Il buon cuore - Anno XI, n. 28 - 13 luglio 1912/Religione

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Il buon cuore - Anno XI, n. 28 - 13 luglio 1912 Necrologio

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Vangelo della domenica settima dopo Pentecoste



Testo del Vangelo.

Uscendo il Signore Gesù co’ suoi Discepoli da Gerico, andò dietro a lui una gran turba di popolo. Quand’ecco che due ciechi, i quali stavano a sedere lungo la strada, avendo udito dire che passava Gesù, alzaron la voce, dicendo: Signore, figliuolo di David, abbi pietà di noi. Ma il popolo li sgridava perché tacessero. Eglino però più forte gridavano, dicendo: Signore, figliuol di Davide, abbi pietà di noi. E Gesù soffermossi, li chiamò e disse loro: che volete ch’io vi faccia? Signore, risposero essi, che si aprano gli occhi nostri. E Gesù, mosso a compassione di essi, toccò i loro occhi: e subito videro e lo seguitarono.

S. MATTEO, cap. 20.


Pensieri.

In un confronto fra la turba che lascia le comodità di Gerico per seguire Gesù, udirne la santa parola di vita ed osservare la potenza dell’opere, e i due ciechi, che tranquilli aspettano Cristo lunghesso la strada, si può ben trarre un’osservazione — comune se si vuole — ma assai pratica.

Quando si è sentito Gesù, quando se ne è gustata la dolcezza che da lui emana, e se n’è provata la soavità dell’opere, non è tanto facile staccarsi e sciogliersi da lui. Una folla, mista d’uomini e di donne, assuefatti ai comodi, ai vantaggi della città — lascia il luogo istesso di quei comodi, lascia le case proprie, le proprie abitudini — quasi seconda vita — i parenti, per seguire Gesù, da cui nulla possono sperare, giacchè — povero come Egli è — nulla di materiale vantaggio può dare, ma solo le parole del vero e la gran ’suggestione della carità e dell’amore. Eppur una forza misteriosa dietro li trae e li lega a Gesù, spezzando catene per uso e tempo saldissime.

Contrariamente i due ciechi non si muovono dalla strada. Là, sfruttando il via vai delle turbe, ci avevano passato la loro vita, grama e stentata: ci avevano fatto l’osso: la piccola elemosina soddisfaceva i loro minimi bisogni, quindi non si muovono: non sentono il bisogno di Cristo: non pregano di condurli.... al più grideranno quando Cristo passerà.... così buono, darà loro una maggior elemosina.

Oh! Cristo non è cercato, non è desiderato da chi vive lungo la strada dove è tanto passare di gente, di sesso, di condizione, età diversa.... La strada divaga, distrae, non dà modo di pensare alle proprie miserie, debolezze, bisogni, intenti come siamo ad osservare gli altri. La strada non è il luogo di raccoglimento, meditazione, ecc. Il vivere sulla strada è il vivere divagato, dissipato, è il luogo dell’anime frivole, leggere... è il luogo dove tutto si mette in vista per essere osservati, dove è impossibile la riflessione, dove è impossibile trovare Cristo, che suole darsi, manifestarsi, scoprirsi solo a coloro che lo cercano, che lo sentono, che lo sanno abitare non fra il tumulto delle passioni, ma nel chiuso del cuore, dello spirito: Non in commotione Dominus! disse il profeta.

Quando s’avvedono di Gesù — l’han loro suggerito gli amici, i buoni, coloro che già conoscevano Cristo — gridano a lui «...abbi pietà». Chiedono in genere pietà, forse l’elemosina.. sono così avviliti, che a lui dicono il solito grido, non sanno che cosa domandare mentre di tutto hanno bisogno.

Sì, il peccatore tante volte non chiede nulla. Sente il cumulo delle miserie: grida per le sofferenze del momento ma non osa.... non sa. Che stato terribile d’incoscienza, d’abbrutimento, di ben dura rassegnazione! La turba tenta farli tacere: il mondo, l’ambiente, i [p. 218 modifica]compagni di vizio, le passioni, i vizi, le ricchezze, il passato, tutto grida contro il peccatore che tenta avvicinarsi a Gesù: Disturba, essi dicono, disturba e perchè si lascino nel loro brago, impediscono ad una buona e generosa volontà, il santo e buon proponimento.

