Il buon cuore - Anno X, n. 48 - 25 novembre 1911/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Beneficenza Religione

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La Tripolitania e la Cirenaica


(Continuazione e fine).


Tasse innumerevoli.

Le tasse governative che gravano sul vilayet di Tripoli sono le seguenti: tassa di vergù, tassa sul bollo e peso dell’argento e dei metalli preziosi, decime sui prodotti del suolo, tassa sulla vendita di immobili, sulle successioni e sugli atti notarili, tassa fondiaria, tassa sulla vendita, proventi vari. La costituzione, rendendo obbligatorio il servizio militare per ogni ottomano, ha fatto abolire la tassa di esenzione dal servizio militare, la quale, tuttavia, in Tripolitania e in Cirenaica non aveva mai dato complessivamente più di 15-20 mila franchi all’anno.

La tassa di vergù è la più importante per l’erario. Anticamente essa si divideva in tassa di famiglia, sul bestiame (cammelli, vacche o tori, pecore e capre, rimanendo esenti asini, cavalli e muli), sulle palme, sui pozzi; a cominciare dall’anno finanziario 1902-1903 il vergù venne trasformato in una tassa unica. In base a questa tassa ogni uomo adulto paga, per tassa di famiglia, 25 piastre (la piastra equivale e franchi 0,22-1/2), ogni cammello 25 piastre, ogni vacca o toro 17 1/2, ogni pecora e capra 3 1/2, ogni albero di palma 1 1/2, ogni pozzo situato in campagna 15 piastre all’anno. Il vergù non può tuttavia mai venire riscosso interamente per le difficoltà che sorgono per la sua esazione per tre cause principali: 1) per la quasi impossibilità di costringere le tribù nomadi a pagare questi diritti, anche per la loro opposizione a sottomettervisi; 2) per la siccità; 3) per le epizoozie. Per il vergù esiste un elenco nominativo che per anni ed anni non è mai riveduto. Tuttavia il debitore inscritto deve pagare anche se caduto nella miseria. Questa tassa dà un gettito annuo di qualche milione, di cui una parte sola resta a beneficio del paese.

La tassa sul bollo e peso dell’argento e dei metalli preziosi obbliga al pagamento per il marchio sull’argento di 16 parà (una piastra è divisa in quaranta parà) per oncia, e per il peso 8 parà per oncia. La medesima tassa è applicata per l’oro, prendendo però ad unità di peso il metkal (rappresentato da dramme 2 1/2 ed equivalente a kg. 0.018: il metkal si suddivide a sua volta in 24 parti, chiamate harruba) invece dell’oncia.

La tassa delle decime, essendo applicata sui prodotti del suolo, varia continuamente. Riguardo ai cereali, in Tripolitania è considerata annata di raccolto eccezionale quando essi ascendono al 750 mila ettolitri, si dice buona quando raggiunge il mezzo milione di ettolitri e disastrosa quando questa cifra è assai minore. La decima sui cereali viene pagata in natura, quella sull’olio in valuta monetaria, quella sullo sparto (1) la quale è raccolta dal governo stesso, raggiunge i 50 parà ogni cantaro (il cantaro in uso nel paese e di 40 oke, cioè di kg. 61.280: l’oka è uguale a kg. 1.282). Queste tasse non sono in vero nè eque, nè convenienti, considerando che l’agricoltura dovrebbe essere libera in un paese come la Tripolitania, il quale ha bisogno assoluto di progredire; d’altra parte, l’agricoltura insieme al traffico carovaniero, dovrebbe costituire la base della redenzione economica e sociale della regione intera. La cosa è tanto più grave quando si pensa che nella pianura fertilissima attorno a Tripoli, abitata a preferenza dai turchi dominatori, i beni appartengono in gran parte alle moschee, ai monasteri e ai personaggi religiosi e sono esenti dalle imposte. Le decime danno un gettito annuale di circa un milione di franchi.

La tassa sulla vendita di stabili, sulle successioni e sugli atti notarili è la seguente. Riguardo ai pagamenti delle successioni dei minorenni è competente il cadì la tassa da applicarsi è del 2.50 per cento. Riguardo alla cessione dei beni stabili è competente l’ufficio del Defuer Hakane, che distende e roga gli atti relativi alla compra e vendita dei beni stabili; la tassa da pagare per queste operazioni è dell’1.50 per cento.

La tassa fondiaria comprende la tassa sugli stabili sui terreni ed è del 10 per cento su quelli che si [p. 380 modifica]danno in affitto, e del 5 per cento o dell’8 per cento su quelli abitati o tenuti dal proprietario, secondo che il valore dei medesimi è inferiore o superiore alle 20 mila piastre. Su questa tassa grava pure un diritto del 5 per cento a favore dell’istruzione pubblica, ed un’altra del 6 per cento a favore delle forniture militari. La tassa sui terreni demaniali che si acquistano dai privati viene stabilita volta per volta. Un testo della legge fondiaria non esiste; per tradizione si ricorre ad una consuetudine, che ha forza di legge, ricavata dal Corano, l’interpretazione e la applicazione della quale è fatta dal cadi. Se un musulmano, suddito turco, muore senza eredi, lasciando proprietà fondiarie, queste passano ai Vakuf o patrimonio religioso dell’impero. Questa legge fondiaria non si trova che manoscritta in pochissime copie.

I negozianti, i bottegai e gli artigiani sono costretti al pagamento del 3 per cento sulla rendita delle loro industrie; sono pure soggetti a questa tassa tutti gli stranieri residenti in Tripolilania che esercitano qualsiasi genere di commercio.

Oltre queste tasse, il governo imperiale ne ha una infinità di altre, che vanno a beneficio dello Stato (la provincia trae vantaggi irrisori da questo gettito di tasse spesso odiose per l’accertamento e la riscossione), e queste riguardano l’industria del lagbi o del liquido che si estrae dalla corteccia delle palme, che è gravata da un’imposta di circa 120 piastre per ogni albero destinato a tale produzione. Introiti meno considerevoli sono dati dal sale natrone (prodotto che serve alla manipolazione del tabacco) e dall’esportazione dei datteri che provengono dalle proprietà demaniali del Fezzan. Si hanno poi i redditi delle dogane, delle poste e dei telegrafi e delle capitanerie dei porti, i quali vengono spediti direttamente a Costantinopoli e non fanno parte del bilancio del vilayet. Altri redditi di amministrazioni autonome non governative sono quelli della amministra. zione del debito pubblico ottomano, della regia dei tabacchi, dell’amministrazione sanitaria e quarantenaria, dei beni di manomorta (vakuf), dell’amministrazione dei fari, dei proventi della legge sulla pesca e sulla caccia e cosi via. Secondo quello che si può sapere e contentandoci di riferirci ad un bilancio ormai vecchio, nel 1902, si sarebbe avuto un incasso complessivo, fra Tripolitania e Cirenaica, di franchi 5.628,412 e un’uscita per spese di amministrazione di fr. 3.963,359 con un attivo netto di franchi 1.665,053. Secondo la statistica del 5902, le spese per riscossioni, catasto, registro, ecc., sarebbero state di fr. 147,837; per gli stipendi ai funzionari civili, giudiziari, finanziari fr. 729,541; per gli atipendi e spese militari fr. 2.640,300; per spese varie (istruzione pubblica 33,007, sovvenzione ai disoccupati 79,773, sanitarie 278, informazioni 16,704, indennità 703, ecc.) franchi 143,897. Il resto va considerato in spese varie.

A. Baldacci.




Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.



  1. Specie di paglia.