Il buon cuore - Anno XIII, n. 41 - 12 dicembre 1914/Religione

Religione

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Educazione Istruzione Beneficenza

[p. 323 modifica]Religione


Domenica quinta d’Avvento

Testo del Vangelo.

Giovanni rende testimonianza di Lui, e grida dicendo: Questi è colui del quale io diceva: Quegli che verrà dopo di me è da più di me perchè era prima di.me. E della pienezza di Lui noi tutti abbiamo ricevuto e una grazia in cambio di un’altra: perchè da Mosè fu data la legge; la grazia e la verità per Gesù Cristo fu fatta. Nessuno ha mai veduto Dio; l’Unigenito Figliuolo, che è nel seno del Padre, Egli ce lo ha rivelato. Ed ecco la testimonianza che rendè Giovanni, quando i Giudei mandarono a Gerusalemme i sacerdoti ed i leviti a lui, per domandargli: Chi sei tu? Ed ei confessò, e non negò; e confessò: Non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: E che dunque: Sei tu Elia? Ed ei rispose: Nol sono. Sei tu il Profeta? Ed ei rispose: No. Gli dissero pertanto: Chi sei tu, affinchè possiamo rendere risposta a chi ci ha mandato? Che dici di te stesso? Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate le vie del Signore, come ha detto il profeta Isaia. E questi messi eran della setta dei Farisei, e lo interrogarono dicendogli: Come adunque battezzi tu, se non sei il Cristo, nè Elia, nè il Profeta? Giovanni rispose loro e dise: Io battezzo nell’acqua; ma v’ha in mezzo a voi uno, che voi non conoscete; questi è quegli che verrà dopo di me, a cui io non son degno di slegare i legaccioli delle scarpe. Queste cose successero a Betania al di là dal Giordano, dove Giovanni stava battezzando. (S. GIOVANNI Cap. i).

Pensieri. Ai sacerdoti e leviti mandatigli dai giudei per chiedergli chi egli fosse, Giovanni nega di essere il Cristo, di essere Elia, di essere un profeta e dice: Io sono voce gridante nel deserto: Appianate la via del Signore.... Io battezzo in acqua; ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete... ed Egli battezzerà in Spirito Santo. Cerchiamo, umilmente, di comprendere il significato delle parole di Giovanni.

Giovanni è una voce, la parola che esprime i suoi concetti intorno alla venuta di Dio; ma la parala non [p. 324 modifica]esprime solo i concetti, non comunica appena le idee; quando l’ascoltatore sia nello stato d’onimo richiesto, la parola dona anche le impressioni, i sentimenti. Una persona convinta partecipa la sua persuasione a chi lo ascolta. Questo accadeva alla predicazione di Giovanni: egli trasfondeva nelle anime il terrore dell’imminente giudizio. La voce dava l’allarme: Si salvi chi può! E le coscienze partecipavano al turbamento di Giovanni, temevano con lui. Meditiamo, tutti noi, sacerdoti, educatori, madri, padri, tutti noi, che, in un modo o in un altro, abbiamo cura d’anime, meditiamo come dobbiamo essere„ perchè il nostro compito éducativo raggiunga il suo scopo ed abbia tutta l’efficacia desiderata. Tutti siamo convinti della necessità, dell’importanza almeno, della religiosità, della pietà come fattore educativo... convinciamoci anche, però, che le parole nostre non avranno alcun effetto se non saranno l’espressione del nostro sentimento interiore, se non saranno davvero vita della nostra vita intima, profonda! Quante volte un magnifico, splendido, brillante discorso, anche di pietà, anche udito in Chiesa, ci lascia freddi, e ci commuove invece, la povera, disadorna parola di un’anima ardente e pia! — Dono di Dio e cosa grande l’ingegno, ma anche nella parola dei sommi che conquide non è l’ingegno, è la loro persuasione! — A me è accaduto più volte di provare la stessa commozione davanti alla parola profonda del sapiente, del Santo, e davanti a quella semplice, ingenua della contadina ignara e ignorata. Son le anime che influiscono sulle anime; è una cosa grande, misteriosa, ma è così. Pensiamoci tutti quanti abbiamo compito d’educare: riempiamoci di quelle realtà che vogliamo dare a chi sta intorno a noi, viviamone, e allora la nostra parola sarà efficace. E soggiungo, purifichiamoci prima di accingerci all’opera educativa, prima di parlare alle anime di cose di pietà, di religione. Tuffiamoci nel divino noi, preghiamo e poi parliamo di Dio... senza timore delle difficoltà che possono venire dalla deficienza nostra o dalla deficienza, acerbità di chi ci ascolta. Anche le persone più umili, anche i bambini subiscono il fascino di una parola commossa e convinta! Questa è per me una esperienza che ha avuto prove e riprove; è una esperienza che — a chi deve educare — dona umiltà e confidenza insieme!