Ma no! come i due ciechi, coraggio! Gridate, gridate più forte della turba stupida che vi è d’attorno, gridate! il Figlio di Dio s’interessa di voi, vi ama, vi chiede — perchè lo abbiate a riconoscere — del vostro bisogno.

«Fate che gli occhi nostri vedano, abbiano la luce!» Grido santo! grido potente, grido sincero!

Santo! tale è il voler di Dio, sancito dalle sue leggi, confortato dai suoi esempi, aiutato dalla sua grazia.... Vult omnes homines salvos fieri et ad agnitio nemveritatis venire...

Potente! tale grido cercherà, inseguirà il vero attraverso ogni lotta, ogni sacrificio, anche col sangue. I martiri nostri ne sono la grandiosa schiera di testimonii all’amor della verità, della luce!...

Sincero! sì, solo allora saremo sinceri quando avremo la verità, la luce del cielo. Oggi regna la tenebre.... ogni delitto si compie in nome dell’errore; ai figli dell’errore, del preconcetto, del pregiudizio molto e molto si deve perdonare, ma che sarà mai quando l’uomo sarà libero, sarà nella luce, sarà nella verità?!

Se tanto può oggi l’umanità, che brancica nelle tenebre, che ha il piede avvinto dal peso dell’oscurità, le braccia impedite dall’errore, che sarà domani sotto l’impero della luce, sorretta dall’ala potente, sicura del vero? Mostrate Gesù Cristo!... L’uomo realizzerà — per quanto gli è possibile — la meta ideale: la perfezione del Padre che è nei cieli.

B. R.

“Noli me tangere....„

(Per la festività di Santa Maria Maddalena)

Riconoscente d’essere stata liberata dai sette demonii da cui era posseduta e malmenata (Luc., VIII, 2) Maria Maddalena1 si dedicò tutta al servizio di Gesù Cristo, assistendolo colle sue sostanze, servendolo, seguendolo ovunque nelle sue innumere peregrinazioni. Tre anni di un servizio esercitato con incomparabile fedeltà e devozione nelle più svariate e dure circostanze di tempi, di luoghi, di persone, quali ci risultano dal racconto evangelico, ponno anche da soli costituire un merito non indifferente da mettere all’attivo della Maddalena. Ma noi sappiamo che tanta devozione si intensificò, salì sempre più per ascensioni sublimi, a misura che i drammatici casi dell’adorato Maestro precipitavano verso la loro tragica soluzione, per culminare nella più eloquente e fervida espressione durante il triduo della sepoltura di Cristo.

In quel periodo di suprema desolazione, di vuoto terrificante, di orrende tenebre, di smarrimento e costernazione generale fra i discepoli e gli amici del Vinto, solo la Maddalena non è travolta dalla confusione e dalla paura; ella sola conserva il pieno dominio di sè; ella sola ha netta tutta la visione del presente, l’idea del dovere del momento, che poi in realtà ebbe a compire con una generosità ed un coraggio stupefacenti; lei riassume il lutto di tutti i seguaci di Gesù; il suo cuore sanguina e spasima anche per quelli che pur tanto buoni verso il Maestro, al momento sono intontiti dai fieri casi della Passione; ella piange le più ardenti e passionate lacrime; ella si asside di contro al sepolcro in cui è composto il corpo di Cristo e vi si indugia a custodia e compagnia e veglia e adorazione, esalando dal cuore sommerso in un pelago di dolore, tutta la sua amarezza, come l’altare dei sacrificii manda il fumo odoroso dell’olocausto che vi si consuma; ella non si stacca di là che per correre nella santa città a riferire o raccogliere nuove intorno a Gesù, o per comperare aromi per l’imbalsamazione; ma vi ritorna cento volte, perchè non trova requie se non accanto a quella tomba amata.

La mattina di Pasqua ella ha già preceduto l’altre pie donne nell’affannoso pellegrinaggio al sepolcro nuovo di proprietà di Giuseppe d’Arimatea; ha preceduto anche l’aurora. Giunta al suo posto di custodia e di compagnia del sovrano signore del suo cuore, si abbandona allo sfogo che le è più naturale e più dolce: al pianto; la pupilla nuotante nelle lagrime è rivolta al monumento che vede spalancato, e chinandosi alquanto vi figge dentro lo sguardo. Subito le si affaccia una visione di angeli che le chiedono ragione del suo pianto; e appena data risposta, nell’atto di volgersi indietro, ecco il redivivo Maestro che la chiama per nome: «Maria». Senza dubbio la Maddalena, in una istintiva e ben spontanea espansione, si inginocchiò ad adorarlo, le braccia aperte in atto di stringere le ginocchia di Gesù, in atto di abbassarsi al bacio dei piedi. Perchè il divino Risorto la previene, la trattiene da quegli atti dicendole: «Non mi toccare poichè non sono ancora salito al Padre mio».

