Il buon cuore - Anno XIV, n. 04 - 23 gennaio 1915

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Anno XIV. 23 Gennaio 1915. Num. 4.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


   «Auspice Te!» (Continuazione vedi n. 3). — Ad esempio
Religione. —Vangelo della Settuagesima. Protezione della Giovane. — Le Colonie dello Stato di S Catharina.
Beneficenza. —Fiera. — Opera Pia Catena. — Asilo infantile Luigi Vitali pei ciechi.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.


“ Auspice Te! „

(Continuazione v. num. 3)


Ma, dico, se tutto quell’immenso di contemplazione dell’opera divina, meditata non pur nella natura, ma nel Creatore, ridestiamo nella nostra mente, ahimè! — o mi inganno? — come si spoverisce di profondità il San Bernardo del Goethe! Che diremo poi del Pater Seraficus che annunzia e invita le schiere angeliche, le quali si trasmettono la parte incorporea di Faust, quasi come se cosa fosse?

Sì; certamente, nell’intenzione del Dante di Francoforte, si rivela il tentativo di ritrarre, poeticamente, la devozione dell’asceta d’Assisi, che, superate le passioni terrene, santifica l’amore universale; ma ccme vien meno al conato sublime la risultanza meraniente fantastica! Appunto perchè il finale dqlla Tragedia è un episodio, più di quel che non sia il culmine etico-teologico, il punctum saliens del capolavoro tedesco. Mentre, all’opposto, nella Divina Commedia, le beatitudini celesti costituiscono un’ascensione cranica — se mi si permette l’epiteto, davvero troppo materiale! — alla beatitudine divina; quale è rappresentata da MARIA.

Anche nel Faust s’inchinano alla Vergine le beatitudini; e sono le tre, grandi penitenti: la Maddalena, la Samaritana, la Egiziaca, e.... una peccatrice contrita che, un tempo, si chiamò Margherita, la quale prega la Madre Divina per la salute di Faust. Ma Dante, notate, così comincia sul sogliare d’Inferno e ben altrimenti arriva in Paradiso!

Il Nencioni, a questo punto, soggiunge: «E’

quella stessa voce che abbiamo udita tremante d’amare nel giardino - rotta dai singhiozzi davanti il Tabernacolo della Madonna - e morente in un gemito nella Cattedrale... E il risentirla ora, in cielo, sempre amante e supplicante per Fausto, produce un effetto unico. Come la Vergine attirò e salvò Margherita, così Margherita attira e salva Fausto. Mistica catena! magnifiche attrazioni, nelle quali e per le quali Amore e Religione diventano una medesima cosa!». (1).

Patetico finale! consono assai all’effetto estetico d’una conferenza, una trovata dell’illustre, compianto filologo fiorentino; ma asserto, che, se pur contiene una ragione etica rilevante, non intensifica la critica nel riguardo suo precipuo: la contenenza teologico-morale del poema drammatico. Ma, del resto, le aspre censure del Baumgarten in Germania stessa e del bizzarro autore delle Fame usurpate, fra noi, definirono un capolavoro sbagliato. Vorrebbesi forse asserir questo? No; non ne avremmo la competenza! Ma certo qui giova concludere, con Augusto Franchetti, che era peccato inevitabile per un poeta tedesco la incongruenza mistica. «Egli con quegli Angioli portati nel suo Cielo, un po’ fattizio, (il quale, nonostante i canti dei beati, le meditazioni simboliche e le tre regioni sovrapposte, onde vi si sale), apparisce assai lontano da Paradiso di Dante; ed è tuttavia quello che si addice all’ondeggiante pensiero filosofico ed alle contradditorie aspirazioni del morente secolo decimonono». (2).

