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Non lasciamo venir meno mai la riconoscenza nel nastro cuore; essa è uno dei migliori sentimenti umani!

Meditiamo anche l’acclamazione delle turbe a Gesù: «Benedetto Colui che viene nel nome del Signore!». Questa accoglienza benedicente e pia deve essere la disposizione nostra interiore davanti ad ognuno veniente a noi nel nome del Signore. Se questa pare cosa ovvia, banale, forse, rientriamo sinceramente in noi stessi e scoveremo che, praticamente, siam ben lungi dall’attuazione di questo dovere morale. Sono messaggeri di Dio e vengono nel suo nome tutti quelli, siano a noi superiori o inferiori, che ’ci dicono, ci offrono la verità. ’ Ad ogni parola di vero, quindi di luce, sia vero religioso, vero morale, vero scientifico, noi dobbiamo, docili, piegare la fronte. Dobbiamo, abbiamo il diritto, anzi, di chieder delle prove, di voler esser sicuri di non errare, di non essere ingannati, certo; ma quando la certezza c’è che è la verità, quella che ci.si offre, guardiamoci bene dal voltarle le spalle, Non resistiamo alla verità.! Il Cristiano deve essere un impenitente affamato di ogni vero. Non temiamo specialmente la parola austera dei Santi che ci sprona a una virtù superiore, che ci rivela alto, luminoso, divino, l’ideale cristiano. Ciò urterà la nostra pigrizia morale.e le scuse per sottrarci alla parola invitante a salire non mancheranno, ma non facciamoci illusioni: religiosi, cristiani bisogna esserlo in tutti i momenti della nostra vita; non è permesso esser pii in Chiesa e vani al teatro o alla conversazione: scuotiamoci, non resistiamo! Taccia ogni prevenzione, ogni pregiudizio, o7 gni passione davanti al vero, e accogliamo con gioia ognuno che ce lo porti; egli è uno dei più grandi ber nefattori dell’umanità. Facciamo in modo che, sempre l’espressione festosa del Vangelo odierno rifletta il nostro atteggiamento interiore dinnanzi a quelli che, nel nome di Dio, ci danno la verità, sempre più verità.

I capellani militari negli eserciti ora in guerra w La guerra è fenomeno terribile che scaglia le une• contro le altre folle umane come se fossero orde •di belve in lotta per brama di preda; ma insieme è anche fenomeno che nella imminenza probabile della morte, costringe l’uomo a sollevar la mente ed il cuore a Dio; si direbbe che mentre ci si appresta a dilaniarsi tra fratelli, si senta irresistibile il bisogno di chiederne perdono al Padre co CUORE mune, del quale si ha il sommo torto di non, osservare e praticare integralmente la legge che sola può assicurare fra i popoli la duratura pace. Si comprende quindi come l’istituzione dei cappellani militari, per rispondere ai bisogni religiosi dei cittadini sotto le armi, sia comune a tutti gli Stati; e mette conto, ora che divampa un conflitto armato quale la storia non conobbe mai, dare uno sguardo al modo con cui simile istituzione è regolata pressi i vari eserciti, così degli imperi centrali alleati in quella ch’essi chiamano «lotta per l’esistenza», come delle nazioni dell’oc Intesa». L’esercito germanico conta diciotto cappellani superiori (Oberfeldprediger), dei quali dodici protestanti e sei cattolici, tutti col grado di maggiore, ed ottantanove cappellani di guarnigione e di divisione (5; protestanti e 32,attolici), col grado di capitano. Vi è inoltre un gran numero di pastori e sacerdoti incaricati del servizio più speciale di guarnigione pel quale in moltissime città vennero costruite chiese ad hoc riservate ai militari, e nelle quali le funzioni religiose si svolgono con solennità imponente. In tempo di guerra hanno cappellani propri anche l’artiglieria ed i lazzaretti. • Alla testa dei cappellani militari stanno due prevosti da campo (feldprópste), uno protestante, ed uno cattolico, rispettivamente col grado e soldo di generale. Nel 1868 Pio IX, consentendo al desiderio del Re di Prussia, concesse al prevosto generale cattolico la dignità episcopale che poi sempre venne conservata e per la quale il prevosto assunse il nome di Armeebischof, o vescovo dell’esercito. Il Feldprost o Armeebischof attuale è mons. dott. Enrico Joppen, noto in Hizif, sul Reno inferiore (diocesi di Miinster) nel 1853, che dopo aver retto il seminario e redatto il Bollettino diocesano nel 1894, fu nominato cappellato di divisione (Divisionspfarrer) a Wesel, e quindi promosso a’ cappellano superiore dei corpi d’esercito V,e VI. Egli succedette lo scorso anno al popolarissimo monsignor dott. Enrico Vollmar, vescovo titolare di Pergamon; un wertfaliano che nella guerra del 1869-71 era cappellano della 16.4 divisione e per le sue benemerenze ottenne la croce di ferro, e del quale i partecipanti al Congresso eucaristico internazionale di Colonia ricorderanno la relazione sommamente pratica sul modo con cui i parroci possono’ curare la buona istruzione religiosa delle reclute. Nella guerra del 187o-71 funzionarono da cappellani’ miti fari anche vari gesuiti: il celebre Padre Giuseppe Nix, defunto lo scorso anno, fece l’ingresso trionfale in Berlino insieme al reggimento della Guardia, della quale era Militarpfarrer cattolico. Nel suo bel libro: Dai ricordi di un prete caporale, (Desclee, 1904), ila prof. don Giuseppe Clementi — che confortò ora gli ultimi giorni del ministro di San Giuliano e ne ricevette la confessione — dedica un capitolo interessante ad un Divisionspfarrer amico degli italiani, col quale egli aveva stretto amicizia in Magdeburgo. Quel cappellano militare era il sacerdote polacco von Kresinski,