Come? Gesù ha già fatto alla Maddalena l’insigne onore di apparire a lei prima che ad ogni altro (Marco, XVI, 9); ha permesso in una successiva visione di venir stretto e baciato ai piedi da Maria Maddalena e dall’altra Maria (Matteo, XXVIII, 1-9); otto giorni dopo, apparendo a Tomaso incredulo, lo invita a toccare la piaga sempre aperta del costato (Joan., XX, 27); e da ultimo, invita a constatare coll’esperienza del tatto tutti gli apostoli come Egli fosse il Maestro nella realtà, e non già un fantasma, un’allucinazione della spaventata fantasia (Luca, XXIV, 39), ed al primo apparire alla [p. 219 modifica] Maddalena con atteggiamento scontroso le vieta di toccarlo! Che significa tutto ciò? Rimprovero, incoerenza, misteriosa lezione compresa soltanto da chi la dava e da chi la riceveva, uno strano modo di ripagare la più fervida devozione rivelatasi, a dir vero, molto tardi in una vampata di così calda affettuosità, ma solo perchè mancarono prima d’allora le occasioni svegliatrici, quelle che provocano gli abbaglianti scintillii dei grandi caratteri?

Giacchè di spiegazioni di così enigmatica proibizione se ne recarono molte. Ci si vide un rimprovero. Di che? di non aver ravvisato subito nelle parvenze d’un giardiniere Gesù risorto? di non aver ricordato le dichiarazioni e promesse reiterate della Passione e della Risurrezione?

Anzitutto non fu nei costumi di Gesù risorto rimproverar chichessia, anche quando ce ne sarebbe stato ben forte motivo, come nel caso di S. Pietro; poi Gesù meglio d’ogni altro si fece ragione dell’enorme scompiglio che l’atroce sua fine aveva portato nelle menti di tutti; poi non fu Lui stesso a trasformarsi; a negare, come ai discepoli di Emmaus, il dono della fulminea percezione e del subito riconoscimento dell’essere suo, d’altronde così nuovo, giacchè tutti prima d’allora ignoravano lo stato dei risorti per sempre?

Piuttosto c’è a vedervi un trattamento privilegiato in favore della Maddalena, quello di venire assunta ad inaugurare il nuovo culto in spirito e verità. Mi spiego. Colla Risurrezione finiva in parte e coll’Ascensione finiva totalmente pei seguaci di Cristo, quella che possiam chiamare la religione dell’evidenza, per dar luogo alla religione fatta tutta di fede. La prima prova vien eseguita sulla Maddalena; subito interrotta, come più sopra si è detto, con una concessione indulgente all’antico programma dell’evidenza; prova che su più larga scala ebbe luogo nei quaranta giorni di vita risorta da Gesù trascorsi sulla terra, tutta un’alternativa di fede e di evidenza, con prevalenza di maggior durata alla vita di fede, certo per prepararne gradatamente a quest’ultima senza più altri conforti della vita d’evidenza riserbata da godere nel cielo.

Noli me tangere indicherebbe adunque il nuovo programma di religiosità dei seguaci di Cristo e della più spirituale delle forme di culto sacro, per cui nella vita presente si vegga, si abbia a constatare e credere per via di fede, non per la esperienza dei sensi. Indicherebbe dell’altro: che la fede della Maddalena non aveva bisogno di toccare per credere, ma solo l’affetto, per quanto puro, voleva un appagamento. E questo non fu permesso ad un’anima così innanzi nella perfezione, così illuminata; mentre S. Tommaso, la cui fede aveva bisogno di toccare per credere — non l’affetto cercava appagamento di sorta — fu invitato, forzato a toccare Gesù per crederlo presente nella realtà della carne risorta. E assieme ad una lezione di dura prova, si potrebbe anche riscontrarvi una lezione di moderazione nel fervore d’un affetto non abbastanza purificato quanto meritava il Corpo di Cristo trasfigurato nel bagno della morte e della risurrezione. Si vegga altressì una insinuazione che le primizie vanno riservate a Chi ne ha solo e prima d’ogni altro il diritto: al celeste Padre. Dopo che sulle carni verginali di Cristo si fosse posato il più casto e affettuoso e ardente bacio di un Padre che concentrava le sue delizie e compiacenze in tanto Figlio, anche i fratelli della terra avrebbero potuto toccare le immacolate membra di Gesù. Intanto quel Corpo restasse vergine di contatto umano.

