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BOZZETTO

Da tempo avevo promesso una mia visita alla signora Maria, una buona vecchietta di mia conoscenza, rinchiusa nell’Istituto di Via Trivulzio: la sepi in quei giorni un po’ ammalata di petto, e decisi i andarvi. Eravamo ai primi di novembre; da due iorni pioveva; pur quel mattino le nuvole sembraan più spezzate, e soffiava - un po’ d’aria, foriera, chi sa? di un buon cambiamento. ’Col tram giungo all’Ospizio. Mi dirigo al riparto infermeria, e passando corridoi e cortili, entro nella prima sala. Giro lo sguardo... Affondato nel bianco lettuccio, scorgo il viso pallido della mia settuagenaria, o per meglio dire, vi vedo solo i grandi occhiali ch’essi usa sempre per leggere. Mi accosto, essa interrompe la lettua pia, ci riconosciamo, ci salutiamo tanto tanto volontieri, e, sedendole vicino, intavoliamo la nostra conversazione. Intanto guardavo di quà e di la, ammiravo l’ordine e la / gran pulizia dell’ambiente, dei letti, delle ammalate. Quante vecchiette! E che fisionomie ancor vivaci! che sorrisi, che paroline invitanti alle confidenze! M’alzai, e feci un mezzo giro, interessandomi all’una, all’altra, distribuendo qualche zuccherino, qualche soldo, alcune immagini del Sacro Cuore. Ma mentre sono di loro occupata, odo risonare un passo forte e svelto. Mi volto. Un bell’alpino era già entrato in sala, giovanissimo, alto, robusto, l’occhio nero e vivace, un colorito sano, e un sorriso espressivo, impagabile. Fissava il suo sguardo laggiù, verso il fondo della sala, ed io, seguendone la direzione-, scorsi una vecchietta protendersi dal detto, le braccia tremanti, alzate verso di lui, in atto di appello e di attesa.... In quattro buoni passi, il giovanotto ha attraversato la sala ed è già al collo della sua vecchietta. «Oh! nonna, cara nonnina b). La nonnina se lo stringe, lo bacia, io chiama per nome, non finisce più di carezzarlo, ed egli, rosso in viso per la gioia, getta ai piedi del letto il suo cappello, e siede accanto a lei. Si sussurrano tante cose; essa domanda, egli risponde; e la nonna non gli distacca lo sguardo, gli stropiccia le mani che sente. fredde, (eravamo in novembre), lo ammira il suo bel figliolo, che ha negli occhi tutta la poesia, la purezza, la vigoria deí suoi monti, e gli va lisciando la lucente chioma corvina.... E la chioma corvina si curva amdrosamente verso la cuffietta bianca quasi a confondersi con essa, entrambe felici d’esser così vicine, dopo chi sa quanto tempo.... Dal mio angolo d’osservazione vedo la nonna aprire il suo libro di preghiere, lei

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varne un’immagine, e il giovanotto la riconosce, forse un ricordo della sua In Comunione, ed ella gliela porge a baciare, prima lui, poi lei... Che quadretto soave!... Un brivido mi colse trasportandomi lontano col pensiero, dove l’orrenda battaglia, da rnesi miete milioni di vittime; Italia nostra non ancora si è associata alla carnificina; ma se domani si cambiassero le cose... se questi forti soldati nostri dovessero... oh! la desolazione delle spose, delle madri, delle povere vecchie nonne... Dio, Dio nol voglia! L’ora fuggiva. Salutai la mia signora Maria, le compagne vicine, e m’avviai al ritorno. Sulla soglia ancora un addio colla mano... e un ultimo sguardo laggiù. In quell’istante, nella penombra dello sfondo, un fascio di raggi di sole, penetrando dalla finestra, avvolse in un nimbo d’oro la bianca cuffietta e la chioma corvina, noncuranti dell’ora, noncuranti del inondo.... attimo fuggente ai una gentile felicità, in cui dall’alto Dio si compiaceva. Dicembre, 1914. C. R.

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PIA GAVAllI GNECCHI A 38 anni, circondata dalle cure della madre e da distinti sanitari, che tentavano strapparla alla morte inesorabile, si è involata serenamente nel bacio del Signore, ed ora, immersi in un indicibile strazio, la invocano invano sei cari bambini, che rispecchiavano" le sue virtù di educatrice, il marito, che in Lei trovava la gioia e la forza di vivere e di combattere contro le inevitabili difficoltà di una carriera attivissima, i genitori che, già provati da perdite dolorose, in Lei riponevano ogni compiacenza! Ancor giovanetta, Pia Gnecchi, per naturale inclinazione e per tradizione famigliare, era pronta all’esercizio della carità ed al culto dell’arte, e manifestava con serenità e larghezza la sua predilezione agli infelici, agli infermi, ai bisognosi di conforto e di soccorso. Ella fu così una delle signorine più zelanti nella missione propostasi dagli Amici del bene, e più tardi, quando usciva dalla famiglia del cav. Ercole Gnecchi per portare il suo sorriso e la sua letizia nella numerosa famiglia del comm. Egidio Gavazzi, diveniva una delle più assidue Dame di S. Vincenzo, pei soccorsi a domicilio dei malati poveri. i