Il buon cuore - Anno XII, n. 25 - 21 giugno 1913/Religione

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Vangelo della 6a domenica dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù questa parabola: Un uomo fece una gran cena, e invitò molta gente. E all’ora della cena mandò un suo servo a dire ai convitati che andassero, perchè tutto era pronto. E principiarono, tutti d’accordo a scusarsi. Il primo dissegli: Ho comperato un podere e bisogna che vada a vederlo; di grazia, compatiscimi. E un altro disse: Ho comperato cinque paia di buoi e vo’ a provarli, di grazia, compatiscimi. E un altro disse: Ho preso moglie, e perciò non posso venire. E tornato il servo riferì queste cose al suo padrone. Allora sdegnato il padre di famiglia, disse al suo servo: Va tosto per le piazze e per le vie della città, e mena qua dentro i mendici, gli stroppiati, i ciechi e gli zoppi E disse il servo: Signore, si è fatto come hai comandato, ed havvi ancora luogo. E disse il padrone al servo: Va per le strade e lungo le siepi e sforzali a venire, affinchè si riempia la mia casa. Imperocch_, vi dico, che nessuno di coloro che erano stati inviati, assaggerà la mia cena. S. LUCA, cap. 1 4

Pensieri. L’invito largo e generoso del buon signore alle sue cene, invito primamente esteso agli amici, di poi ai disgraziati, degni di compassione, ed in terzo luogo la coazione a chi di ciò manco sospettaVa, la mi [p. 197 modifica]naccia d’escludere per sempre quelli, che se ne erano resi indegni, ci dice espressa nella parabola la volontà salvifica di Dio. Questo è il preciso volere o programma di lassù: vuol che tutti gli uomini si facciano salvi, che tutti abbiano ad arrivare al possesso della verità. A questo scopo — nobilissimo, eccezionale — egli ha imbandito una grande cena, degna di un più alto e singolare intelletto come facile ed accessibile alle menti più comuni e volgari: per questo ha dato cibo al cuore umano ogni più generoso ardire verso la perfezione, ogni più forte amore in purissimi ideali, ogni Maggior forza nei sacramenti, negli esempi del suo divin aglio, nei confronti dei Santi. Grande convito celeste, al quale sono invitati gli amici — il popolo di Dio in prima, gli Ebrei, donde trasse origine Gesù — poi esteso ai popoli pagani, infine a noi, che davvero eravamo sperduti lungo le vie e le piazze. Ma la storia ci dice come gli Ebrei furono esclusi. Non conobbero la luce: rifiutando l’ossequio, crocifissero Gesù; dal seno del loro popolo cacciarono i banditori del verbo nuovo; cocciuti, videro distrutto il tempio, l’altare, la patria, ostinandosi nel negare l’adempimento delle promesse dei patriarchi, del popolo stesso. E di noi?

Dai rifiuti di quel popolo venne la nostra salute. Noi abbiamo occupato il loro luogo ed onore, che troppo grande, sceltissimo onore è sedere commensale a Dio stesso. Da quel banchetto scese ’su di noi la forza del progresso morale e civile, da quella mensa i popoli si alzarono trasnaturati. Ma ciò che i popoli fecero, non fecero tutti gli individui Fra dì mezzo’ al popolo cristiano v’ha chi rifiuta il dono di Dio col pretesto della villa. Sono i pretesti dei comodi terreni, è la pigrizia, l’orrore della lotta, del sacrificio per il vero per il buono. Amano troppo, troppo il comodo presente e rifuggono dal volere o pensare alla vita combattuta, agitata. Si sono creati una specie di;beatitudine quaggiù, tutt’affatto egoistica e mondana e se Dio ce li lasciasse qui, qui troverebbero e farebbero il loro paradiso. Anime infingarde! Altri pretesta l’amor delle cose terrene. Cinque paia di buoi. Devono laorare, rendere, fruttificare. Per questo si tralascia, si trascura, o si rimanda ad un assai problematico riposo o domani il pensiero delle cose migliori. Pospongono l’inferiore al migliore. Si credono creati per le cose caduche, trascurano l’eterno. Rovesciano l’ordine delle cose. Ripugnano nella loro sordidezzal... La moglie stessa serve di pretesto a tenersi lontani dall’invito alla cena del buon signore. Osservate che l’amor della moglie è lecito, onesto, comandato e benedetto. Nell’amore alla sposa io non voglio vedere il... facile amor delle creature, del piacere. Su questo non cadrà mai l’approvazione o meglio la benedizione di Dìo. Ma anche questo be