Io battezzo in acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete... Egli battezzerà in Spirito Santo. Era dunque inutile il battesimo di Giovanni? No certamente, se no egli non l’avrebbe amministrato. Il suo battesimo era come l’impegno di prepararsi alla venuta di Dio, di prepararcisi, ma nel timore. Il suo battesimo era incompleto, la sua esperienza religiosa doveva essere superata. Il battesimo cristiano, infatti, non solo dispone l’uomo a prepararsi al giudizio, ma dona insieme la

grazia. E Cristo, in Dio, ci Ea vedere non solo il giudice, ma anche il padre. Invita Gesù a piangere i nostri peccati, ma anche ci dà la fiducia, la sicurezza del perdono.. Che impressioni, leggendo nel Vangelo le dolci parole: Va, figliuolo, i tuoi peccati ti sono perdonati! Ma che cosa ben più grande di un’impressione, allorchè, nel Sacramento della penitenza, il rappresentante della Chiesa ci dice: Va in pace, i tubi peccati ti sono perdonati! — Come si sente allóra, la sicurezza del perdono che Gesù ci ha lasciato! In nessun Sacramento, però, noi ci uniamo a Cristo, noi partecipiamo alla sua esperienza, come in quello dei nostri altari. Nell’Eucaristia è l’essenza della vita religiosa; per viverla, questa vita, bisogna comunicare con Gesù il più che sia possibile e proporre di non astenersene. Così, aspettando il giudizio di Dio, il Cristiano non teme, perché Gesù gli ha assicurato il perdono del Signore: I tuoi peccati ti sono perdonati! i..-2t-zM.zAt-f44-AZAt-*-MtAt4-t-24,t-9

Beatitudine in mesti (1ro -v.A.DIs) Se Gesù è mio Signor e non ho niun altro bene, se a Lui fido questo cor sino a morte si mantiene, a me ignoto fia il tormento sol amor e gioia sento. Se Gesù è mio Signor rinunziar vo’ a tutto il resto, sul bordon con pio fervor a seguirlo, orsù m’appresto: lascio ad altri la spaziosa chiara strada rumorosa. Se Gesù è mio Signor sarò lieto anche da morto, in eterno a me ristor dal Suo cuor mi verrà pòrto, dal poter che tutto muove, dolce penetra e commuove. Se Gesù può esser mio son signor di tutto il mondo, come un angioloodi Dio esser vo’ lieto, giocondo: i divini beni amar, le terrene cose obliar.

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Ove ha sede il mio Sovrano la mia patria ancor sarà, dalla provvida Sua mano ogni ben mi giungerà. Saran miei fratelli amati i Discepoli desiati. Samar::ta.

IS******-71S-7.01S-C2.l’-’70-2.01s-70*-71S-2.1S-Ce [p. 325 modifica]BOZZETTO

Da tempo avevo promesso una mia visita alla signora Maria, una buona vecchietta di mia conoscenza, rinchiusa nell’Istituto di Via Trivulzio: la sepi in quei giorni un po’ ammalata di petto, e decisi i andarvi. Eravamo ai primi di novembre; da due iorni pioveva; pur quel mattino le nuvole sembraan più spezzate, e soffiava - un po’ d’aria, foriera, chi sa? di un buon cambiamento. ’Col tram giungo all’Ospizio. Mi dirigo al riparto infermeria, e passando corridoi e cortili, entro nella prima sala. Giro lo sguardo... Affondato nel bianco lettuccio, scorgo il viso pallido della mia settuagenaria, o per meglio dire, vi vedo solo i grandi occhiali ch’essi usa sempre per leggere. Mi accosto, essa interrompe la lettua pia, ci riconosciamo, ci salutiamo tanto tanto volontieri, e, sedendole vicino, intavoliamo la nostra conversazione. Intanto guardavo di quà e di la, ammiravo l’ordine e la / gran pulizia dell’ambiente, dei letti, delle ammalate. Quante vecchiette! E che fisionomie ancor vivaci! che sorrisi, che paroline invitanti alle confidenze! M’alzai, e feci un mezzo giro, interessandomi all’una, all’altra, distribuendo qualche zuccherino, qualche soldo, alcune immagini del Sacro Cuore. Ma mentre sono di loro occupata, odo risonare un passo forte e svelto. Mi volto. Un bell’alpino era già entrato in sala, giovanissimo, alto, robusto, l’occhio nero e vivace, un colorito sano, e un sorriso espressivo, impagabile. Fissava il suo sguardo laggiù, verso il fondo della sala, ed io, seguendone la direzione-, scorsi una vecchietta protendersi dal detto, le braccia tremanti, alzate verso di lui, in atto di appello e di attesa.... In quattro buoni passi, il giovanotto ha attraversato la sala ed è già al collo della sua vecchietta. «Oh! nonna, cara nonnina b). La nonnina se lo stringe, lo bacia, io chiama per nome, non finisce più di carezzarlo, ed egli, rosso in viso per la gioia, getta ai piedi del letto il suo cappello, e siede accanto a lei. Si sussurrano tante cose; essa domanda, egli risponde; e la nonna non gli distacca lo sguardo, gli stropiccia le mani che sente. fredde, (eravamo in novembre), lo ammira il suo bel figliolo, che ha negli occhi tutta la poesia, la purezza, la vigoria deí suoi monti, e gli va lisciando la lucente chioma corvina.... E la chioma corvina si curva amdrosamente verso la cuffietta bianca quasi a confondersi con essa, entrambe felici d’esser così vicine, dopo chi sa quanto tempo.... Dal mio angolo d’osservazione vedo la nonna aprire il suo libro di preghiere, lei

