Il buon cuore - Anno XIV, n. 03 - 16 gennaio 1915

Autori vari

Indice:Il buon cuore - Anno XIV, n. 03 - 16 gennaio 1915.pdf Il buon cuore - Anno XIV, n. 03 - 16 gennaio 1915 Intestazione 1 marzo 2022 50% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Il buon cuore - Anno XIV - 1915


[p. 17 modifica]
Anno XIV. 16 Gennaio 1915. Num. 3.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


   «Auspice te!» (Continuazione vedi n. 2). — Ad esempio
Religione. —S. Nome di Gesù. Un libro interessante. — Le Colonie dello Stato di S Catharina.
Beneficenza. —Opera Pia Catena. — Provvidenza materna. — Asilo infantile Luigi Vitali pei ciechi.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.


“ Auspice Te! „

(Continuazione v. num. 2)


E’ la stessa santa demenza che addusse Dante ad ascendere sublime mercé la mistica Visione! Chè, se il far presente alla distratta umanità una parte invisibile della verità fu nel paganesimo opera di Socrate e di Platone, il far conoscere all’Uomo cristiano, dimentico quasi dell’opera della Redenzione, il suo alto destino, fu mai sempre l’apostolato della. Chiesa e dell’Alighieri. Ecco il sovrumano edificio che, nel tempo e sul tempo, si eleva dalla terra per il Cielo, e per l’eternità; mèta suprema, questa agli innocenti e ai penitenti. E’ un tutto taurnaturgicamente organico il pensiero deligioso cattolico! Tanto che un asceta e un santo possono anche sintetizzare del pari in un solo mottetto ispirato l’idealità sublime che fu anima della poesia, ispiratrice delle, tre cantiche immortali.

Così: «Di cieco è veggente, come di servo è fatto libero. Ha obliato ogni resto del peccato. E’ giunto alla perfezione della vita attiva. Così può passare all’altra, alla quale è disposto dalla prima. Ha sapienza e ha l’arte di rivelarla altrui. Può salire al cielo. All’ultimo, la sapienza non basta più. Soltanto quella che vide gli abissi del mistero di Dio, può impetrargli la visione di Dio. E la sapienza umana è una fra le donne di quaggiù che egli amò e ama; e l’altra, la divina, è pure un’umile donna, la moglie d’un fabbro nazareno. Con l’amor per la prima si ha la filosofia degli uomini; con l’amor per la seconda, gi ha quell’altra che in Dio è «per modo perfetto e vero,

quasi per eterno matrimonio» (Conv. III, 12). Come il Cristo punì in sè i peccati del mondo, così Dante in sè uccide e cancella e oblia tutti i mali dell’anima umana. Come San Paolo, che salì, come lui, vivente al Cielo, egli ha appreso altissime verità, che Dante fa manifeste per la salute del genere umano nell’una e nell’altra via: in quella del mondo e in quella di Dio. Così Lia è la virtù per la quale si provvede all’infermità e necessità, degli uomini; e Rachele è la sapienza donde l’uomo impara alcun che di celeste e immutabile. E Dante dallo studio fu reso abile all’uno e all’altro uffizio. Fu addotto da Virgilio a Matelda ed a Beatrice. Inoltre, da Bernardo a Maria, da Maria a Dio.»1

«Se il vero è vero!», come ne dice il motto apposto dal Pascoli al dotto volume.

Sì; nell’aureo trecento, e Fede ed arte e letteratura all’unisono, regalmente letiziando, si effondono con immortali capolavori (non con singhiozzi e strida che si schiudono l’adito di tra le tetre finestre di un lazzaretto), «su le piazze liete», in mezzo al popolo:

......Ne i brevi dì che l’Italia

fu tutta un maggio!

Ed ecco la santa genialità de’ maestri comacini che s’esplica con un’arsi marmorea architettonica, immagine sensibile del genio italico immanente; ferro e marmo in un’elevazione immensa; al pari della Divina Commedia: dottrina e pensiero in un’armonia visibile e celeste.

E’ la venustà istessa descritta all’Alighieri da

Beatrice, spettacolo, essa stessa, spettatrice radiosa:

La bellezza mia, che per le scale

Dell’eterno Palazzo più s’accende,

Com’hai veduto, quanto più si sale.

