Il buon cuore - Anno XIII, n. 40 - 5 dicembre 1914/Religione

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Domenica quarta d’Avvento

Testo del Vangelo.

Gesù, avvicinandosi a Gerusalemme, arrivato che fu a Betfage, monte Oliveto, insieme ai suoi discepoli, mandò due di essi dicendo loro: Andatè nel castello che vi sta dirimpetto e subito troverete legata un’asina e con essa il suo asinino; scioglier tela e conducetemela. E se alcuno vi dirà qualche cosa, dite che il Signore ne ha bisogno e subito ve li rimetterà. Or tutto questa seguì affinéhè si adempisse quanto era stato detto dal profeta che disse: ’Dite alla figliuola di Sion: Ecco che il tuo Re viene a te mansueto, cavalcando un’asina ed un asinello,

puledro di un’asina da giogo. I discepoli andarono, e fecero come aveva loro comandato Gesù, e menarono l’asina e l’asinello, e misero sopra di essi le.loro vestimento e lo fecero montar sopra. E moltissimi delle turbe disteser le loro vesti per la strada; altri poi tagliarono rami dagli alberi, e li gettarono per la strada. E le turbe che precedevano, e quelle che andavangli dietro, gridavan dicendo: Osanna al Figliuol di Davide; benedetto Colui che viene nel nome del Signore; Osanna nel più alto de’ Cieli! (S. MATTEO, Cap. I

Pensieri. Il Vangelo d’oggi ci porge da meditare l’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme. Erano vicine le feste pasquali, l’epoca nella quale gli Ebrei compivano il loro pellegrinaggio nazionale e anche Gesù co’ suoi discepoli s’avvia alla città santa. Giunto poco lontano dalla città, Gesù manda due dei suoi seguaci a prendere una cavalcatura, e i suoi fedeli ve lo pongon sopra, strappar rami dagli alberi, ne buttan per terra e lo circondan gridando: «Osanna al figlio di David, benedetto Colui che viene nel nome del Signore; osanna nel più alto dei Cieli».

Consideriamo, prima di tutto, questo trionfo di Gesù, effimero trionfo, che doveva presto essere seguito dalla scena del Calvario. La folla beneficata, edificata da Gesù, oggi lo acclama e lo festeggia, ma domani, •questa folla istessa starà indifferente davanti alla croce! E’ tremendo! Vale dunque la pena di donarsi al prossimo, di coprirlo di benefizi se, al primo accenno di persecuzione, la folla acclamante sì scioglie, si dilegua? Se, quel che è ancor peggio, con la gratitudine per il benefattore, perde anche il benefizio ricevuto? Gesù guariva i corpi per giungere a salvare le anime e quelle anime resteran fredde dinnanzi al delitto della crocefissione! Il lavorar per il bene avrà sempre la sua ragione d’essere, perché qualche spirito aperto ad accoglierlo ci sarà sempre. Ciò conforta, ma non diminuisce la gravità della nostra meditazione. Se abbiamo la possibilità di far del bene intorno a noi, e ci arride il succeso, restiamo umili, riconosciamo d’essere strumenti nelle mani di Dio e non affidiamoci che a Lui... Egli solo rimane: tutto il resto, la possibilità stessa del bene e la riconoscenza dei beneficati ci può essere tolta. Se invece non abbiam nulla da dare, ma abbiamo noi dei debiti di riconoscenza, passato il momento del bisogno o. tramontata la fama, spenta in molti la ricordanza di chi ci ha soccorso, sia nell’anima, sia nel corpo, non scordiamoci noi.... e ai benefattori nostri giunga sempre, ma specialmente nell’ora dell’oblio, la nostra memore parola di affetto e di grazie. [p. 318 modifica]Non lasciamo venir meno mai la riconoscenza nel nastro cuore; essa è uno dei migliori sentimenti umani!