nedetto amore non ci deve distogliere completamente dal... cielo. Dio li unisce per aiutarsi nella bisogna della salute eterna, per il miglior adempimento delle loro responsabilità, e chi esagerasse nell’amor della sposa e della famiglia si renderebbe come i primi parimente colpevole.

Vi sono introdotti alla cena i ciechi, gli storpi, i gobbi, etc. Siamo benissimo rappresentati. Siamo ciechi nella verità, siamo gli storpi nella morale, siamo noi i gobbi, che portiamo i pregiudizi dell’ambiente in cui viviamo; noi, noi siamo quei miserabili fortunati, che supplimmo all’insensata assenza dei primi. Ringraziamolo tanto il buon padre di tanto favore, che, non badando alle nostre miserie — miserie di mente, di cuore, d’educazione — ci vuole con lui alla sua stessa mensa. Non siamo mai degli ingrati, e se osserviamo che ancor v’è spazio non opponiamoci ai ministri di lui, che costringono ancor gli altri ad entrare e sedere. Non gridiamo ai diritti della libertà. Non è libertà sedere nell’errore, non è libertà essere le vittime delle nostre passioni, dell’ambiente viziato. Non si ingiuria, non si offende dando all’occhio un’onda maggiore di luce, dando al cuore un più scelto amore... no, no: l’infuriare delle passioni, il turbinare delle morali tempeste è l’espressione della violenza, dell’oppressione interna: la luce del vero, il possesso del bene dà la calma e la tranquillità delle libere coscienze. B. R.

ITALICA GENS

Gli infortuni sul lavoro fra i nostri emigrati Il carattere che è venuto assumendo in questi ultimi anni la nostra emigrazione, formata quasi esclusivamente di lavoratori braccianti, e -le peculiari condizioni di alcuni paesi di immigrazione, che hanno preso un fortssimo svilupo industriale, -hanno suggerito a mano a mano nuovi provvedimenti e nuove forme, all’iniziativa pubblica e privata nell’opera di assistenza dei nostri emigrati. La deficiente legislazione sociale che- non è andata di pari passo coll’incremento industriale in taluni Stati, l’ostilità delle organizzazioni loCali di mestiere verso la nostra mano d’opera immigrata in taluni altri; in tutti la nulla ò scarsa conoscenza da parte dei nostri connazionali delle leggi, delle,consuetudini, della lingua del luogo ed altre condizioni diverse da Stato a Stato, hanno messo i nostri lavoratori in condizioni particolarmente disgraziate di fronte all’industria locale e in confronto colla mano d’opera indigena. Condizioni d’inferiorità che si fanno sentire in tutti i rapporti di lavoro che l’emi [p. 198 modifica]grato nostro ha nel paese d’immigrazione, e che si aggravano sinistramente nel caso d’infortunio. Poichè è ben noto che buona parte dei nostri emigrati si occupa all’estero in taluni generi di lavoro industriale in cui il numero degli infortuni è considerevole: basti rammentare i lavori delle miniere, quelli di costruzioni di linee ferroviarie, dell’edilizia, ecc. Ora la necessità di impedire o mitigare le tristi conseguenze di quello stato di cose, che rende più doloroso al nostro lavoratore emigrato la lontananza dalla patria, ha consigliato una nuova forma di assistenza, che mira a tutelare gli emigrati nostri in tutte le controversie dipendenti da rapporti di lavoro, da ripetizione di salari non pagati, da licenziamenti arbitrari, e segnatamente nelle controversie relative all’infortunio. Se una tale assistenza, che si volle chiamare assistenza legale, adattata alle condizioni economicogiuridiche dei diversi luoghi, è utile in tutti i paesi dove la nostra mano d’opera è ricercata o sfruttata, è di una urgente necessità in taluni Stati Americani specialmente, dove il freno delle leggi protettive dell’operaio si è fatto finora poco sentire e dove esiste un complesso di condizioni poco favorevoli al nostro lavoratore immigrato. Negli Stati Uniti La ragione per la quale proprio negli Stati Uniti più urgente provvedere alla forma di assistenze, della quale abbiamo ora delineato il compito, è ovvia. Ci troviamo di fronte a un paese nel quale, nonostante tutto l’immenso sviluppo industriale, la legislazione sociale è ancora allo stato rudimentale, rispetto a quella che si viene elaborando nella vecchia Europa. Questa assenza, o meglio questa imperfetta formazione di un diritto del lavoro, è dovuta, oltre che’ allo spirito individualista del paese, al fatto che le norme di simil genere di iniziativa appartengono ai singoli Stati, anzichè alla Confederazione. Poichè questo fa sì che i singoli Stati guardino sempre alla legislazione operaia come a un aggravio per le loro industrie, a una minaccia che farebbe emigrare le imprese negli Stati vicini, dotati di leggi più favorevoli alle imprese stesse: quindi un ostacolo allo sviluppo della legislazione operaia. Ecco, per esempio, due Stati della Confederazione dettare nell’importante materia concernente gli infortuni sul lavoro norme più che differenti, del tutto opposte fra loro. Il Parlamento dello Stato di Pennsylvania approva un emendamento della legge che vuole equiparati, per gli effetti dell’indennizzo per infortunio, ai cittadini dello Stato quelli di qualunque paese straniero. Il principio seguito è quello sancito dal Congresso di Basilea del 1904 (i): la legge da applicare è quella del luogo dell’impresa. (I) Il Congresso dell’Associazione internazionale per la protezione del lavoratori stabiliva il principio: rispetto ai diritti che spettano al lavoratore e ai suoi rappresentanti per le leggi d’assicurazione, non si deve far differenza di nazionalità, domicilio e soggiorno dell’operaio.

