Il buon cuore - Anno XIII, n. 03 - 17 gennaio 1914/Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

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Domenica

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dopo l’Epifania

Testo del Vangelo. Essendo stata la madre di lui Maria sposata a Giuseppe, si scoperse aver concepito di Spirito Santo prima che andassero a stare insieme. Ora Giuseppe, marito di lei, essendo uomo giusto, e non volendo esporla all’infanzia, prese consiglio di segretamente rimandarla. Ma mentre egli stava in questo pensiero, un Angelo del Signore gli apparve in sogno dicendo: Giuseppe figliuolo di Davide, non temere di prendere Maria tua consorte; impeiocchè, ciò che in essa è stato concepito, è dallo Spirito Santo. Ella darà al mondo un figliuolo cui tu porrai nome’ Gesù. • S. MATTEO, I, 19. Pensieri. Il S. Vangelo ci assicura, del miracolo. La situazione anormale di Maria -vergine fidanzata. — è tale da creare facilmente obbiezioni e dicerie: tanto vero clic il pio e buon Giuseppe, nella sua giustizia, — nel diritto dunque ch’aveva di tutelare la sua dignità di uomo e di sposo — sta per sciogliersi da ogni promessa e. rendere a lei la sua libertà, quando un angelo l’assicura del mistero, dell’opera dello Spirito Santo, opera divina, opera affatto singolare, ma onorificentissima: Giuseppe, aooile, crede ’al divino messaggio e si prende - dilettissima sposa -Maria. Una osservazione. Si dà alle volte in mezzo alla Società tale fatto, tale condotta, tale indirizzo di cose che noi non arriviamo a capire, che desta le nostre meraviglie, che ci preoccupa anzi perchè ci pare di vederlo contro quel complesso di idee, di situazioni, di cose ed atti che per essere tradizionale e secolare, ci pare sacra ed assoluta verità. Allora noi azioniamo contro. A questo movimento nuovo opponiamo la reazione nostra, e ci pare con questo di salvare ciò che inesorabilmente per noi era sacro ed... intangibile. Piccinerie, amici miei. E’ vero, noi non abbiamo l’angelo che -- dal cielo direttamente — ci dice come s’origini la• cosa, quale sarà la conclusione, il risultato di questi urti, di questi indirizzi della società, della famiglia, d’atteggiamenti che sembrano contrarii. Vero, e per questo — sdegnosi — ci teniamo in disparte,.ci assentiamo. Ci assentiamo da lotte feconde, da opere sante col pretesto che tutto non... è bene, ecc.,’ Ci assentiamo contro l’esortazione di vescovi, del Papa, della Chiesa: ci assentiamo.e ci teniamo indifferenti anche quando il cuore sussulta e sanguina per il grido straziante delle folle, citi miserabili, degli er ranti. [p. 20 modifica] DALLA COLONIA ERITREA

Come Giuseppe usiamo il diritto della legge, la necessità di separarci da indegni, da meno corretti. da avversarii, ma quanto si sbaglia! So bene che tutto giustifica tale condotta... individualistica: so bene che mi si può obbiettare tanto, che a mille, a mille sonovi ragioni per acquiet2re una pigra... coscienza, ma se questo è giustificabile colle regole sante d’una oculata prudenza, -- chi ama il pericolo,in quello perisce — so che deve cessare, deve finire la nostra difesa, la nostra prudenza quando si tratta del bene nostro ed altrui, quando ne spinge e ne difende l’autorità superiore, quando ne esorta non il capriccio o la passione, ma la voce di Dio, espressa nella voce del superiore. Cessa la prudenza col suo calcolo quando si tratta d’ubbidire: ubbidienza larga, piena, generosa come quella di Giuseppe all’angelo. Ben- credo io avesse misurato il suo passo per mutare da quel primo grave consiglio di licenziare — col libello del ripudio — la sua giovane sposa: so che avrà affrontato il ridicolo forse — la strana forza che abbatte i colossi di... creta — ma Giuseppe — assicurao del volere e dell’opera divina — crede piega, s’inchina ad una ubbidienza perfetta. • •