Tanto più che urgeva fare ben altro e di maggior momento che abbandonarsi ad espansioni materiate per le quali veniva accordata una proroga della definitiva partenza dalla terra per parte di Gesù. Cioè, annunciare subito ai fratelli la avvenuta risurrezione, allo scopo di abbreviare il più possibile le loro angoscie.

Questa missione così onorifica e così delicata di annunciare alla Chiesa ufficiale, lei donna, lei stata schiava del peccato e di Satana, lei addetta ai più umili uffici del collegio apostolico, l’avvenimento essenziale della nuova Fede, finirà di delineare il nuovo ordine di cose inaugurato colle parole che ne saranno anche il motto riassuntivo «Noli me tangere»: vale a dire che i fedeli del Cristo quindi innanzi accolgano la buona Novella per il tramite della parola umana, spesso pronunciata dai più umili, e indirizzata, tramandata, attraverso le masse compatte del popolo, ai più dotti, ai più grandi, ai più forti, dal momento che Gesù apparve per prima ad una donna e ad una donna commise di evangelizzare la sua risurrezione ai capi della nascente Chiesa.

Qui è la glorificazione della penitenza, qui la paga magnifica, degna di Dio, di leali e affettuosi servigi, qui la rivincita della donna tenuta tanto tempo nella più ingiusta, brutale abiezione da chi non era nè più grande nè migliore di lei.

La Divina Misericordia

e la Maddalena del Vangelo.

L’egregio canonico don Pietro Gorla ha pubblicato su questo argomento uno splendido volume di oltre 600 pagine, che siamo lieti di presentare colle parole stesse dell’Autore, cioè colla sua prefazione:

«Con quali parole presentare al pubblico queste pagine che amerebbero tanto essere portate via nel silenzio delle anime, per farsi leggere nella intimità di una camera, dove si è soliti ritirarsi a pensare e a pregare, lontano da ogni voce del mondo, o nella solitudine di una campagna, quasi fossero tracce di religiose meditazioni?

«Sono certe note incominciate in matita sui margini del Vangelo, continuate poi durante un lungo viaggio dello spirito in compagnia dei Padri della nostra fede e dei Dottori della Chiesa, in mezzo alle grandezze della natura e agli spettacoli più belli della grazia, cantati dal loro genio e dal loro amore. Esse vorrebbero ritrarre almeno in qualche sua linea, il cuore più bello e più grande che sia mai esistito, il cuore del Figlio di Dio e di Maria, in cerca di una grande anima [p. 220 modifica]perduta, e far sentire le parole che Egli disse, in chiamarla, poichè sono tutte parole di perdono e di misericordia, di riabilitazione e di divina amicizia, a prova delle quali Egli recava dei fatti pieni di forza e di tenerezza impareggiabili, che terminavano col definirlo l’unico cuore capace di ricevere sopra di sè, le anime spezzate da un grande dolore, umiliate dalle loro debolezze e dalle loro vergogne, desiderose di respirare finalmente ancora la pace e gustare ancora il più degno amore che possa accendere un cuore, l’amore verace alla virtù.

«Dal fondo di questa via di Misericordia, fu veduta venire incontro a Gesù, la Penitenza creata e sorretta da Lui, vivificata dal suo Amore, dopo di aver compiuto la distruzione completa, inesorabile, di tutta la mondanità che le aveva contestato il cammino, come se tutta la viva storia di un indegno passato, fosse stata incendiata da un immenso fuoco, suscitato da un primo carbone di amore divino; e da quelle ceneri fu visto rinascere un cuore che la Penitenza si portò via con sè, un cuore fatto di purità elettissima, di grandezze, di delicate donazioni. Esso sarebbe parso venire tutto dal Cielo e per nulla dalle ceneri da cui era stato tratto, se dell’antico non avesse conservata una rimembranza incancellabile, per un suo tremare sempre di dolore cantando l’inno del divino amore, un gemere costante di lagrime da una ferita rimasta per sempre aperta.

