse l’immagine di molti di noi? Noi abbiamo risposto subito alla chiamata di Dio; noi amiamo davvero il Signore, noi possiamo dirci anzi zelanti nel suo servizio. Eppure non avviene talolta che noi ci crediamo autorizzati a sindacare, a censurare la condotta di Dio riguardo agli altri? a dire: Dio avrebbe dovuto fare così, come penso io, e non Come ha fatto lui? senza riflettere che chi è meno buono di noi, chi’ venne dopo di noi, può avere delle attenuanti nei suo ritardo, come i lavoranti dell’ultima’ ora, che non eran venuti perchè nessuno li aveva chiamati? Malgrado il nostro maggior lavoro fatto, ahi, la nostra censura, il nostro animo piccolo, poco generoso, v’è pericolo che ci abbia a rendere poco graditi a Dio," forse meno graditi di coloro che giunsero a lavorare più tardi nella vigna! Come sarebbe belle spiegata allora, ma a ’nostro danno, la sentenza con cui si chiude l’odierno Vangelc,: i primi saranno gli ultimi, gli ultimi i primi! Lavoriamo; lavoriamo lieti e fieri sotto il governo di Dio padre: il lavoro è utile, il lavoro è grande, il premio non ci mancherà: ma’ guardiamoci bene dal censurare chi ha ricevuto un premio uguale o superiore al nostro. Che brutta abitudine il lamentarci della bontà di Dio verso gli’ altri! Esultiamo,: è un’altra prova che Dio è veramente padre: noi lo abbiamo esperimiintato a nostro vantaggio nel passato: chi sa che forse di questa sovrabbondanza di bontà non abbiamo ad aver bisogno’ qualche volta anche noi nel futuro! L. V.

PROTEZIONE DELLA GIOVANE

Alla sua sede ben nota, nella casa in via Castelfidardo n. 9, si è tenuta l’assemblea annuale dell’Associazione internazionale per la Protezione della giovane.. L’adunanza riuscì solenne per l’intervento del-

l’eminentissimo nostro cardinale arcivescovo che ebbe il beri,/enuto da tutti colla parola dell’amico nostro Angel Cornelio. Dopo uno scambio di complirnenti, il Cornelio mise in bella luce la figura del pastore, che, senipre pieno d’amore e di, zelo, è ognor pronto a portare, incoraggiamenti e benedizioni ad ogni opera buna, suscitando sentimenti di pace anche in tempo di guerra. u Colla vostra parola conci-• Fante, col vostro.gesto, sopratutto colla vostra bontà così disse il Cornelio — voi esercitate una vera missione d’amore;:dal Vaticano, ove•,nel Conclave avete contribuito ad ottenere alla Chiesa un Pontefice già illustre per i suoi atti magnanimi, al piccolo paeselli; di montagna, dove l’erba del prato non è tocca - che dalla zampa della capretta, voi siete sempre ai).portatore di pace.» Il Cornelio chiuse facendo voti perché 1.a Protezione della giovane, per pie disposizioni, possa presto funzionare in casa propria, e, rivolse parole di ringraziamento alle benefattrici ed ai benefattori, segnalando la presidente, contesssa Parravicini Stanga, il proposto Schenone e il medico cav. Gostero, compagno di battaglia, in tempo di epidemia, di quel modesto parroco Sarto - innalzato poi alla cattedra di • Pietro. Non mancò una parola di affettuosa congratulazione alla signora Crescini una colonna della istituzione — la quale, passata attraverso ad affliggente malattia con pericOlo di cecità, era lieta di poter ritornare al prediletto campo di lavoro. Segni poi la lettura dell’interessante relazione annuale, redatta con tanta efficacia dalla nobile signorina Elisa Belgiojoso. La relatrice mise poi in evidenza colle cifre il lavoro compiuto. Alla stazione ferroviaria ebbero assistenza 3058 giovani, delle quali 2702 italiane e 357 straniere. Alla Casa famiglia ne ••vennero ospitate 537, collocandonego-; 452 in posti sicuri. Non meno grande fu l’attività negli altri rami dell’Opera, estesa con opportune corrispondenze. Dopo un plauso" alla distinta relatrice, S. E..il cardinale arcivescovo pronunciò un,discorso paterno di circostanza, incitando a sostenere la istituziòne che tende a:prevenire, a ’salvare tante fanciulle incaute, a contrapporre il bene al male che dilaga.