Ma voglio pregare buon lettore di rileggere l’ultimo brano del Vangelo. Giuseppe si piega, ubbidisce e si tiene Maria — affrontando tute le contrarie parvenze — perché è ormai sicuro per il ministero angelico, che quanto è, è per opera dello Spirito Santo: che il figlio di Maria è il figlio di Dio, al quale darà nome di Gesù! Ecco la grande ragione del mutare consiglio, di ripudiare il calcolo e l’umana prudenza. Non è effetto di piccineria di mente: è l’opera grande della fede. E se vogliamo tale criterio applicare a noi quale campo ove raccogliere messi più che... ubertose.. Si tratta di passioni, capricci, vendette, odii, amorazzi, simpatie comprometenti e nocive, oh! sappiamo bene tacitare i latrati della coscienza, disprezzare le voci del popolo, che osserva, vede e prende... scandalo. Sappiamo difenderci col pretestare la libertà dello... spirito. No! qui abbisogna ed è utile ascoltarla la prudenza, ottima e santa fra le virtù, ma questa deve tacere, deve piegare, deve sprezzarsi quando un falso scandalo sta per impedire il bene, il trionfo dello spirituale, il vantaggio del morale: quando si tenta svalutare i valori dello spirito. Ma chi usa mai — oggicli — tale misura? B. R.

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bravi danni causati dalla siccità e dalle cavallette. Il molto reverendo padre provinciale dei Frati Minori Cappuccini di Milano, P. Girolamo da Lomazzo, ci invia la seguente lettera del vescovo Vicario apostolico dell’Eritrea, ’mons. Camillo Carrara, cappuccino, che ben volontieri pubblichiamo: Asmara, 23 dicembre 1913. Durante questi due ultimi mesi ho visitato parte della mia missione. Mi sono recato in mezzo ai miei cari indigeni, passando di villaggio in villaggio, sulla groppa di un mulo, accolto sempre dall’entusiasmo sincero e clamoroso dei nostri cattolici, ai quali si univano spesso gli eretici copti. Era una gran festa per questi buoni abissini vedersi onorati dalla visita del loro Abuna, assistere ai’divini misteri da lui celebraci nella loro squallida cappella, vederlo entrare nei loro tuguri per consolarvi e benedire gli ammalati. Io però sono stato ben dolorosamente impressionato nel mio cuore di padre e pastore nel constatare di presenza la miseria stracordinaria in cui trovansi quest’anno i miei poveri e cari figliuoli. Due flagelli si sono avuti nella scorsa estate in quasi tutta la Colonia Eritrea, che hanon portato la desolazione e la fame in mezzo a queste infelici popolazioni: la scarsità eccezionale delle grandi pioggie periodiche e l’invasione delle cavallette. Le pioggie nell’altipiano eritreo hanno principio ordinariamente agli ultimi di maggio e continuano fino a tutto settembre. Quest’anno invece non cominciarono se non circa la metà di luglio e sui primi di settembre cessarono completamente. Si prevedeva quindi un raccolto assai scarso, giacché per mancanza di acqua sufficiente, la dura, il taf, i piselli (alimento ordinario dell’Abissinia` crescevano miseri e stecchiti. Qualche cosa non pertanto si avrebbe avuto da queste terre arse, se non’fosse sopravvenuto in agosto e settembre un altro flagello ben più grave, che distrusse ogni cosa. Il passaggio delle cavallette fu tale che il simile non si ricorda a memoria dei più vecchi. Era uno spettacolo terrificante quello che presentavano queste locuste che, quando si sollevavano erano come grandi nubi rossastre che nascondevano il sole, o quando ’si gettavano nelle campagne erano come un fiume impetuoso che il tutto travolgeva e distruggeva. Le popolazioni guidate dai loro capi fecero del loro meglio e col fuoco e coi bastoni e cogli schiamazzi, per sp,.,ventare ed allontanare tali voracissimi animalecti, ma il tutto fu inutile, e questa povera gente dovette assistere colle lagrime agli occhi alla rovina e alla completa distruzione dei loro campi. Per quasi due mesi si può dire che ogni giorno paesi intieri venivano a gettarsi ai miei piedi, implorando per amor della Madonna qualche sacco di dura, onde potersi sfamare insieme ai loro figliuoli, [p. 21 modifica] Non è facile immaginarsi il mio dolore nel trovarmi nella assoluta impossibilità di venire in loro ir’uto anche in piccolissima parte. La siccitàe le cavallette pesarono terribilmente anche sopra la MiSsione, rovinando le campagne e gli orti della medesima. Dissi ripetei loro che li avrei raccomandati ai miei amici di Milano, che tanto efficace interessamento pOntitiO alla mia povera e cara Missione. A tali mie parole si rasserenarono alquanto, ed ora attendono fiduciosi il soccorso che io ho loro promesso. Veglia, m. r. Padre provinciale, raccomandare i miei poveri figli ai nostri benefattori e li.preghi a non rifiutare l’obolo della carità loro a questi poveri affamati. aff.mo Fr. Camillo Carrarà, cappuccino Vesc. Vicario Ap. dell’Entrea Siamo sicuri che nessuno vorrà rifiutarsi di rispondere a questo commoventissime appello del Vicario apostolico della nostra Colonia Eritrea. Tute le persone di buon cuore. innanzi ’al grave ed urgente bisogno di quei popoli nostri fratelli, accorreranno in loro soccorso offrendo generosamente il proprio obolo. Le offerte si ricevono presso il Superiore del Convento dei Cappuccini, Viale Monforte, 2, Milano, e anche presso il sig. A.M. Cornelio, Monte dr Pietà, I. 5;•1(•.?