Par. XXI v. 7-9


Ben possiamo, senza pretendere intieramente [p. 18 modifica]all’originalità del paragone, che vien facile del resto, rappresentare la trilogia dantesca col Duomo di Milano: «Una selva di guglie, Che, diverse nella pastura nel punto di movenza nell i grandezza nell’altezza, e ciascuna con la sua base il suo tabernacolo i suoi ornamenti e il suo santo per sè, congiurano nulla di meno tutte ad una varia allegra fantastica unità; sta su tutte più snellamente aerea e splendida d’oro la guglia che sostiene la Vergine, e questa se ai vicini non pare dispiccarsi tanto su le altre e tra le altre, apparisce ai lontani solenne e sublime dominatrice dell’immenso e leggiadro ’tempio tutto e solo fatto per Lei.» (*) Gioverà ripeterlo? trionfo dell’arte, non pure, - ma della statica: lo scheletro di ferro, di pietra, i muscoli, soavemente mossi a snellezza aerea; tutt’un sorriso pensoso, una festa ideale. Non appena, adunque, scienza ed estro edilizio, ma sapienza e potenza di anime furono sublimemente e appassionatamente ispiranti. Epperò 1a dantologia, scienza unica perchè _ scienza che indaga lo scibile dell’uomo che dettò la Divina Commedia, determina la genesi e la contenenza del Poema universale, divino. Ond’è che, protraendo il paragone a più rilevante motivo, eccoci immani pareti del tempio; unico al mondo, dalle lunghe finestre ’a sesto acuto — le policrome vetrate riproducenti la storia del Testamento Antico e del Novo, — ecco • i massicci, immani, pilastri a fascio — che per scaluccie interne e peri capitelli comunicano con le stesse titaniche volte; — ,ecco le pareti — affidanti i silenzi dei fedeli raccolti nella preghiera più cara a Dio, la preghiera di tutti — urne l’anima — e in esse le appartate are de’ santi, ri-• lucenti di voti perenni, di ardenti,lampade adorne, tutte un pio sfavillio le devote teche; oh! ecco tutto questo immenso, che secoli di Fede e,,di grazie ottenute hanno consacrato alla storia dell’anime e di Dio; sì, tutto vi rappresenta che è l’intimo essere e la immensa contenenza della Divina Commedia. «La Fede e l’amore nei loro entusiasmi e nelle loro aspirazioni, nelle loro lacrime desolate e negli estatici sorrisi, vivono eterni; è il misticismo, 4cinteso nella sua più larga e ’comprensiva espressione, cessera solo con l’ultimo palpito dell’ultima creature.» (*) No; non altrimenti concepì Dante il divino poema da quel che è nostro Duomo; per il quale e nel quale il finito e l’infinito, il ricordo del dolore riparatore e la rivendicazione promesSa, trovarono, vorrei dire, la loro espressione più evidente, e grandiosa. Esso stesso, il Duomo, è un simbolo: un inirneriso sarcofago. Qui discende e si sfa, redimendosi, lo spirito,contrito ed adorante, e dice, e dirà l’anima cristiana nei secoli: Con che fidente affetto Vengo al tuo santo trono, (*) Giosuè Carducci. Prose. Presso la tomba di Francesco. Petrarca. III, pag. 731. Bologna Zanichelli. (’) Enrico Nencioni. La letteratura mistica. - Conferenza: in La Vita Italiana nel Trecento. Milano Fratelli Treves 1892..V’atterro ’a/ tuo cospetto, Mio Giudice, mio Re! Con che ineffabil gaudio Tremo dinanzi a Te! Cenere. e colpa io sono: Ma vedi CHI t’implora, CHI merita, CHI adora, CHI rende grazie in me! (A. Manzoni) Copre l’imitiensa tomba, un’elevazione di steli candidissimi, da moltitudine delle aguglie: il mistico frumento che Si fa messe al sole della grazia. CRISTO, nell’opera immane di redenzione,.CRISTO cooperatore,.ad avvalorare l’adorazione dei ririnovellati figli di Eva: CRISTO e MARIA con l’umanità trionfanti. Quanto ascendere! Quale ascendere dal mutabile e caduco, all’eterno! Ma come potremmo osare di sostituirci al Poeta quando, fra un corruscar di luci celesti, nel Paradiso stesso, pone, cuspide del divino tempio, immagine della Chiesa militante e trionfante, MARIA: Bernardo m’accennava, e sorrideva, Perch"io guardassi,in SUS O; ma io era Già per me stesso tal (marci voleva; Chè la mia vista, venendo sincera, E più e. più entrava per.lo raggio Dell’alta Luce, che da sè è vera. Da guinci innanzi il mio veder fu maggio Che il parlar nostro, ch’a tal vista cede, E cede la memoria a tanto oltraggio. Par. XXXIII, v. 49-57 Dante non ci descrive la Vergine; perchè la visione di Lei è premio a chi ottenne la finale vittoria. Il Poeta, innalzandosi, assurge astraendo dalle forme cOncrete, troppo ahimè, paghe di sè stesse; abbandonata la terra, l’Alighieri rifugge da tutto ciò che sa di terreno, pur anche nelle forme esteriori. Egli, che nel «nobile castello», là nel Limbo, accolto con onore dai cinque sapienti e scienziati dell’antichità, non dubita di eleggersi e dichiararsi «sesto fra cotantó senno», giunto al cospetto di Maria, scompare a se stesso: davanti alla Regina degli umili, irradiata luce di Dio, luce di gloria, essa, divina. «Sì; Tu, o Maria, non dai genii attendi il pfauso, gloria a loro l’aver saputo cantare di Te, Deipara; estasi Tu, e non fantasma d’immaginativa ferace; canto la lode a Te; coro di Angeli e di Beati, eco eccelsa dell’AVE! che a Te id Messo dall’empireo Cielo rivolgeva, a Te, Divina ancella, adorante adorata.» Si abbellisce di quell’AVE! la poesia stessa che volle cLiarnarsi evoluta, mettendo in accordo la lira coll’arpa biblica sul mistico motivo dell’AVE, anch’essa singhiozzò con effusa armonia patetica: Ave Maria. Ave Maria! Quando su l’altre corre l’umil saluto, i piccoli mortali scovrono il capo, curvano la fronte Dante ed.Iroldo. [p. 19 modifica]Una di flauti lenta melodia passa invisibil fra la terra e il cielo: spiriti forse che furon: che sono e che saranno? Un oblio lene de la faticosa vita, un pensoso sospirar quiete, una soave volontà di pianto l’anime invade (*) Nè «fascino» si voglia dire questo; ma di mistic si parli anche qui: dottrina che’ professa una ],ira e disinteressata devozione, che è immediata comunicazione con Dio e le cose spirituali; a tale che nello stesso naturale scopre il soprannaturale. E’ queun assenso del «mental fosforo», sia -pur ’d’un istante patetico?..,.’ Oh, no! Ma pur sempre lo sarà di quell’onda ascetica che perdura da venti secoli nel soggetto MARIA: dalla Triiogia immortale e dalla Canzone alla Vergine petrarchesca, «la più preziosa gemma del ’misticismo del dolore», come la definì il Carducci; lui il poeta stesso di Valdicastello che più volte trasse ispirato motivo dall’immagine divina della benedetta dd tutte le genti: Sacro Ideale Femminino, Consolatrice eterna. Che più?! Il di più c’è nella stessa poesia luterana, dove is lei LA DIVINA che risolve il gran problema del dr, mina medioevale, del FAUST. Dirà, caso mai, la e -fica: Das Ezioig Weibliche Zieht uns hinan Ma forse che esso solo l’eterno femminino, ci chiami nel finale,. tutto ascetico, del gran poema draminatiCa goetíano? O che lo Chlegel, lo Schelling, il Casella, Daniele Stern — leggi, Contessa Caterina d’Agoult — e Michele Kerbaker non lo paragonarono alla Divina Commedia? E ’che le due epopee mondiali si possano legittimamente confrontare è certd,,oflore fatto alla poesia, più grande mondiale: le tre can tiche dantesche; ma che queste ciò siano per l’appunto, non deciderò io, pago per ora qui’di asserire che la Vergine è nell’intenzione del Goethe 1a cuspide luminosa della sua Tragedia. Se non che all’eccelso mistico culmine giunge un’anima, cristiana.si, ma luterana; che il poeta tedesco non volle,. nè seppe, far passare attraverso a quel «Secondo Regno»: Ove l’umano spirito si purga E di salire al Ciel diventa degno. (Purg., I, v. 5 -6). E però, in grembo al gaudio stesso eterno, uno strascico di tristezza profonda accompagna Margherita assunta in Paradiso. O ciò a me soltanto pare? Nel mondo teologico gli spiriti beati, così come li immagina e dipinge il Goethe nel Faust„vi stanno artificiosamente. La incongruenza appare con evidenza imperiosa alla’ mente di chi ricorda il dantesco «Sicuro e gaudioso Regno»:la gloria celeste. (’) Giosuè Carducci. La. Chiesa di Polenta.