Meditiamo anche l’acclamazione delle turbe a Gesù: «Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!». Questa accoglienza benedicente e pia deve essere la disposizione nostra interiore davanti ad ognuno veniente a noi nel nome del Signore. Se questa pare cosa ovvia, banale, forse, rientriamo sinceramente in noi stessi e scoveremo che, praticamente, siam ben lungi dall’attuazione di questo dovere morale. Sono messaggeri di Dio e vengono nel suo nome tutti quelli, siano a noi superiori o inferiori, che ’ci dicono, ci offrono la verità. ’ Ad ogni parola di vero, quindi di luce, sia vero religioso, vero morale, vero scientifico, noi dobbiamo, docili, piegare la fronte. Dobbiamo, abbiamo il diritto, anzi, di chieder delle prove, di voler esser sicuri di non errare, di non essere ingannati, certo; ma quando la certezza c’è che è la verità, quella che ci.si offre, guardiamoci bene dal voltarle le spalle, Non resistiamo alla verità.! Il Cristiano deve essere un impenitente affamato di ogni vero. Non temiamo specialmente la parola austera dei Santi che ci sprona a una virtù superiore, che ci rivela alto, luminoso, divino, l’ideale cristiano. Ciò urterà la nostra pigrizia morale.e le scuse per sottrarci alla parola invitante a salire non mancheranno, ma non facciamoci illusioni: religiosi, cristiani bisogna esserlo in tutti i momenti della nostra vita; non è permesso esser pii in Chiesa e vani al teatro o alla conversazione: scuotiamoci, non resistiamo! Taccia ogni prevenzione, ogni pregiudizio, o7 gni passione davanti al vero, e accogliamo con gioia ognuno che ce lo porti; egli è uno dei più grandi ber nefattori dell’umanità. Facciamo in modo che, sempre l’espressione festosa del Vangelo odierno rifletta il nostro atteggiamento interiore dinnanzi a quelli che, nel nome di Dio, ci danno la verità, sempre più verità.

