Il buon cuore - Anno IX, n. 24 - 11 giugno 1910/Religione

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Vangelo della domenica quarta dopo Pentecoste



Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù disse ai Farisei: Eravi un certo uomo ricco, il quale si vestiva di porpora e di bisso, faceva ogni giorno sontuosi banchetti; ed eravi un certo mendico, per nome Lazzaro, il quale pieno di piaghe, giaceva alla porta di lui, bramoso di satollarsi dei minuzzoli che cadevano dalla mensa del ricco, e niuno gliene dava; ma i cani andavano a leccargli le sue piaghe. Ora avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco, e fu sepolto nell’inferno. E alzando gli occhi suoi, essendo nei tormenti, vide da lungi Abramo, e Lazzaro nel suo seno, esclamò e disse: Padre Abramo, abbi misericordia di me, e manda Lazzaro che intinga la punta del suo dito nell’acqua per rinfrescare la mia lingua, imperocchè io sono tormentato in questa fiamma. E Abramo gli disse: Figliuolo, ricordati che tu hai ricevuto del bene nella tua vita, e Lazzaro similmente del male: adesso egli è consolato, e tu sei tormentato. E oltre tutto questo un grande abisso è posto tra noi e voi: onde chi vuol passare di qua a voi, nol può, nè da cotesto luogo tragittar fin qua. Egli gli disse: Io ti prego dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, imperocchè io ho cinque fratelli, perchè gli avverta di questo, acciocchè non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti. E Abramo gli disse: Eglino hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli. Ma disse egli: No, Padre Abramo, ma se alcuno morto anderà ad essi faranno penitenza. Ed egli gli disse: Se non ascoltano Mosè e i profeti, nemmeno se risuscitasse uno da morte, non crederanno.

S. LUCA, Cap. 16.


Pensieri.

C’era un ricco che vestiva porpora e lino finissimo e banchettava allegramente ogni dì, e c’era (bisogna notare tutti i particolari) un povero, chiamato Lazzaro, coperto di piaghe, che stava alla porta del ricco, chiedendo le bricciole che cadevano dalla mensa; ma nessuno glie ne dava e i cani venivano a leccargli le piaghe.

Qual’è il giudizio che con questa parabola Gesù ci stimola a dare?

Ecco la domanda del Maestro: E’ preferibile la condizione del povero, ma giusto, o quella del ricco, ma malvagio?

Nel Vangelo non è detto che il povero fosse giusto e il ricco malvagio; non è detto, ma è sottinteso.

Per comprendere il Vangelo bisogna giudicarlo non con i criteri nostri, ma con quelli del tempo; bisogna metterlo nel suo ambiente storico. Ora Gesù non conosce ricchezza buona, nel Vangelo non se ne parla. Allora povero era sinonimo di buono e ricco di malvagio. Ecco il perchè di quella frase: non entra ricco in Cielo!

Che rispondere alla domanda di Gesù?

I filosofi, gli stoici avrebber scelto la condizione del mendico.

Il povero virtuoso è felice, perchè possiede la verità e la giustizia; il ricco, senza di esse, è un miserabile straziato da rimorso.

Ma questa considerazione non induce un uomo a rinunziare ai beni reali per quelli ideali; un confronto fra questi beni d’ordine così diverso non ha efficacia.

Gesù non parla da filosofo e risponde così alla domanda: aspettate la fine. Muore Lazzaro ed è portato dagli angioli nel seno d’Abramo (in Paradiso); muore il ricco e va all’inferno.... C’è dunque un compenso nella vita futura.

Il povero, che soffre pene non meritate, avrà gioie eterne; il ricco, che gode piaceri immeritati, avrà eterne pene.

Gesù istituisce un paragone fra beni sensibili e così muove efficacemente la volontà.

Ma chi assicura della vita futura? È quello che dice l’Epulone ad Abramo.

Ho cinque fratelli nel mondo, illusi come me: lascia che Lazzaro vada ad essi e li tolga dal loro inganno. Ma Abramo risponde: Hanno Mosè e i profeti; se non credono ad essi non crederanno nemmeno a Lazzaro risorto.

L’uomo ha la testimonianza del futuro nell’esperienza, nell’esempio dei profeti, degli uomini di Dio, dei Santi, che, per i beni eterni, han calpestato ogni cosa terrena, han dato e danno, generosi e grandi, la vita del corpo e ciò che della vita corporea ha valore anche maggiore.

Qual’è il segreto della carità inesauribile, della umiltà ineffabile, della generosità magnanima dei Santi, qual’è?

È la fede loro, è il futuro per essi già attuoso, che essi esperimentano già!