E’ certo, tuttavia, che il Goethe ha portato una luce di Fede e di Speranza anche in quel suo Cielo fantastico; che nel suo ambito religioso tanto ritiene di non fattizio, se pur derivato da un sentimento religioso, che emana dalla dottrina evangelica eterodossa, da mera intuizione psicologica del concetto di dolore della colpa e di abbandono dello spirito nella grazia illuminante, quali scorgiamo nella Margherita celeste del Faust. L’errore dommatico del ricordo della colpa — non detersa l’anima nelle du [p. 26 modifica]strali ríìistiche acque di Eunoè — è compensato, se non eliminato, almeno corretto, dovremmo dire, da un sentimento di dolore santificante, che è conforto e, consolazione, penitenza e misericordia, ad un tempò: auspice la Vergine: Rifugio dei Peccatori.. Là su gli spaldi, entro una nicchia nella muraglia, ecco l’immagine della Mater dolorosa. Siamo nella, prima parte della Tragedia. Ghita mette fiori freschi nei vasi che stanno daVanti al santo simulacro, e prega: Ah! volgi pietosa A me la fronte, o Madre dolorosa, Considera il rigor della mia sorte! La spada nel core, Mille volte trafitta dal dolore, Tu del Figliuolo tuo miri la morte; Al Padre Tu miri gemiti lassù mandi e sospiri Pel suo strazio e per quel clic Tu sopporto. chi mai sente Come furente Mi lacera il dolore fino all’ossa? • Quel che qui affanna il povero cor mio, E qual timor lo stringe e«qual desio. Sei Tu, Tu sola, che saper lo possa! Soccorso! Fa’ ch’io scampi obbrobrio *e [morte! Ah! volgi, pietosa, A me la fronte, o Madre dolorosa, Considera il rigor de la mia sorte., E non è questo la Stabat Mater liturgico, e il Memorare, piissima Virgo.... di San Bernardo? Inno di mesto osanna diverrà in Cielo; nell’Atto Quinto appunto, ed ultimo: Doininatrice altissima del mondo! Concedi che al profondo, Nel padiglione azzurro in ciel disteso, Io scorga il tuo mistero! Assenti quell’affetto che severo tenero commuove l’unian core, a Te,lo spigne acceso Di santa viva bramosia d’amore! Indomito è il nostr’animo allorquando Maestosa Tu imponi, tosto in noi l’ardor si va temprando, Come pace Tu suoni. VERGIN PURA NEL SENSO PI U’ I-. [DEALE. Madre cui ognun s’inchina, Eletta a noi regina, Ai Santi nata ’uguale! A Te, INTANGIBIL FIORE, Senza ostacolo potino per favore: Fiduciose’venir le poverette, Trascinate a fallar in lor fralezza, Difficil scampo han esse! Si avanza la Mater gloriosa, librata in un acre

di trionfo, dentro il quale note e luci si confondono: • Eco paradisiaca: IL CORO DELLE PENITENTI Tu che serena Ti alzi alle sfere Dell’immortale Regno celeste. Odi le meste Nostre preghiere, TU SENZA UGUALE! Di grazie piena! MARIA! culmine sublime di questo ideale ’edifizio dell’arte moderna,’ al cospetto della Rifornia, che fu madre del liibero pensiero. Preghiera l’Avo Maria. Oh, Maria, ben potremmo definire la primigenia d,ell’estasi cattolica (*). E còsì, innalzandosi, assurgendo, astraendo non pur dalle forme concrete, ma fin anco dall’atto razionale puro, messi da parte ritmi, rime e cadenze, quasi,gelosa l’idea di ricorrere ad una frivola alleanza di mezzi, la lirica mariana attinse le più eccelse vette della perfezione poetica. MARIA ispirazione ed elevazione!. E’ astrazìione; ma queSta non apparta il pensiero e il sentimento, quasi essa fosse un’aristocratica secessione da ciò che è umano, in un eremo di pensiero teologico ed ascetico, privilegio di visione e di contemplazioni proprie di anacoreti; non è la risultanza d’un calcolo differenziale che a pochissimi è dato di seguire e di integrare: Maria è il trionfo deli’uniiltà, nella poesia stessa umana. Questa trova nell’Ave la gamma del sentimento e dell’assenso che va dal pio bisbiglio della femininetta, che Te invoca, o Maria «nella veglia bruna», alla canzone che magnifica la Donna Celeste quale è ’contemplata dal rapito di Clairvaux, alle estasi liriche de’ nostri sommi poeti e delle armonie di Gounod e di Verdi. «Tu, Maria, pura luce mattutina, splendi ne’ cieli più tersi a chi nel primo aprirsi del giorno alla fatica, dolce e ’consolante, sente nell’anima il mistico tocco dell’Ave; al misero che, infermo di membra e, forse più dello spirito, riapre le pupille all’ineluttabile «noto duolo» e ripiglia l’animo allo ’strazio, rassegnato: invocando Te conforto. Te guida, Te consolazione degli afflitti». vernacolo lombardo attinse Anch’esso da tale mistico patetico note dolci e lacrimose. E il nostro, pur.sempre rimpianto poeta, Emilio De Marchi, il verista del buono,!il lirico dell’umiltà, gli consacra una prosa che è sua, che è unica nella letteratura dialettale. La sua elegia è poema di mestizia e (li pietà sublime; nostalgia alata di antica Fede lombarda, etnico ricordo d’anima gentile milanese: l’occhio fisso alla Vergine del Duomo. (*) In una Conferenza tenuta alle allieve del Corso Perfettivo delle Marcelline di Piazza Tornmaseo: «L’umanità terrena al cospetto della Divinità, in Dante e nel Goethe». 1914 gennaio.