Invece nello Stato del Minnesota un progetto di legge recentissimo, fra l’altro impone, per gli operai di nazionalità estera, un trattamento diverso da quello da applicarsi agli operai di nazionalità americana; per modo che quelli verrebbero a ricevere il 25 % dell’indennità concessa a questi. E così sempre a proposito delle leggi, diverse quanti sono, si può dire, gli Stati, ci riesce interessante apprendere, sulla scorta di un esperto conoscitore degli Stati Uniti (a), già da noi citato su questo bollettino, che numerosi capitalisti hanno voluto traportare i loro impianti negli

essere più vicini ai luoghi di produzione del cotone, ma principalmente per evitare la legislazione sociale che si limita il lavoro delle donne e dei fanciulli; legislazione severa nel nord, quasi sconosciuta nel sud: anzi in qualche città meridionale si annunzia l’assenza di tali leggi appunto per attirare gli industriali. La legislazione operaia, oltre che essere abbandonata all’iniziativa dei singoli Stati, è deficiente sotto altri aspetti. Nella maggior parte delle miniere, delle officine, delle ferrovie, dove lavorano in così gran quantità i nostri italiani, i mezzi di prevenzione degli infortuni sono trascurati dagli industirali. I mezzi di sicurezza sono un aggravio per essi, mentre il lavoro umano, colla continua offerta di mano d’opera che si ha coll’immigrazione, costa per loro poco. Aggiungiamo a questo riguardo, come già avemmo altra volta a ricordare à proposito del Canadà, che l’infortunio dell’operaio sul lavoro nelle Americhe deve essere studiato anche nel campo agricolo, e non solo in quello industriale; dal qual punto di vista quasi esclusivamente considerato dalla scienza e dalle legislazioni europee. L’uso delle macchine applicato all’agricoltura negli Stati Americani ha accresciuto il numero e l’entità degli infortuni in questa professione. Tali infortuni si attribuiscono altre alla maggior inesperienza che ha in generale l’agricoltore nel maneggio delle macchine in confronto degli operai delle industrie meccaniche, anche al fatto osservato dai tecnici che le macchine agricole sono in generale meno ancora provviste di apparecchi di sicurezza, che non quelle delle altre industrie. Comunque c’è ancora un motivo che spiega la relativa frequenza di questi infortuni agricoli, e che ha speciale importanza per i paesi che esaminiamo; esso si riconnette al fatto che l’agricoltore che va a dissodare e coltivare la terra, spesso proviene da altre professioni, di modo che la sua inesperienza aggrava il numero di questi rischi professionali. Stati Uniti del Sud, non solo per

