Il buon cuore - Anno X, n. 31 - 29 luglio 1911/Religione

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Vangelo della ottava domenica dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

In quel tempo andavano accostandosi a Gesù dei pubblicani e dei peccatori per udirlo. E i Farisei e gli Scribi ne mormoravano dicendo: Costui si addomestica coi peccatori, e mangia con essi. Ed egli propose loro questa parabola, e disse: Chi è tra di voi che avendo cento pecore, e avendole smarrita una, non lasci nel deserto le altre novantanove, e non vada a cercare quella che si è smarrita, fino a tanto che la trovi! E trovatala se la pone sulle spalle allegramente e tornato a casa chiama gli amici e i vicini dicendo loro: Rallegratevi meco, perchè ho trovato la mia pecorella che si è smarrita? Vi dico, che nello stesso modo si farà più festa in cielo per un peccatore che fa penitenza che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Ovvero qual’è quella donna, la quale avendo dieci dramme, perdutone una, non accenda la lucerna e non iscopi la casa, e non cerchi diligentemente fino a che l’abbia trovata? E trovatala, chiama le amiche e le vicine dicendo: Rallegratevi meco, perchè ho trovata la dramma perduta. Così vi dico, faranno festa gli angeli di Dio per un peccatore che faccia penitenza.

S. LUCA, Cap. 14.


Pensieri.

Ci si ripresenta da meditare la dolce parabola del Buon Pastore, così cara alla pietà cristiana, così ricca di conforto per i peccatori, per tutti adunque.

Guai a noi, se perdessimo la coscienza della nostra miseria morale, se non sentissimo dentro risonare, con parola arcana, la esperienza di colpa che geme nel grido dei Salmi: la mia madre mi concepì nel peccato, e il mio delitto è sopra di me sempre.

Se questo sentimento fosse più vivo e più viva la finezza di comprensione del male, non sarebbe così difficile trovare la umiltà vera, profonda, e la vita, la pietà di tanti cristiani sarebber più serie e più degne.

Sebben peccatori ed indegni a volte noi dobbiamo, vivendo in società, assumere funzione di pastori: genitori, sacerdoti, maestri, ognuno che abbia autorità è, spesso, chiamato ad occuparsi di chi vacilla, di chi cade, di chi è caduto.

Come esercitiamo noi la nostra funzione pastorale?

Oh, quante deficienze di pazienza, di attesa amorosa, di compatimento, di carità!

Quante volte l’accusa di un colpevole, invece di commoverci, ci ha eccitato all’ira, alla rampogna!

Quante volte abbiam dimenticato il trave nell’occhio nostro e abbiamo inveito contro il fuscello nell’occhio del nostro prossimo!

E non abbiamo pensato alle conseguenze della nostra condotta: come un atto duro, uno sdegno amaro possono essere spinta verso nuovo male! [p. 243 modifica]

Gesù scandalizzava con la sua ineffabile carità gli zelanti di Palestina: dopo 2000 anni di cristianesimo, la società nostra è molto dissimile da quella dei contemporanei di Cristo? Non vediamo, ancora oggi, biasimati coloro, i migliori e i più grandi, che nella loro sovrana carità aprono il cuore a ogni dolore, a ogni male, che ogni stato d’animo sanno comprendere e compatire?

L’esempio di Gesù non basta a snebbiare la mente di tante persone pie: il martirio del Gtusto e del Santo non ammonisce, non trattiene troppi dei moderni Farisei. È terribile!

Il Vangelo ci ha conservato espressioni tenerissime dell’amore di Gesù per Gerusalemme e ha mantenuto il ricordo del suo pianto sull’immemore e ingrata città; i discepoli veraci di Cristo piangono ancora oggi le stesse sue lacrime angosciate... e beate le anime che di questi eletti posson raccogliere le parole e conservarla nel cuore.

Lo scandalo degli accecati non ci trattenga dal seguire le tracce del Maestro. Sull’esempio del Buon Pastore curiamo con trepido amore ogni pecora sperduta sulla quale ci possiamo incontrare; ricordiamo che a noi, così miseri e bisognosi di misericordia, altro non s’addice che un contegno misericordioso; ricordiamo che il male non si vince che con il bene e che solo molto amando si possono conquistare anime al Padre celeste.