Il buon cuore - Anno IX, n. 31 - 30 luglio 1910/Beneficenza

Beneficenza

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Il buon cuore - Anno IX, n. 31 - 30 luglio 1910 Educazione ed Istruzione

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In memoria di S. E. Mons. G. B. SCALABRINI


Dall’organo dell’ITALICA GENS


Il 1º giugno scorso si è compiuto il primo lustro dalla morte di S. E. mons. Giov. Battista Scalabrini, l’illustre vescovo che con slancio ammirabile di amore alla sua fede ed alla sua patria, consacrò la vita al bene degli Italiani emigrati.

Non sapremmo meglio adempiere il doveroso compito di richiamarne ed onorarne in questa occasione la memoria, che facendo rivivere il suo illuminato pensiero che fu fecondo di tante opere provvide ed è tuttora guida preziosa nella soluzione del nostro problema emigratorio.

Pubblichiamo qui alcuni brani di una Conferenza che Egli pronunciò in Torino nel 1898 per invito dell’Associazione Nazionale per i Missionari Italiani dinanzi ad un uditorio commosso e plaudente in occasione della celebre Esposizione delle Missioni.

Signore e Signori,

Visitando la vostra bella Esposizione io mi soffermai con particolare compiacenza nella Sezione dell’Italia all’estero, ammirai i lavori delle scuole e i prodotti delle industrie dei nostri connazionali stabiliti nelle diverse parti del mondo, e meco stesso mi rallegrai del loro progresso morale ed economico, e più del sentimento che li mosse a partecipare alla nobile gara del lavoro indetta dalla madre patria.

Io vorrei, o signori, che questo fatto non passasse quasi inosservato, come un episodio comune della nostra vita industriale, ma che valesse a richiamare l’attenzione de’ governanti e delle classi dirigenti su quello appunto che io chiamo ″l’Italia all’estero″. Essa è andata formandosi a poco a poco, quasi nel completo abbandono della patria, ed ha saputo, in paesi stranieri, acquistarsi una posizione economica e morale distinta, e diventare uno dei fatti più importanti della presente vita italiana; importante pel numero de’ cittadini che la compongono, pei quesiti religiosi e sociali che involge, pel malessere economico che la produce, pei commerci e le industrie e le istituzioni scolastiche di previdenza che seppe attivare, per le correnti di simpatia o di antipatia che può attirare su di se stessa e sul nostro Paese. Dalle statistiche ufficiali e più da un pregevole studio Colonie ed emigrazione pubblicato dal Ministero degli Esteri, tolgo i dati che confermano queste mie affermazioni.

Gl’italiani che vivono all’estero sparsi nel mondo, nelle varie città del Mediterraneo, del Sud o del Nord della lontana Austrialia, negli arsi campi africani, come nelle praterie sterminate della Pampa e degli Stati Uniti, sono circa tre milioni. E questo immenso esercito di lavoratori è alimentato di anno in anno da una grossa corrente migratoria che tocca i 400.000. Sono circa 200.000 gli emigranti temporanei, vero flusso e riflusso di viventi, che forniscono ai lavori internazionali una mano d’opera intelligente ed operosa e riportano in patria un sudato risparmio e la lode meritata: quasi altrettanti sono quelli che formano la emigrazione permanente, sospinti lontano dalla lotta per la vita, e passano per l’Oceano colla speranza di rapida fortuna, ma che finiscono nella gran maggioranza ad adagiarsi nel paese ospitale e a formare, se non per se stessi, pei loro figli, una patria nuova.

Sono più di 700 le Società di Mutuo soccorso, di previdenza e di beneficenza fondate dai nostri connazionali all’estero, con soci numerosissimi e grossi capitali risparmiati.

Sono circa 150 le scuole governative religiose e coloniali, frequentate da ben 30.000 alunni che imparano da maestri italiani la storia e la lingua del nostro Paese.

Queste cifre, o signori, non hanno bisogno di lungo [p. 242 modifica] commento. Esse ci dicono che cosa è la emigrazione italiana e che cosa potrebbe diventare, quando fosse ben diretta, aiutata e difesa, e costituiscono nel loro insieme un conforto, un rimprovero e un ammaestramento. Se noi faremo sì che questa lezione non vada perduta e che non finisca in una sterile querela, ma sia principio di un’azione razionale e pratica della madre patria verso i suoi figli lontani, noi avremo compiuta un’opera altamente meritoria.

Ed è per questo, o signori, che io di buon grado accettai l’invito fattomi dal valoroso e benemerito Comitato dell’Associazione Nazionale a favore dei Missionari cattolici italiani, di parlarvi dei bisogni della nostra emigrazione e dei doveri verso la stessa, persuaso che le mie parole piglieranno forza e autorità dalla città forte e tenace nei propositi in cui sono dette, e da voi, o signori, che con benevolenza così gentile mi ascoltate....

I.


La emigrazione, o signori, è legge di natura. Il mondo fisico come il mondo umano soggiaciono a questa forza arcana che agita e mescola, senza distruggere, gli elementi della vita, che trasporta gli organismi nati in un determinato punto e li dissemina per lo spazio, trasformandoli e perfezionandoli in modo da rinnovare in ogni istante i miracoli della creazione. Emigrano i semi sulle ali dei venti, emigrano le piante da continente a continente, portate dalle correnti delle acque, emigrano gli uccelli e gli animali, e, più di tutti, emigra l’uomo, ora in forma collettiva, ora in forma isolata, ma sempre strumento di quella Provvidenza che presiede agli umani destini e li guida, anche attraverso a catastrofi, verso la meta ultima, che è il perfezionamento dell’uomo sulla terra e la gloria di Dio ne’ cieli.

Questo ci dice la divina Rivelazione, questo c’insegnano la storia e la biologia moderna, ed è solo attingendo a questa triplice fonte di verità che potremo desumere le leggi regolatrici del fenomeno migratorio e stabilire i precetti di sapienza pratica che lo debbono disciplinare in tutta la sua ricca varietà di forme.

Essi ci dicono, che la emigrazione è un diritto naturale, inalienabile, che è una valvola di sicurezza sociale che ristabilisce l’equilibrio tra la ricchezza e la potenza produttiva di un popolo, che è fonte di benessere per chi va e per chi resta, sgravando il suolo di una popolazione soverchia e avvalorando la mano d’opera di chi resta; che può essere insomma un male individuale o nazionale, a seconda del modo e delle condizioni in cui si compie, ma che è quasi sempre un bene umano, poichè apre nuove vie ai commerci, facilita la diffusione dei trovati della scienza e delle industrie, fonde e perfeziona le civiltà e allarga il concetto di patria oltre i confini materiali, facendo patria dell’uomo il mondo.

(Continua).



Ricordatevi di comperare il 17.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che usci in questa settimana.