Vi rammentate della gran Tragedia tentunica la...mitica scena finale? Il Pater Extaticus, in pre, da al delirio dell’amor puro, esprime le più ardenti spirazioni all’incorporeo, all’infinito. Egli non d’altro risente che del privilegio di non appartener più a questo mondo, nuota nel puro etere. Ma forse che basti ciò? in confronto dell’attributo extaticus, che ebbero del pari Pietro d’Alcantara e Filippo Neri: santi radiosi! Il Pater prolundns esalta in un magnifico inno l’amore, e canta Dio nella natura. Ma, se riflettiamo che l’epiteto profundus era dato a San Bernardo di C.hiaravalle; al quale Beatrice affida Dante perchè lo,guidi alla Vergine (Par. XXX, 59,), anzi, sino al termine della Visione (Par. XXXI, 139; XXXIII, 49); e lo ricordiamo in quel suo atteggiamento pa. temilo e soave (Par. XXXI, 61 - 3), ardente d’amore per Maria (ivi, ioo), lui, il fedele di Maria, (Pur., XXXII, 1o2), che di Maria s’abbelliva (ivi, 107), che. invitava il Poeta a guardare in Dio, per il che in sua vista: Venendo sincera, E più è più. entrava per lo raggio, Dell’alta luce, che da sè è vera; (Par., XXXIII, 52 - 541. (Continua)

