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IL BUON CUORE 197


naccia d’escludere per sempre quelli, che se ne erano resi indegni, ci dice espressa nella parabola la volontà salvifica di Dio. Questo è il preciso volere o programma di lassù: vuol che tutti gli uomini si facciano salvi, che tutti abbiano ad arrivare al possesso della verità. A questo scopo — nobilissimo, eccezionale — egli ha imbandito una grande cena, degna di un più alto e singolare intelletto come facile ed accessibile alle menti più comuni e volgari: per questo ha dato cibo al cuore umano ogni più generoso ardire verso la perfezione, ogni più forte amore in purissimi ideali, ogni Maggior forza nei sacramenti, negli esempi del suo divin aglio, nei confronti dei Santi. Grande convito celeste, al quale sono invitati gli amici — il popolo di Dio in prima, gli Ebrei, donde trasse origine Gesù — poi esteso ai popoli pagani, infine a noi, che davvero eravamo sperduti lungo le vie e le piazze. Ma la storia ci dice come gli Ebrei furono esclusi. Non conobbero la luce: rifiutando l’ossequio, crocifissero Gesù; dal seno del loro popolo cacciarono i banditori del verbo nuovo; cocciuti, videro distrutto il tempio, l’altare, la patria, ostinandosi nel negare l’adempimento delle promesse dei patriarchi, del popolo stesso. E di noi?

Dai rifiuti di quel popolo venne la nostra salute. Noi abbiamo occupato il loro luogo ed onore, che troppo grande, sceltissimo onore è sedere commensale a Dio stesso. Da quel banchetto scese ’su di noi la forza del progresso morale e civile, da quella mensa i popoli si alzarono trasnaturati. Ma ciò che i popoli fecero, non fecero tutti gli individui Fra dì mezzo’ al popolo cristiano v’ha chi rifiuta il dono di Dio col pretesto della villa. Sono i pretesti dei comodi terreni, è la pigrizia, l’orrore della lotta, del sacrificio per il vero per il buono. Amano troppo, troppo il comodo presente e rifuggono dal volere o pensare alla vita combattuta, agitata. Si sono creati una specie di;beatitudine quaggiù, tutt’affatto egoistica e mondana e se Dio ce li lasciasse qui, qui troverebbero e farebbero il loro paradiso. Anime infingarde! Altri pretesta l’amor delle cose terrene. Cinque paia di buoi. Devono laorare, rendere, fruttificare. Per questo si tralascia, si trascura, o si rimanda ad un assai problematico riposo o domani il pensiero delle cose migliori. Pospongono l’inferiore al migliore. Si credono creati per le cose caduche, trascurano l’eterno. Rovesciano l’ordine delle cose. Ripugnano nella loro sordidezzal... La moglie stessa serve di pretesto a tenersi lontani dall’invito alla cena del buon signore. Osservate che l’amor della moglie è lecito, onesto, comandato e benedetto. Nell’amore alla sposa io non voglio vedere il... facile amor delle creature, del piacere. Su questo non cadrà mai l’approvazione o meglio la benedizione di Dìo. Ma anche questo be

nedetto amore non ci deve distogliere completamente dal... cielo. Dio li unisce per aiutarsi nella bisogna della salute eterna, per il miglior adempimento delle loro responsabilità, e chi esagerasse nell’amor della sposa e della famiglia si renderebbe come i primi parimente colpevole.

Vi sono introdotti alla cena i ciechi, gli storpi, i gobbi, etc. Siamo benissimo rappresentati. Siamo ciechi nella verità, siamo gli storpi nella morale, siamo noi i gobbi, che portiamo i pregiudizi dell’ambiente in cui viviamo; noi, noi siamo quei miserabili fortunati, che supplimmo all’insensata assenza dei primi. Ringraziamolo tanto il buon padre di tanto favore, che, non badando alle nostre miserie — miserie di mente, di cuore, d’educazione — ci vuole con lui alla sua stessa mensa. Non siamo mai degli ingrati, e se osserviamo che ancor v’è spazio non opponiamoci ai ministri di lui, che costringono ancor gli altri ad entrare e sedere. Non gridiamo ai diritti della libertà. Non è libertà sedere nell’errore, non è libertà essere le vittime delle nostre passioni, dell’ambiente viziato. Non si ingiuria, non si offende dando all’occhio un’onda maggiore di luce, dando al cuore un più scelto amore... no, no: l’infuriare delle passioni, il turbinare delle morali tempeste è l’espressione della violenza, dell’oppressione interna: la luce del vero, il possesso del bene dà la calma e la tranquillità delle libere coscienze. B. R.

ITALICA GENS

Gli infortuni sul lavoro fra i nostri emigrati Il carattere che è venuto assumendo in questi ultimi anni la nostra emigrazione, formata quasi esclusivamente di lavoratori braccianti, e -le peculiari condizioni di alcuni paesi di immigrazione, che hanno preso un fortssimo svilupo industriale, -hanno suggerito a mano a mano nuovi provvedimenti e nuove forme, all’iniziativa pubblica e privata nell’opera di assistenza dei nostri emigrati. La deficiente legislazione sociale che- non è andata di pari passo coll’incremento industriale in taluni Stati, l’ostilità delle organizzazioni loCali di mestiere verso la nostra mano d’opera immigrata in taluni altri; in tutti la nulla ò scarsa conoscenza da parte dei nostri connazionali delle leggi, delle,consuetudini, della lingua del luogo ed altre condizioni diverse da Stato a Stato, hanno messo i nostri lavoratori in condizioni particolarmente disgraziate di fronte all’industria locale e in confronto colla mano d’opera indigena. Condizioni d’inferiorità che si fanno sentire in tutti i rapporti di lavoro che l’emi