Così essi passan quaggiù, araldi del cielo, messaggeri dello spirito. La loro vita è la nostra rivelazione! Quanto dobbiamo ad essi, che con la luce che irradia dalla loro virtù, ci attirano, ci invitano alla meditazione la quale ci strappa dalle parvenze caduche della felicità per mostrarci l’eterna! che con la loro parola vibrante e ricca d’esperienza interiore, ci comunicano quella vita che è la vita eterna!

Oh, i Santi, sono i veri grandi, i veri benefattori dell’uomo! inchiniamoci ad essi; essi solo continuano nel mondo l’opera salvatrice di Gesù!

L’Eucaristia e la Consacrazione degli Altari

Curiose pratiche della Chiesa medioevale


(Contintuazione, vedi n. 22).


Oltre a questi, parecchi altri esempi appaiono, che a mala pena si presterebbero a equivoci. Che, là dove tale uso vigeva, il S. Sacramento dovesse venir amministrato in taluni casi dopo morte, era quasi una inevitabile conseguenza; e, per quanto l’opinione della maggioranza più sana riprovasse il costume, ci doveano [p. 189 modifica]essere altri che l’approvavano. S. Grisostomo, è vero, chiede indignato se, quando Cristo disse, “Se non mangerete la mia Carne e berrete il mio Sangue non avrete la vita in voi„, parlava ai vivi o ai morti. Così anche, un Canone ripetuto più d’una volta dagli antichissimi Concilii, decide: “Noi abbiamo determinato che l’Eucaristia non dovesse venir data ai corpi dei defunti. Poichè da nostro Signore è stato detto — prendi e mangia — ma il corpo d’un morto non può nè prendere nè mangiare„. Nondimeno troviamo S. Gregorio che ne’ suoi Dialoghi narra senza l’ombra di condanna, un aneddoto intorno a S. Benedetto il fondatore del monachismo occidentale, che, in un’occasione pare raccomandasse di collocare il S. Sacramento sul petto di un morto. Un giovane monaco aveva lasciato il suo monastero e poi morì improvvisamente nel mondo. Il suo corpo non trovava riposo nella tomba, ma lo si vedeva sempre risospinto su a fior di terra. In questo punto S. Benedetto disse:

Andate e ponete con tutta riverenza quest’Ostia sul suo petto e così seppellitelo: la qual cosa come fu eseguita, il corpo restò tranquillo nel sepolcro.

Inoltre, un antico discorso, incluso fra quelli attribuiti a S. Agostino, e probabilmente edito da S. Cesario di Arles, sembra approvare direttamente la pratica di deporre il Corpo di Cristo insieme ai morti, dicendo l’autore:

Giustamente noi seppelliamo questa Vita (cioè, Cristo che è la Vita) nelle nostre tombe, affichè Egli possa vivificare la nostra morte e perchè noi possiamo risorgere con Lui dai morti.

Per non indugiarci senza bisogno su un punto che fu recentemente e pienamente illustrato dal Cardinale Rampolla ed altri, basterà notare che, conforme alla Vita di S. Basilio scritta dal pseudo-Anphilochius, il Santo, celebrata la Messa proprio avanti la sua morte, mise in disparte un terzo dell’Ostia consacrata perchè fosse seppellita con lui nella tomba; ancora, che S. Ulrico di Augsburg vissuto nel decimo secolo, fu sepolto con una pisside d’argento in cui era racchiuso “il Sangue del Signore„; e ultimamente, che una antica tavola sepolcrale trovata a Vix, porta l’iscrizione: Christus hie est (Cristo è qui).

Da tutto questo io non posso a meno di dedurne la conseguenza che, quando le reliquie di un martire erano tolte da un sepolcro, come lo furono spesso, e collocate in una “confessione„ sotto un altare al quale si dovea celebrar Messa, si riprodusse un seppellimento simbolico in cui, non solo si impiegarono le sacre unzioni e preziosi incensi, ma anche il Corpo di Cristo. L’obiezione che giustamente e propriamente si rizzava contro il seppellimento del S. Sacramento insieme ad un morto, mai sarebbe stata sentita all’istesso grado quando il seppellimento divenne soltanto simbolico, e quando l’Ostia sacra la si dovea racchiudere in luogo d’onore, sotto il medesimo altare su cui il Corpo di nostro Signore sarebbe ripetutamente immolato.