PIERO MAGISTRETTI.

Ad esempio

La Società Agraria di Lombardia, il maggior ente agrario della nostra regione, ha tenuto teste la sua assemblea generale, sotto la presidenza del prof. Vittorio Alpe. E’ stato approvato un vasto programma d’azione per il prossimo anno, il quale comprende oltre a importanti concorsi tecnici e zootecnici (notiamo quello per la produzione indigena di bovini miglioratori, quello per le stalle delle zone a piccola coltura, quello per la coltura di foraggere), una vasta azione per la lotta contro la diaspis del gelso in Lombardia a mezzo della prospaltella e contro la moria del gelso. Notevoli sono gli studi di indole eco-, vomica che là Società si propone di compiere; tra essi, una serie di monografie sul trattamento da far’si n principali prodotti agrari nel futuro rimaneggiamentò delle tariffe doganali; uno studio organico delle modificazioni da concretarsi ai regolamenti’ per la risicoltura e delle dichiarazioni interpretative de ’chiedersi alla legge del 1908 perchè raggiunga pienamente lo scopo per cui fu fatto; uno studio del come debbano essere tutelati gli interessi agrari nell’annunciata riforma tributaria. Altre iniziative saranno prese nel campo acquicolo e caseario; e numerosi contributi saranno dati ad enti di istruzioni e di propaganda agraria. Dopo la distribuzione dei premi assegnati in una gara per l’allevamento e ’la riproduzione delle carpe nelle risaie, l’assemblea ha proclamata la costituzione [p. 20 modifica]di una nuova sezione della società a Crema, ed ha preclavato soci onorari la. signorina Agnese Mylius, ’Luigi Luzzatti; l’ex ministro Raineri, i senatori Gorio e Ponti, il direttore generale dell’agricoltura prof. Moreschi, ed i professori Berlese e Serpieri. L’assemblea ha, infine, approvato la proposta di solennizzare la ricorrenza del cinquantenario della Società col bandire un grande concorso a premi per il miglioramento delle case coloniche in Lombardia. La notizia dell’onorificenza tributata per proclamazione alla egregia, signorina Agnese Mylius ’enne partecipata dall’esimio prof. Alpe con un tele, gramma cosi concepito: «Assemblea Società Agraria di Lombardia, ricordando la illuminata beneficenza da V. S. esplicata con concorsi pr coltivazione ortaggi, per ripopolamento acque, per protezione ni.li, e con incoraggiamenti studi idrobiologia applicata, ha acclamato S. V. socia onoraria del sodalizio nella ricorrenza del suo cinquantenario, augurando nobile esempio interessamento all’agricoltura trovi imitatrici nelle donne italiane.» Caso unico in Italia, il vedere una signorina così segnalata con uomini eminenti come il Luzzati e Raineri, ex ministri,’ ed i senatori Gorio e Ponti ed i professori Berlese, Moreschi e Serpieri. E questa signorina così benemerita dell’agricoltura, della piscicoltura e della nidificazione, sa pure esplicare la sua genialità nell’arte del pennello e del cesello, dedicando altresì mente, cuore e censo all’umanità sofferente, pur con incoraggiamenti a studi contro malattie ritenute finora inesorabili. E’ un esempio che dovrebbe incitare signore e signorine.

  1. Giovanni Pascoli. Sotto il velame. La mirabile visione. pag. 502-3. Bologna. U. Zanichelli MCMXII.