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varne un’immagine, e il giovanotto la riconosce, forse un ricordo della sua In Comunione, ed ella gliela porge a baciare, prima lui, poi lei... Che quadretto soave!... Un brivido mi colse trasportandomi lontano col pensiero, dove l’orrenda battaglia, da rnesi miete milioni di vittime; Italia nostra non ancora si è associata alla carnificina; ma se domani si cambiassero le cose... se questi forti soldati nostri dovessero... oh! la desolazione delle spose, delle madri, delle povere vecchie nonne... Dio, Dio nol voglia! L’ora fuggiva. Salutai la mia signora Maria, le compagne vicine, e m’avviai al ritorno. Sulla soglia ancora un addio colla mano... e un ultimo sguardo laggiù. In quell’istante, nella penombra dello sfondo, un fascio di raggi di sole, penetrando dalla finestra, avvolse in un nimbo d’oro la bianca cuffietta e la chioma corvina, noncuranti dell’ora, noncuranti del inondo.... attimo fuggente ai una gentile felicità, in cui dall’alto Dio si compiaceva. Dicembre, 1914. C. R.

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PIA GAVAllI GNECCHI A 38 anni, circondata dalle cure della madre e da distinti sanitari, che tentavano strapparla alla morte inesorabile, si è involata serenamente nel bacio del Signore, ed ora, immersi in un indicibile strazio, la invocano invano sei cari bambini, che rispecchiavano" le sue virtù di educatrice, il marito, che in Lei trovava la gioia e la forza di vivere e di combattere contro le inevitabili difficoltà di una carriera attivissima, i genitori che, già provati da perdite dolorose, in Lei riponevano ogni compiacenza! Ancor giovanetta, Pia Gnecchi, per naturale inclinazione e per tradizione famigliare, era pronta all’esercizio della carità ed al culto dell’arte, e manifestava con serenità e larghezza la sua predilezione agli infelici, agli infermi, ai bisognosi di conforto e di soccorso. Ella fu così una delle signorine più zelanti nella missione propostasi dagli Amici del bene, e più tardi, quando usciva dalla famiglia del cav. Ercole Gnecchi per portare il suo sorriso e la sua letizia nella numerosa famiglia del comm. Egidio Gavazzi, diveniva una delle più assidue Dame di S. Vincenzo, pei soccorsi a domicilio dei malati poveri. i [p. 326 modifica]Le cure amorose al marito, l’amico nostro ing. cav. Giuseppe Gavazzi, di cui era sostegno intelligente, e le cure materne sempre più assorbenti, non la staccarono mai dai suoi pietosi uffici, nè dal culto della musica prediletta, e nessun evento, nessun inciampo fisico o morale riuscì ad affievolire le sue energie, a interrompere il corso dei tesori d’affetto ch’Ella versava ne’ suoi intelligenti bambini colla sua genialità, colla sua cultura, col suo motto arguto che sempre fioriva sulle sue labbra abituate al sorriso pur nella mestizia. La precoce, straziante dipartita di Pia Gavazzi Gnecchi sarà profondamente sentita, non solo nelle numerose famiglie dei congiunti Gnecchi - Gavazzi - Sessa, ma altresì in molte altre, che, nei campi dell’arte, dell’amicizia e della beneficenza, ammiravano la cara signora in ogni sua gentile manifestazione. In quest’ora di indicibile dolore, noi vediamo specialmente una casa ché non ha più raggio di sole, una casa che sembra vuota e avvolta nelle tenebre: è la casa di Lei, dove un povero vedovo si aggira desolato, con sei cari bambini orfani di una madre impareggiabile! Ma no: la fede avita illuminerà quella casa pur nella più profonda mestizia, e lo spirito sereno della madre, dal regno dell’immortalità, aleggerà intorno a tutti i superstiti, confortandoli: sarà il conforto dell’al di là, più possente al certo di qualsiasi parola dettata da sincero affetto, da profonda amicizia. A. M. C.