( fi [p. 27 modifica]«I noster che ghè lontan, in Francia, in. meric•. in di desert de •l’.Úrica, se fan un sogn de nott, „ (the par de vede ona roba bianca che se moeuv, che trema in aria, e te set ti, o Domm, che han portaa via nel coeur, e con ti ghè tutta la storia di vece, di parent, della cà, del Campari, del Biffi, della Scala... de tutt! Te set come un liber stampaa coi vignett, quel dì che poden torna., a quaranta mia de c-Anencien a,sbritià dai finestrin del vapor, e guarden e cerchen fra i piant de rover, e,guarden e cerchen in mezz alla nebbia di riser, fin che Te veden... o t,:, he par... Vali innanz aneamò, el coeur el ibatt come un magnan, quanti fra un tecc e una beola,,sott iut ragg de sei, te cOmparet ti. o Madonnina benedetta ciel noster Domm, che te set la mamma de tucc!... E; allora se piang, sangua de gio! se piang come bagài, ven inment i vers. del Véspasian Bignamum:

O Madonna indorada del Domi,, fina tcmt che te vedi a lusì, ini sto ben; sont allegher, fo i tonni’. Ma on moment che no t’abbia pii ti, sotta i oeucc — o Ma-donna del Doinin senti un vacui, g’hoo Un magon de no dì. Sbarlusiss, o Madonna del Domm! Che te veda de nott e del flì!.. Senza ti, Menéghin l’è pu omm... O Madonna indorada del Domm! (*) Eco forte, eco pia del passato, sussurro di ricordi soavi, che forse,’ahimè! nè sentono, nè,ponno tendere taluni. E’ fede l’ispirato sentire 0oix)lare: per entro il quale, come le radici s’allungano e diramane profonde. saldezza e rigoglio dell’albero che solenne le burrasche sostiene e spezza! s’eleva il magnifico (li questa ’, poesia, più di anime che di poeti! Nell’ora raccolta della Mente, nel silenzio sa- pienté del cuore che trepida e palpita, al cospetto mesto e pur,consolante di pie memorie, nasce e cresce, lirica spontanea, prece ed inno, la preghiera alla Vergine. Essa sorge e si libra dal cuore che trepido agogna conquiste di virtù, non conosciute al mondo, a D:o sol note, vittorie, secretamente gloriose, di bontà acquisita con eroismo secreto, in un abbandono immenso nella bontà del Padre nostro. «Te auspice, Maria, Madre di Dio, Madre nostra, Regina. dei Cieli, Unica Speranza, Indomabile aiuto dei mortali.» E’ ben più che lirica la preghiera che intensifica tali attributi della Divina Vincitrice:

Misericorde Madre, salve! Nostra vita e dolcezza, spente soave, salve! Immacolata, umile ancella! gli occhi in Dio sorisi, agli esuli Tù volgi, o Tu clemente, Tu pia, de’ Figli d’Eva scorta sicura. (*) Emilio De Marchi. Milanin, Milanon. Casa ed. Castoldi.

alì.,e! o di Dio la Madre! Salvc, Maria, Regina nostra. (*) O forse non sono poesia della devozione a Maria, poesia sorta, semplice e schietta, dall’estro degli ingenui, estro lirico, la poesia che spira dai romiti tabernacoli campestri e, più ancora, da quella rude e iorte povertà della pietra con cm l’uomo dell’alpi edifica le piccole teche di pietà e di Fede, atomi (l’infinito, che l’edera e l’eriche adornano con sì gentile vigore? Sono i primitivi rifugi, che disegnò ed eresse la carità alpigiana agli sperduti fra le rocce, cigli degli abissi, quando la nebbia sbarra itl ritorno, e la tormenta, inesorata, travolge persin le pietre! (*) Piero Magistretti, Camene ed estasi. AN. DO-NI. CCCLXIX. - Biella 25 giugno 1910.

(Continua)

PIERO MAGISTRETTI.

  1. Enrico Nercioni. Conferenza citata.
  2. Prefazione di Augusto Franchetti alla Versione Metrica di Giuseppe Bigi. Faust. Tragedia del Goethe. Firenze Sansoni 1900.