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rata alle tradizioni di quell’angelico sacerdote che fu Giulio Tarra, sarebbero opera di vera redenzione. Ma a tempo, sì, a tempo, perchè il bambino sordomuto deve essere curato nel momento opportuno, non quando l’azione paziente dell’educatore può riuscire pressoché inutile. E qui. siamo al punto doloroso del`problema. Precisamente per mancanza di mezzi, il caro Istituto illustrato dal Tarra è costretto a rinviare le accettazioni a tempo indeterminato, magari a quando i poveri mutini avrebbero le corde vocali indurite e quindi ribelli’ ad ogni curai Per questa ragione noi invochiamo una eccezione a favore della Pro Mutis e la invochiamo entrando nel ccmpo della praticità, ed invitando tutti i buoni a partecipare ad una fiera benefica che si terrà nelle sale del Cova, nei giorni 19, 20 e 2ì del prossimo dicembre, dalle ore 14 alle 19. Fin d’ora si ’ricevono all’uopo indumenti adatti a poveri, offerte in denaro e adesioni alla sede del Comitato, in via Settembrini n. 4. Presidente onoraria è la contessa Maria Taverna, nome che ha belle tradizioni nella causa propugnata dal Tarra, e Presidente effettiva è quella distinta signora che si chiama Maria Ramazzotti Ferrario, la quale, in un sintetico, eloquente appello, pur riconoscendo il dovere di rivolgere un pensiero patriottico e pietoso all’immane sciagura europea, cosi si esprime: ((E davvero anche il Comitato Pro Mutis avrebbe atteso nel silenzio tempi migliori, se l’appello che rivolge alla generosità milanese non gli fosse imposto da una sventura che vive da anni negletta, quasi sconosciuta nella nostra città, così larga per tutti, vicini e lontani, di soccorso e di aiuto». Noi chiamiamo a raccolta i benefattori dell’infanzia più sventurata, pregandoli di interessarsi alla nobile iniziativa la quale rappresenta quasi una eccezione e tende, con un geniale ritrovo, a sovvenire i poveri mutini e a fornite strenne natalizie per le classi lavoratrici. kottiL _VIVI


Religione


Domenica quarta d’Avvento

Testo del Vangelo.

Gesù, avvicinandosi a Gerusalemme, arrivato che fu a Betfage, monte Oliveto, insieme ai suoi discepoli, mandò due di essi dicendo loro: Andatè nel castello che vi sta dirimpetto e subito troverete legata un’asina e con essa il suo asinino; scioglier tela e conducetemela. E se alcuno vi dirà qualche cosa, dite che il Signore ne ha bisogno e subito ve li rimetterà. Or tutto questa seguì affinéhè si adempisse quanto era stato detto dal profeta che disse: ’Dite alla figliuola di Sion: Ecco che il tuo Re viene a te mansueto, cavalcando un’asina ed un asinello,

puledro di un’asina da giogo. I discepoli andarono, e fecero come aveva loro comandato Gesù, e menarono l’asina e l’asinello, e misero sopra di essi le.loro vestimento e lo fecero montar sopra. E moltissimi delle turbe disteser le loro vesti per la strada; altri poi tagliarono rami dagli alberi, e li gettarono per la strada. E le turbe che precedevano, e quelle che andavangli dietro, gridavan dicendo: Osanna al Figliuol di Davide; benedetto Colui che viene nel nome del Signore; Osanna nel più alto de’ Cieli! (S. MATTEO, Cap. I

Pensieri. Il Vangelo d’oggi ci porge da meditare l’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme. Erano vicine le feste pasquali, l’epoca nella quale gli Ebrei compivano il loro pellegrinaggio nazionale e anche Gesù co’ suoi discepoli s’avvia alla città santa. Giunto poco lontano dalla città, Gesù manda due dei suoi seguaci a prendere una cavalcatura, e i suoi fedeli ve lo pongon sopra, strappar rami dagli alberi, ne buttan per terra e lo circondan gridando: «Osanna al figlio di David, benedetto Colui che viene nel nome del Signore; osanna nel più alto dei Cieli».

Consideriamo, prima di tutto, questo trionfo di Gesù, effimero trionfo, che doveva presto essere seguito dalla scena del Calvario. La folla beneficata, edificata da Gesù, oggi lo acclama e lo festeggia, ma domani, •questa folla istessa starà indifferente davanti alla croce! E’ tremendo! Vale dunque la pena di donarsi al prossimo, di coprirlo di benefizi se, al primo accenno di persecuzione, la folla acclamante sì scioglie, si dilegua? Se, quel che è ancor peggio, con la gratitudine per il benefattore, perde anche il benefizio ricevuto? Gesù guariva i corpi per giungere a salvare le anime e quelle anime resteran fredde dinnanzi al delitto della crocefissione! Il lavorar per il bene avrà sempre la sua ragione d’essere, perché qualche spirito aperto ad accoglierlo ci sarà sempre. Ciò conforta, ma non diminuisce la gravità della nostra meditazione. Se abbiamo la possibilità di far del bene intorno a noi, e ci arride il succeso, restiamo umili, riconosciamo d’essere strumenti nelle mani di Dio e non affidiamoci che a Lui... Egli solo rimane: tutto il resto, la possibilità stessa del bene e la riconoscenza dei beneficati ci può essere tolta. Se invece non abbiam nulla da dare, ma abbiamo noi dei debiti di riconoscenza, passato il momento del bisogno o. tramontata la fama, spenta in molti la ricordanza di chi ci ha soccorso, sia nell’anima, sia nel corpo, non scordiamoci noi.... e ai benefattori nostri giunga sempre, ma specialmente nell’ora dell’oblio, la nostra memore parola di affetto e di grazie.