Le colonie dello Stato di S.ta Catharina (Continuazione del numero 3).

Detta zona fu visitata l’anno scorso dalla ComL missione italiana inviata dalla Federazione Nazionale dei Lavoratori della Terra e da altre istituzioni italiane nel sud del Brasile a studiare se vi fosser opportunità o meno per una eventuale emigrazione italiana: riporto qui la descrizione ed i giudizi che quella Commissione ne dette, che sono rispondenti aí dati ed alle impressioni da me raccolte sulla medesima: ((Questa zona, compresa tra Nuova Venezia ed [p. 31 modifica]Araranguà è una vasta pianura dell’estensione di 00 - 400 mila ettari, solcata dal Rio Mae-Lucia il quale ha per confluenti principali’ il Rio Cedro e il Manuel Alves. Il Rio Mae-Lucia sbocCa, nel fiume Tubava o Araranguà, prossimamente al paese omonimo. Questo fiume è navigabile per 1.11l’20 - 3o km. -)uesta•pianura, per la massima parte ’coperta di,una meravigliosa foresta vergine, è costituita da terreno profondo di mediano impasto, ricco e fertile." Prossima ai rii è colonizzata da famiglie brasiliane, abitanti in case squallide e sporche, costruite con legno e fango. L’agricoltura è primitiva. Le piante coltivate, però, dimostrano grande vegetazione. Notammo per otto decimi il grano. turco, e il restante a tabacco,• a mandioca, con un po’ di cotone. Riscontrammo anche vicino ad Araranguà, presso il sig. Filippi Beacha un tentativo riuscito di erba medica. Bella vegetazione presentano pure i peschi.

  • * *

Ma anche indipendentemente da progetti formulati in’vista di una eventuale corrente emigratoria dall’Italia, alla quale esclusivamente si riferisce la relazione sopracitata, questa regione offre un interesse sicuro ed immediato per le nostre colonie del mezzogiorno.dello Stato’ di Santa Catharina, le quali hanno incominciato ad orientare verso quella il loro movimento di ’espansione..Per rendere conveniente e possobile l’avviamento a quei territori di una ’emigrazione di lavoratori ’dall’Italia, occorrono, come si> accenna nella relazione, opere stra,dali e di canalizzazione, occortono garanzie di vario genere da parte del Governo rello Stato, tutte cose che sono ancora ‘da venire. Ma la sovrapopolazione delle colonie vicine, che già conosce il paese, ed pronta a ’sfruttare le opportunità che si presentanO, non sta ah attendere niente di tutto ciò e già comincia a dirigervisi. Conosco italiani di Cresciuma e di Urussanga che vanno acquistando terreni colà, attratti dalla maggiore fertilità che quelli presentano ciò che solo con-difficoltà pericoli e’ gravi.responsabilità si. può fare da una Compagnia, la quale si assuma la guida d’una collettività di emigranti dall’Europa, e la direzione di una colonia si ’attua sovente assai facilmente da indiVidui e da singole famiglie che vadano ciascuno di propria iniziativa e per proprio conto: Vedremo in altra parte le ragioni di ’ciò. Conviene intanto osservare, a proposito di questi territori, che non meno importante sarebbe di ’poter aiutare, in qualche forma, lo stabilirsi in essi delle famiglie, che in numero ogni anno maggiore, vi emigrano dalle colonie vecchie. Credo che se qualche istituto economico italiano investisse in,quei terreni dei capitali, accaparrandoli per tempo, prima che le ferrovie od altre opere ne promuovano il rincaro, oltre che trarne.un vantaggio considerevole per conto proprio potrebbe agevolarne l’acquisto a.buone contEzioni ai coloni -ché verranno, ed influirebbe opportunamente per una distribuzione favoreVole agli interessi nazionali. •

Fiera di Beneficenza a favore delle famiglie bisognose degli ammalati degenti nell’Ospedale Maggiore, dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza a6. bandonata. Nei giorni 28, 29 e 30 Gennaio, dalle ore 13 alle 38, si terrà una Fiera di Bentficrnza nei Saloni del ((Cova)) al t°. ’piano con ingresso in via Alessandro Manzoni, I. I prezzi saranno fissi e modici.. L’ingresso sarà libero. I ’doni si’ possono consegnare alla sede della Fiera in via Alessandro Manzoni, I, dal giorno 27 -• corrente in avanti. 11 Comitato nutre fiducia che tutti ’vorranno generosamente cooperare ad opera così benefica.