La Giustizia Americana Essendo quasi nulli questi apparecchi preventivi, il numero degli infortuni che tutti gli anni vengono a decimare le vite dei lavoratori è impressionante; (I) L. Villari - Gli Stati Uniti d’America e l’emigrazione — Milano 1912. [p. 199 modifica]mancano a questo riguardo statistiche precise, ma si può per approssimazione calcolare che gli infortuni più o meno gravi non sieno meno di un milione all’anno, di cui parecchie migliaia sono fatali: il Villari li fa salire a una cifra di gran lunga superiore. Ricordiamo i tre più recenti disastri avvenuti nelle miniere americane, quello di Cherry, Illinois, in cui furono soffocate oltre 26o persone, fra cui 64 italiani, scese al lavoro; quello di Monongah, West Virgina, in cui perivano 362 uomini, quello di Darr in Pennsylvania in cui perivano 238 minatori. Ma chi può attestare degli infortuni che avvengono nei più remoti campi di lavoro, dove gli impresari hanno tutto l’interesse ad abbuiare le cose, e dove gli stessi compagni di lavoro, per sottrarsi alle noie della giustizia ed alle rappresaglie degli appaltatori, sono conniventi? Comunque.gli italiani, • che ingrossano sopratutto le file degli unskilled laborers, danno un forte contingente al numero delle vittime dell’infortunio: a New York, dove possiamo avere statistiche attendibili, le vittime accertate degli infortuni tra i lavoratori italiani si possono far ascendere al 20, 25 % circa (i). Se i nostri emigranti si trovano esposti a molti pericoli per la Idro vita per la nessuna o poca cura preventiva degli imprenditori, maggiore diventa ancora a loro riguardo l’abbandono, dopo che l’infortunio è accaduto. In buona parte degli Stati Americani sono ancora in vigore in questa materia i principii del diritto comune in materia di responsabilità; l’imprenditore non paga l’indennizzo, se l’operaio (o, se la disgrazia è fatale,. il suo erede), non dimostra che l’infortunio è avvenuto pér colpa dell’imprenditore. (Continua). ( i) Cfr. in proposito La strage industriale, di Amy Bernardy nella Rivista Coloniale, 1952, n. 5.

Dopo un lungo soffrire che coronava una vita intessuta di pietà e di opere buone, è spirata a Calò la Nobildonna

ANGIOLINA FRIGERIO ORTI MAllA Costretta, negli ultimi tempi, a quasi assoluta immobilità, si espandeva nel bene, e si può dire che la sua mano giungeva sempre pietosa nelle opere promosse dal Buon Cuore. Sensibile, affettuosa, s’interessava maternamente a tutti i casi pietosi da noi raccomandati e avrebbe voluto poter disporre di sacchi d’oro per soccorrere largamente ogni miseria. Che anima veramente nobile! Noi la ricorderemo sempre con affetto devoto. C.

AVVISO INVITO Il valente oratore Can. Agostino Crocetti, già predicatore ascoltatissimo della Quaresima a S. Fedele, Domenica 22 corr. alle ore.17 (y pom.) terrà una assai interessante conferenza nella monumentale chiesa di San Gregorio - a favore delle " Opere di Carità „ erette nell’area dell’antico Cimitero. L’ingresso è libero e tutti sono invitati ad intervenirvi. rL Col.arr.A.’1"0. Alla Chiesa di S. Gregorio si accede coi tram di Via Settembrini e di P. Venezia-Loreto, scendendo in Via S.’ Gregorio.

Si raccomandano vivamente le opere complessive e grandiose dette di San Gregorio, opere a un tempo di fede, di civiltà, di carità, di patriottismo, iniziate dal benemerito Monsignor Luigi Casanova, e proseguite con zelo indefesso e intelligente dal suo successore Don Ettore Bellani e da’ suoi compagni.