I capellani militari negli eserciti ora in guerra w La guerra è fenomeno terribile che scaglia le une• contro le altre folle umane come se fossero orde •di belve in lotta per brama di preda; ma insieme è anche fenomeno che nella imminenza probabile della morte, costringe l’uomo a sollevar la mente ed il cuore a Dio; si direbbe che mentre ci si appresta a dilaniarsi tra fratelli, si senta irresistibile il bisogno di chiederne perdono al Padre co CUORE mune, del quale si ha il sommo torto di non, osservare e praticare integralmente la legge che sola può assicurare fra i popoli la duratura pace. Si comprende quindi come l’istituzione dei cappellani militari, per rispondere ai bisogni religiosi dei cittadini sotto le armi, sia comune a tutti gli Stati; e mette conto, ora che divampa un conflitto armato quale la storia non conobbe mai, dare uno sguardo al modo con cui simile istituzione è regolata pressi i vari eserciti, così degli imperi centrali alleati in quella ch’essi chiamano «lotta per l’esistenza», come delle nazioni dell’oc Intesa». L’esercito germanico conta diciotto cappellani superiori (Oberfeldprediger), dei quali dodici protestanti e sei cattolici, tutti col grado di maggiore, ed ottantanove cappellani di guarnigione e di divisione (5; protestanti e 32,attolici), col grado di capitano. Vi è inoltre un gran numero di pastori e sacerdoti incaricati del servizio più speciale di guarnigione pel quale in moltissime città vennero costruite chiese ad hoc riservate ai militari, e nelle quali le funzioni religiose si svolgono con solennità imponente. In tempo di guerra hanno cappellani propri anche l’artiglieria ed i lazzaretti. • Alla testa dei cappellani militari stanno due prevosti da campo (feldprópste), uno protestante, ed uno cattolico, rispettivamente col grado e soldo di generale. Nel 1868 Pio IX, consentendo al desiderio del Re di Prussia, concesse al prevosto generale cattolico la dignità episcopale che poi sempre venne conservata e per la quale il prevosto assunse il nome di Armeebischof, o vescovo dell’esercito. Il Feldprost o Armeebischof attuale è mons. dott. Enrico Joppen, noto in Hizif, sul Reno inferiore (diocesi di Miinster) nel 1853, che dopo aver retto il seminario e redatto il Bollettino diocesano nel 1894, fu nominato cappellato di divisione (Divisionspfarrer) a Wesel, e quindi promosso a’ cappellano superiore dei corpi d’esercito V,e VI. Egli succedette lo scorso anno al popolarissimo monsignor dott. Enrico Vollmar, vescovo titolare di Pergamon; un wertfaliano che nella guerra del 1869-71 era cappellano della 16.4 divisione e per le sue benemerenze ottenne la croce di ferro, e del quale i partecipanti al Congresso eucaristico internazionale di Colonia ricorderanno la relazione sommamente pratica sul modo con cui i parroci possono’ curare la buona istruzione religiosa delle reclute. Nella guerra del 187o-71 funzionarono da cappellani’ miti fari anche vari gesuiti: il celebre Padre Giuseppe Nix, defunto lo scorso anno, fece l’ingresso trionfale in Berlino insieme al reggimento della Guardia, della quale era Militarpfarrer cattolico. Nel suo bel libro: Dai ricordi di un prete caporale, (Desclee, 1904), ila prof. don Giuseppe Clementi — che confortò ora gli ultimi giorni del ministro di San Giuliano e ne ricevette la confessione — dedica un capitolo interessante ad un Divisionspfarrer amico degli italiani, col quale egli aveva stretto amicizia in Magdeburgo. Quel cappellano militare era il sacerdote polacco von Kresinski, [p. 319 modifica]della 7a divisione, che, sebbene residente in Magdeburgo, doveva recarsi due volte al mese o Wittemberg, città tristamente celebre per essere la culla del protestantesimo e per la tomba. di Lutero, e una volta ad Eisleben, la patria del patriarca della Riforma, per’celebrare la messa ed amministrare i Sacramenti ai soldati di quelle due guarnigioni, dove non sono sacerdoti cattolici. Ci va sempre in giorni feriali, perchè nelle domeniche o nei giorni festivi deve celebrare nella bella e storica chiesa di San Sebastiano, l’unica che dopo tre secoli di lotte disperate, sia restata ai catto’,:ci, in questa grande città (Magdebtirgo) di più che 230.000 anime, protestante rigida e dove i nostri, a non contare 2000 soldati, sono appena 5000. ’I Il Divisionspfarrer von Kresincki era una vera provvidenza per gli operai italiani di Magdeburgo e dintorni pei quali la sua porta s’apriva a tutte le ore; egli aveva, imparato appositamente •la nostra lingua per giovare ai nostri connazionali; l’occasione fu quando, essendo egli prevosto di Alt-Klester (Polonia prussiana) vennero colf’. in pellegrinaggio parecchi emigranti italiani che lavoravano nei dintorni di Breslavia, i quali però dovettero ripartirsene senza accostarsi ai Sacramenti perchè nessuno di quei sacerdoti capiva l’italianó. Il prevo-sto Kresinski ne rimase tanto afflitto che quel dì stesso si procurò una grammatica, ed in capo a pochi mesi l’OstacOlo increscioso era tolto. I1 Clementi così descrive la divisa del cappellano militare tedesco «stivaloni di cuoio lucido,fino al ginocchio, neri i calzoni, il kraus e cappello di feltro, guanti e cravatta; nessun distintiva nè ecclesiastico, nè militare». Quando segue le truppe al campo, il cappellano va a cavallo, e gli sta addetto un sagrestano con una vettura a due per il trasporto della cappella. Al suo arrivo al reggimento. ogni soldato tedesco riceve un libriccino di preghiere che egli reca nel sacco alle manovre ed in guerra. Quello pei protestanti (Evangelischer Militar Geget und Gesangbuchi offre successivamente le preci quotidiane, la messa, le orazioni della confessione e della comunione, orazioni per le domeniche e feste dell’anno, consigli ed avvertimenti, ed una settantina di canti religiosi colle loro note musicali. In caso di guerra ogni soldato riceve un libriccino di preghiera speciale, che fa parte dei documenti segreti. Tutte le domeniche i soldati assistono all’Ufficio divino nella chiesa della guarnigione, sotto la guida degli ufficiali e dei sottufficiali della rispettiva confessione religiosa. Nei giorni di’ solennità vi "si recano in divisa di parata. ’Un coro specialmente istruito e diretto da un sergente, eseguisce i canti. Alla diana ed alla ritirata, e quando si chiama sotto le armi la guardia, la tromba squilla la preghiera; al comando dell’ufficiale, i soldati passano l’arme nella mano sinistra, Si scoprono e, pregano a voce sommessa nel tempo che occorre alla recita di un Pater,