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Gli angioli della carità (Piccole serve del Sacro Cuore di Gesù). Passano umili e miti attraverso le vie rumorose liete; passano rapide e leggiere, con un mesto sorriso nel volto pallido e pensoso, ombreggiato dalla piccola cuffia monacale, là deve sciama incessante e spensierata la folla elegante e mondana; e salgono furtive quasi, su, su per lunghe e luride scale, penetrano negli anditi oscuri, deve pullulano sovente Insieme la miseria e il vizio. E nel misero tugurio ove le Piccole Serve dei Poveri entrano, sfavilla vivida una luce improvvisa: luce di amore,di carità di dolcezza infinita! Esse sanno, indovinano, intuiscono tutti i mali fisici e morali che affliggono e rodono le famiglie dei poveri: sanno lo sconforto immenso di essere infermi e di vedersi soli, abbandonati, per ore ed ore, fra il disordine inevitabile, fra le necessità di tante cose urgenti ed indispenSabili: sanno i loro cari privi del bisognevole e sovente dello stesso pane, a causa della loro malattia: e sanno l’angoscia dei medesimi di non poter curare le loro innocenti creature, perchè costretti a non mancare al lavoro quotidiano! Ed esse, veri angioli del bene entrano in queste case, riordinano, lavano, puliscono, curano gli infermi con zelo intelligente, con cristiana pietà; non temono i contagi, le infezioni, le piaghe purulente e rivoltanti. Curano le donne, i fanciulli, anche gli uomini, purchè nella casa vi sia una moglie, madre, o sorella.

Se trovano vuote le credenze — e quante volte accade! — procurano esse stesse il cibo necessario e lo preparano; portano la biancheria, le coperte, tutto! non chiedono, non accettano nulla, assolutaminte nulla, in ricambio! Lioe, si; chiedono una cosa, una cosa sacra e soave, che da a Un sottre pace e gioia serene. r-sse pregano presso gli intermi ed il loro allepiu vivo e che il malato accetta rassegnato da Dio uoiori e le pene; cime si riconcili’ col pensiero di una vita cl’oitretomoa, che dia il suo nome al padre ai ngii abbandonati... wuesto soro esse chiedono, senza insistenze indiscrece, con rara pazienza e con tatto munito, a neve compenso di tínta una vita di sacrium immensi, di raucne incredibili, di ripugnanze dolorose. u. i poveri son tanti e tanti, aumentano ogni giorno! Le piccole care Suore dei poveri dei Sacro Cuore di bega, soffrono di dover ricusare sovente aiuto e soccorsi per mancanza dei tondi necessari. A tal mine ia 1flaare Superiora ha pensato di coadiuvare ia lpro opera con azioni da L. io cime ie persone agiate e caritatevoli non mancneranno di acquistare. li caldo, tiepido appello ai cuori buoni, oggi lanciato da queste pagine ai viva canta e di buon Cuore, non anarà certamente perduto I Inviate, inviate soccorsi! La Casa di Torino (Via misericordia, 3) ne ha urgente bisogno e I’ istituto omonimo di Milano (Via menale, b) ne accogliera volentieri le offerte, essendo uno solo il loro desraerio, una soia la loro aspirazione. Voi che sapete quale sgomento e quale ananno apporta la malattia ai un vostro caro, pensate quanto pia dolorosa e tetra debba essere la condizione dei pffiiero interno, a cui tutto manca, assistenza e mezzi e comprenderete come questi angioli di bene, queste Piccole Serve siano degne dell’appoggio e della riverenza e dell’ammirazione universale! Carola Coggiola..*S.,e•••’-‘2,-, •Si