nero risposte queste sole parole: «Abbisogno assolutamente di un Confessore.» «Si trova qui un prete?» chiese forte l’infermiera. E per l’appunto, un altro soldato che giaceva supino, mortalmente ferito, tirandola per la manica disse: «Io sono prete! posso dargli l’assoluzione. Portatemi a lui.» La Suora ebbe un istante di esitazione; quel soldato soffriva degli effetti di una orribile ferita e il minimo movimento gli causava atrocissime sofferenze. Allora il moribondo soggiunse con tranquillità: «Voi siete della fede, e ben sapete quale sia il prezzo di un’anima. Che cosa significa un’ora di vita in più, a confronto di questo?» E cosi dicendo il soldato di Dio facendo uno sforzo supremo si rizzò in piedi per recarsi al lato del suo compagno d’armi. Ma vano riusci lo sforzo; lo si dovette portare. La confessione fu breve; entrambi perdevano rapidamente le forze. Al momento di dare l’assoluzione il prete fece un cenno alla Suora: «Aiutatemi a fare il segno della croce» - disse - e la Suora gli dovette alzare il braccio onde egli lo potesse fare. La morte tosto seguì all’atto dell’eroico sacerdote soldato e del suo penitente. Essi spirarono tenendosi per mano; e la Suora e gli uomini addetti all’ambulanza, commossi, si gettarono in ginocchio ai loro lati. M. E. B.

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EPISODIO DI’ GUERRA

Un Prete - Soldato al fronte Il corrispondente speciale del Daily Chronicle scrivendo da Parigi, narra il seguente episodio commovente che traduco da un giornale inglese. Parigi, 29 ottobre Nel vestibolo di una grande stazione di Parigi alcuni ’feriti appena giunti dal teatro della guerra, venivano adagiati sulla paglia in aspettativa di essere trasportati in un ospedale. Alcuni tra questi, cosi gravemente feriti, da sembrare in fin di vita. Ad una suora infermiera accostatasi ad uno di loro, cthe sembrava molto irrequieto, ed a cui essa offriva pietosamente di meglio rifasciare la ferita, ven Intanta che mi scrivi stoo sonett, Me passen per la ment i battaglion De bella gioventù, che coi canon, Coi s’ciopp, coi lane, coi spari, coi bajonett, minga assee nanmò, cont i bombett, Se slancien sul nemis come 1Con, Per dirend con coracc da on gran ladron Tutt quel ch’ci vceur rubà e sottomett. car soldaa, la vostra resistenza, L’è lada d’amor patrio e dal voi-è, Minga accettà la sòa prepotenza; Ma donca tegnii dur «picchiate forte» Se tratta della vostra indipendenza, della vostra... dolorosa morte

FEDERICO BUSSI..~

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di [p. 327 modifica]Notizie recenti del seminario indigeno di S. Tommaso d’Aquino in Katigondo (Uganda)

Il missionario milanese, il P. Franco, direttore waS"el seminario di Katigondo, manda alla Direttrice ica ›’ generale del sodalizio Claveriano in data del 5 agosto le notizie seguenti: )rL’anno scolastico 1913-14 è finito: i seminaristi godono le meritate vacanze. )1Avevamo in principio dello scorso anno 20 seil: due lasciarono in dicembre il seminario; uno per causa di salute, l’altro per manco di vocazio1ne. Cosi passammo l’anno con 18 alunni, dei quali un diacono, studente in teologia morale; dieci, stuo denti in teologia dommatica, e sette in filosofia. Quantunque parecchi alunni, già alquanto avan3 zati in età, non brillino per la loro intelligenza, noi dobbiam dire, ad onore del vero, che siam soddisfatti della buona condotta, della buona volontà piena e del buon spirito dei nostri seminaristi. Noi abbiam ferma fiducia, che malti fra loro arriveranno al sacerdozio, e saranno, buoni preti. Due alunni hanno compiuto i loro corsi di teologia dommanica, e son mandati in probazione in posti di missione per due anni, assieme ai tre che hanno già compiuto il loro primo anno. Dal seminario (minore) di Bukalasa sette seminaristi, sono giudicati degni Kr la scienza e per la virtù di entrare nel seminario maggiore di Katigondo. Cosi l’anno prossimo (1914-15) avremo al seminario di S. Tommaso 22 alunni cosi ripartiti: 15 in teologia dommatica e 7 in filosofia; e 5 in probazione. Gli esami di luglio furono soddisfacenti, e tutti furono giudicati dal giuri speciale, degni di salire al corso superiore. Avrem dovuto chiudere l’anno scolastico colla ordinazione di un diacono al sacerdozio, e colla promozione di parecchi a varai ordini minori; ma, causa l’assenza del nostro venerato Vicario Apostolico, che è tuttora in Europa, la cerimonia avrà luogo al suo arrivo.

(Corrispondenza Africana)