D’altronde, nessuna meraviglia se nel corso dei secoli il significato primitivo di questa deposizione della S. Eucaristia fu perduto di vista. Il costume, o piuttosto l’abuso che condusse ad una tale cerimonia, da un pezzo era dimenticato quando i Padri del Sinodo di Celchyth raccomandarono l’uso del S. Sacramento in termini che paiono insinuare un genere sopraeminente di reliquia. Naturalmente questa idea incontrò bastante favore, e prevalse il concetto che l’Ostia sacra era un sostituto di quei corpi o ceneri di martiri che di ragione doveano stare sotto la tavola dell’altare. Per altro verso è chiaro come all’occhio dei più dovesse sembrare indegno questo procedere; e tal pratica non fu cordialmente adottata in modo generale nelle Chiese. In Inghilterra, come abbiamo già detto, e forse anche in altri luoghi, gli altari venivano spesso consacrati e senza reliquie e senza il S. Sacramento, e in verità, nel caso di altari portatili questa pratica era quasi universale. Il numero delle tavole d’altare di questa terra, che si sappia conservino traccie dell’esistenza d’un sepolcreto e di sigillo, è straordinariamente piccolo; e quantunque ciò in parte lo si possa attribuire al fatto che tutto il ricettacolo delle reliquie — come nel ben noto caso di Roche Abbey — era chiuso nella struttura dell’altare, mentre la tavola dell’altare stesso stava sopra, ed essa pure agisse come coperchio, ancora ben picciol dubbio ci può essere che la difficoltà di avere reliquie autentiche fosse ritenuta come giustificazione della consacrazione della tavola solo con preci ed unzioni. Per quel tanto che l’uso inglese considerava il S. Sacramento come sorgente di consacrazione, l’autorità favorì l’impiego, non dell’Ostia sacra, ma di corporali logori in luogo di reliquie. Un canone dell’arcivescovo Stefano Langton del seguente tenore è incluso nel Provinciale di Lyndwode:

I corporali vecchi divenuti inservibili, siano, invece di reliquie riposti negli altari quando vengono consacrati, altrimenti dovranno bruciarsi in presenza dell’Arcidiacono.

(Continua).

OBERAMMERGAU

Una reliquia dei “MISTERI„1.


Oberammergau è un villaggio della Baviera distante cento chilometri circa da Monaco, in direzione di sud-ovest, e non conta più di 1500 anime. Chi ne osserva il panorama, in lontananza, non può sottrarsi all’impressione che danno certi paesi della Svizzera, comodamente adagiati in una conca amena, fra il verde di [p. 190 modifica]estese praterie, sullo sfondo di una montagna gigante. Trovandosi a 840 metri sul mare, il nostro paeselloAnton Lang nellEcce Homo. bavarese è indicatissimo come posto di stazione climatica; difatti l’affluenza che vi è straordinaria una volta ogni dieci anni, non manca mai ordinariamente perchè il nome di Oberammergau ha varcato ormai le frontiere e i forastieri vi si recano, come ad un santuario dei più conosciuti.

E quel che vi trovano è così caratteristico che vale realmente la pena di una visita.

Qui non grandi hôtels, i quali dopotutto, con la vita dispendiosa e lussuosa che li circonda, finirebbero col togliere al villaggio la poesia della semplicità e della quiete; in compenso un benessere, un’agiatezza generale degli abitanti che vivono una vita operosa fra le occupazioni della loro arte di abili intagliatori in legno: mentre le donne custodiscono la casa linda e pulita e vi preparano l’accoglienza propria di abitanti per i quali l’ospitalità è entrata nelle abitudini secolari.

Quivi ogni 10 anni, dalla metà del secolo XVII ad oggi, si rappresentano col concorso di tutta la popolazione, le famose Passionspiele o rappresentazioni dei Misteri della Passione di Gesù Cristo. Esse si ripetono da maggio a ottobre e occupano un’intera giornata.

Quanto più s’avvicina l’epoca delle decennali sacre rappresentazioni, cresce l’interesse del pubblico che non attende se non la conferma di ciò che la fama ha portato a conoscenza di tutti.

Ad Oberammergau, ha scritto un testimone oculare, per cinque anni si ricorda la rappresentazione passata; negli altri cinque fervono i preparativi per quella che si avvicina. Qualche cosa di simile avviene in tutti i paesi, anche i più lontani, donde indistintamente nella straordinaria occasione affluiscono numerosi i forastieri dall’Europa e dalle Americhe.

Nella Passione di Oberammergau è escluso quasi totalmente la truccatura; lo attestano coloro che assistettero agli spettacoli degli anni scorsi. E questo perchè i personaggi i quali vi agiscono non hanno bisogno di grandi trasformazioni esteriori della persona, così come allo svolgimento dell’azione portano le tendenze ed il trasporto di un misticismo naturale.