«È da quella ferita, che ho raccolto come da un labbro sacro, queste parole: Io sono un cuore perdonato, che piango sempre e, piangendo, castamente, profondamente amo e adoro il Figlio di Dio fatto uomo, Divina Misericordia incarnata, che mi ha salvato, e dal mio bacio sopra i suoi piedi, mi ha elevato fino alle sublimi confidenze della divina amicizia, per amarmi e farsi amare da me, come giammai ho provato l’amore.

«Ecco ciò che si dice in queste note.

«Ci sono certe anime addolorate per antiche memorie di falli e umiliate in mezzo a tutta la stima di cui le copre il mondo, ignaro del loro passato; altre apparentemente festose, ma per chi le ascolta bene, con in fondo alla voce un singhiozzo sconsolato per la insazietà di tutte le provate vanità della terra; altre ancora, pure come angeli sebbene non inconscie della vita, ma tentate sempre, incantate quasi, da sirene venienti da tutti i mari; e finalmente alcune per la loro calma senza rimorsi, per la loro virtù senza agitazioni, per il loro senno, scelte da Dio a mettere pace e a far cantare i trionfi della Divina Misericordia nei cuori.

«Ecco perchè osai ordinare queste note e farne un volume, che depongo come sui gradini del suo naturale altare, sulla soglia di ogni casa dove stanno queste anime e quelle che loro somigliano. I pentiti vi leggano come Gesù benedetto li capisca e li voglia convertiti e santi, i tentati si arrestino dinanzi alla immensa sciagura a cui li invita la colpa, e la mano innocente e tranquilla, si stenda in una più grande pietà, in una inesauribile carità verso i vinti nella lotta della virtù, per sollevarli, a imitazione del loro dolce Signore, che ha voluto legare alla propria, la storia della Maddalena, per assicurare il mondo della verità di queste sue parole: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Milano - Basilica di S. Stefano
Gennaio - L’onomastico di Nostro Signore - 1912.

A questa bella pagina dell’egregio Autore, aggiungiamo la conclusione di una notevole recensione dovuta alla penna dell’amico nostro don Angelo Novelli:

«Il soggetto assunto, come ognuno può agevolmente pensarlo, è irto di difficoltà perchè come rendere con linguaggio umano le intime meraviglie di un cuore nell’ora in cui il mistero della grazia divina lo lavora dentro? L’autore ha presentito le difficoltà e le ha superate felicemente con un amore diligente al suo tema e con uno studio assiduo delle fonti evangeliche e dei più autorevoli commentatori: e l’uno e l’altro si rivelano in ogni pagina nella forma eletta e nel contenuto. Egli ama trascorrendo nel commentare qua e là le soste pensose e l’ampia volata lirica, che vi trasporta per i cieli azzurri del misticismo sano, ma, se osservate bene, non vagola a capriccio, ha l’occhio al suo punto di partenza inciso dalla lettera del testo sacro ed al suo punto di arrivo in una dottrina sicura e bella. Anche là dove la commozione del sentimento gli fa levare l’accento, ed avresti il dubbio ch’egli si abbandoni nell’immaginare ad inseguire forme di bellezza vaghe e peregrine che l’entusiasmo crea nella sua anima sensibilissima, è facile persuadersi invece a quale dura disciplina egli abbia sottoposta la frase sgorgatagli improvvisa dall’anima e con quanta onestà egli abbia voluto sempre armonizzare il suo al pensiero autorevole dei grandi maestri. Il componimento suo per questo appunto ha una freschezza di originalità personale e virtù emotiva ed insieme quella veneranda austerità, che possiedono le dottrine antiche».

  1. La Maddalena storica, non quella risultante di tre personalità ben distinte nel Vangelo, cioè, anche della donna peccatrice e famosa nella sua città, della sorella di Lazzaro. Questo confusionismo tradizionale e comune, e comodo, sarebbe subito chiarito se si volesse leggeie un po’ meglio, come hanno fatto due autorità irrecusabili: Bossuet nelle sue Méditations sur l’Evangile, pp. 88, e Newman nei suoi Parochi al Sermons, Vol. II, pp. 275 e Vol. IV, pp. 100.