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Ogni trimestre è concesso ai soldati tutto l’agio di accostarsi ai sacramenti. Negli ospedali, il cappellano viene immediatamente avvisato, per iscritto, di tutte le entrate e dei casi gravi, improvvisi., Il cappellano visita regolarmente gli infermi e tutte le domeniche celebra nell’ospedale la messa, o, se pastore, presiede il servizio evangelico. L’ordinamento dei cappellani militari in Austria - Ungheria è pressochè identico a quello di Germania. Alla testa si trova un Feldbischof, o vescvo di campo, con grado ed onorario di generale. I cappellani-parroci ricevono l’onorario di un maggiore, senza però averne il grado: a ciascuno è assegnato un distretto militare. Si fanno aiutare dai cappellani-vicari e dai docenti di religione, che istruiscono i soldati nelle varie scuole di formazione. La domenica i soldati intervengono in corpo alle funzioni religiose nelle chiese loro specialmente assegnate; ricordó, a Garizia, la sfilata imponente delle varie armi alla volta della chiesa di S. Ignazio, in Piazza Grande, già appartenente al celebre collegio dei Gesuiti, che tanto aveva concorso ad italianizzare l’antica città sorta in terreno slavo. Il collegio è da ’oltre un secolo trasformato in caserma: il liberalismo di Giuseppe II si è eternato, fra l’altro, in simile trasformazione. L’insegnamento religioso si svolge parte nei sermoni in chiesa e parte in istruzioni particolari durante le scuole di reclute. Come in Germania, cosi in Austria Ungheria in,caso di guerra viene largo aiuto ai cappellani mi: litari dalla collaborazione volontaria degli ordini religiosi fra i quali si distinguono i francescani ed i gesuiti. Quelli, memori delle tradizioni di S. Giovanni da Capistrano e del beato Mario d’Aviano, nomi sommamente popolari nell’armata; questi solleciti della cura d’anime fra gli uomini, non meno nell’epoca trepida del pericolo che nel periodo tranquilla della pace. Anche nell’ora presente, francéscani e gesuiti sono al loro posto; di fronte alla minaccia del colera la missione che ad essi incombe è doppiamente meritoria. Dirò prossimamente dei cappellani militari negli eserciti dell’Intesa. G. DELEDA

PER LA PROVVIDENZA MATERNA Mandarono indumenti per la Provvidenza Materna le Signore: Giannina Conti Casati, 4Isabella Gneechi Bozzotti, Erminia Benso Santini, Nob. Anna Gnecchi Baroli, Nob. Luisa Baroli, Nob. Anita De Francisci Sessa. Indumenti. Signora Ernestina Rummele — Nob. Maria Cioja Palloschi Cairati Matelda — Luigia Grassi Castelli — Donna incenza Casa ti tiertarelli. _