È noto difatti come il loro senso strettamente religioso sia tutto dedicato allo scioglimento di un voto fatto nel 1634: per questo è invalso tra di essi l’uso di portare i capelli alla nazarena e di coltivare la barba ciascuno secondo il tipo tradizionale del personaggio che deve rappresentare. Un interesse particolare si raccoglie su quelli che recitano le parti principali nel dramma, la difficoltà della scelta loro essendo naturalmente nella ricerca di tutte le qualità fisiche esteriori alle quali è affidato il compito di riprodurre il personaggio.

Come si svolgono le rappresentazioni della Passione ad Oberammergau? Noi possiamo ben dirlo, fidandoci delle descrizioni che ci sono già state fatte.

Intanto ricordiamo che esse vanno giustamente Il Teatro. [p. 191 modifica]considerate come reliquie dei Misteri medioevali, conservatesi presso varie nazioni e non soltanto in Italia. Nei primi tempi il Mistero veniva dato nella chiesa; ma presto ne uscì; così avvenne ad Oberammergau, dove fu costrutto un teatro apposito, capace ormai di non meno di 4000 posti, coperto con l’armatura costrutta in ferro e il tetto in legno. Il palcoscenico ha una struttura originale ed è composto di due parti distinte: la scena, coperta essa pure e che occupa il fondo della piattaforma, il proscenio che è invece tutto allo scoperto, destinato come campo d’azione per gli episodi più grandiosi e per gli spettacoli coreografici ai quali prendono parte masse di parecchie centinaia di persone.

Lo svolgimento dell’azione, che è difficile riassumere in poche parole, è quanto di più maestoso si possa immaginare. Vi prendono parte come nel teatro antico i protagonisti ed il coro. L’azione propriamente è affidata tutta agli attori; il coro è come l’interprete di essa presso il pubblico al quale si rivolge facendo vibrare la nota del sentimento, l’orchestra completa lo svolgimento artistico.

Nel dramma della Passione sono molti i richiami all’Antico Testamento, che si effettuano ad intervalli mediante quadri plastici. Quando si apre il sipario e si presenta uno di questi quadri, il coro ne tesse il commento, facendone rilevare il significato simbolico. Ma la visione del quadro è breve; poco dopo il sipario si chiude; il coro continua, mentre la scena viene sgombrata per lasciar libero il campo all’azione drammatica vera e propria. Il dramma consta del prologo e di diciassette atti, il soggetto dei quali è la Passione di Cristo con tutti gli episodi salienti dall’ingresso trionfale di Cristo in Gerusalemme alla Risurrezione.

Quando si pensa che nei cinque mesi di maggio, giugno, luglio, agosto e settembre la Passione saràIl Palco Scenico col Proscenio. eseguita dalle quaranta alle cinquanta volte, quando si calcola che ad ogni esecuzione il teatro, capace di 4000Incontro di Gesù colla Madre. spettatori, rigurgita, si rimane meravigliati che uno spettacolo alquanto primitivo nelle risorse, e che ha pure l’aspetto di essere un avanzo della vita medioevale, possa determinare questo immenso affluire di gente da tutte le parti del mondo civile.

In Italia l’interesse per queste rappresentazioni fu sempre inferiore a quello destato nelle altre nazioni civili del mondo. Ma pare che quest’anno la curiosità si estenda assai anche fra noi; e ne sono prova l’attività di tutte le Agenzie di viaggi e specialmente di quella Ufficiale del Comitato, la T. Cook e figli, nell’inviare spettatori ai Misteri, ed anche la preparazione di numerosi pellegrinaggi a Oberammergau da alcune città d’Italia e soprattutto da Milano.

Si tratta di uno spettacolo che ben merita tanto interessamento!

Chi desidera prendere parte ai pellegrinaggi che avranno luogo nei mesi di giugno, luglio ed agosto, per programmi, schiarimenti ed iscrizioni, rivolgersi al M. R. Can. Francesco Soldini — Canonica del Duomo di Milano (Via delle Ore, 2).

Note

  1. Le illustrazioni qui riprodotte sono tolte dal volume riccamente illustrato — Come d’Autunno — del sac. P. Stoppani. La descrizione che egli fa del «Mistero di Oberammergau» è di una verità descrittiva, che può servire benissimo di guida per chi volesse andare questo anno nello storico villaggio di Oberammergau ad assistere alle spettacolose rappresentazioni della Passione di Gesù Cristo. — Il volume si trova vendibile presso la Casa Editrice L. F. Cogliati, Corso P. Romana, 17, al prezzo di L. 4.