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11 sof° titolo basta ad invogliare a leggerlo, e cominciatolo, lo si unisce con un senso di piacere sereno e di schietto compiacimento. rare di essere trasportati presso i tocoiari antichi, dove la fiamma scoppietta e ride sotto l’ampia e nera cappa, circonciaci da bimbi intenti al racconto fantastico di strane ed allegre leggende. Di fuori il vento gelido sterza i casolan, rugge tra i pini gemmati ai nevischio, s’ingolfa cupo tra le gole aspre e selvaggie. Ma attorno a quel focolare pieno di luce e di faville, sbocciano i non profumati della vita e dell’amore: i vecchi narrano gravi e tranquilli, i giovani. odono sorridenti e felici. Un’ingenua impronta di umorismo gentile zam [p. 22 modifica]pilla’ come una. viva fonte da quei racconti, da quelle fiabe di tempi" lontani e cari. Il diamolo. «l’eterno gabbato» è, quasi sempre l’eroe delle leggende valdostane; eroe stranamente minchione che esce scornato e deriso sovente. Il Tibaldi scrive con arguta eleganza e sa mantenere quel cachet particolare a quei racconti fantastici e suggestivi. Nel rievocarli, nel tramandarli ai lontani nepoà, egli ha, fatto un’opera meritevole di. plauso; quella di salvare dall’oblio in cui vanno sparendo molte cose passate e testimonianti la vita, gli usi? e i costumi di coloro che ci hanno da lungo tempo preceduti nella tomba. Altra opera meritoria è lo studio ’che l’A. fa sul Cretinismo in Valle d’Aosta, provando coi fatti e col’le statistiche, le esagerazioni dette e scritte su tale ptnoso flagello. Egli prova che tale tremenda degenerazione tisica vi fu importata dal limitrofo Valiese, che infierì nella. Maurienne, nella Savoia, nel Tirolo nelle Alpi Carniche; tali statistiche ne provano il il confronto desolante, e provano pure come oggidì il vero cretinismo sia sparito dalle valli aostane e che solo più si trovano, in numero sempre decrescente, dei deficienti, o scemi. Al disopra dei seicento metri, non esisteva, pare, il cretinismo, mentre dilagava nelle basse valli; le cure, l’igiene, le comunicazioni crescenti hanno a poco a poco rinnovata la generazione ormai sana), bella, forte, e senza timore di smentita, assai più intelligente di tante altre. Le guide eroiche e gentili d’animo e di cuore cììe piantarono il tricolore sulle più alte cime del mondo nei più lontani e gelidi lidi, la fioritura continua tigogliosa di opere d’ingegno nella letteratur nella storia e nelle scienze, provano come i vajdc,stani sappiano tenere alto il nome augusto cella loro valle diletta! C. Coggiola. rik iN A

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Sochlà "Amici M BBIlg„ - " Prdvvidgilza Materia„ In questi giorni si è diramata la seguente circolar,’: gelinai., 1,14.

In recente assemblea sitraordinaria, la Società Amici del bene si è sciolta, deliberando di far tesoro del patrimonio, delle sue esperienze e delle sue energie a vantaggio specialmente della Provvidenza Matern:,. Quest’opera tende al soccorso immediato delle puerpere povere, e, benchè inceppata da quelle difficoltà finaziarie che costringono tutte le istituzioni di carità a limiti penosi,,ha allargato le sue ali su quasi tutte le parrocchie milanesi e vorrebbe,intensificare la S11,7 azione per aiutare più efficacemente centinaia di mi:

sere madri e d’innocenti bambini all’alba d’una vita che tutto invoca da anime generose. Per raggiungere l’intento di soccorrere alme;;o più bisognosi, invoca l’adesione diluite le persone di cuore, facendo appello specialmente ai soci del cessato sodalizio degli Amici del bene, i quali saranno ben lieti di passare ’personalmente e con le loro aderenze ad una istituzione ispirata ai più nobili e pratici ideali di carità e di previdenza sociale. A questo invito, che tutti. accomuna in un’epera buona, si unisce scheda di adesione, con preghiera di cortese rinvio alla Provvidenza Materna - Milano Via S. Damiano, n. 44. Il Fresidente della Società Amici del Bene ERCOLE GNECCHI Il Presidente della Provvidenza Materna GUIDO BORROMEO