Il buon cuore - Anno IX, n. 24 - 11 giugno 1910/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno IX, n. 24 - 11 giugno 1910 Religione

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Una Chiesa che scompare

A proposito della chiusura della Chiesa di S. Maria Segreta, ci piace far conoscere ai lettori il saluto affettuoso e riverente che le bambine della «Dottrina Cristiana» rivolsero al loro buon Parroco, nella chiesa stessa, dopo la consueta spiegazione domenicale.

Abbiamo udito quelle parole affettuose e le riferiamo ai nostri buoni lettori come altra prova dell’alta e ben meritata considerazione in cui il M. Reverendo Parroco Don Luigi Odescalchi, è tenuto da coloro che lo avvicinano.

Reverendissimo sig. Proposto

«Per l’ultima volta siam qui riuniti alla “Dottrina Cristiana„. Avremmo tutti voluto non venisse mai questo giorno!.... È giunto e assecondiamo un bisogno del cuore rivolgendo quest’oggi, in questo luogo, una parola riconoscente a Lei, che della nostra Santa Maria Segreta, è la vita, l’anima!

«Dimentica di sè, tutta intesa a servire al Signore, avendo cura delle pecorelle a Lei affidate, Ella è passata, nella nostra Parrocchia beneficando. Dio solo sarà la mercede; sarà nostra la riconoscenza; nostro compito non lasciar infruttuoso tanti buon germi che il seminatore ha sparso nei cuori; e quel pugno di grano, gettato, diverrà un campo di spighe. Ella ha seminato: altri raccoglierà: ma il merito maggiore sta nell’inizio dell’opera.

«Tra poco, quando i colpi del piccone demolitore si ripercuoteranno, più che nell’orecchio, nel nostro cuore; quando, sotto i nostri occhi, vedremo abbattere queste mura, alle quali ci tiene uniti un sentimento puro e santo, rievocheremo con rammarico, è vero, le ore di pace trascorse in questo sacro asilo; ma ricorderemo, anche, le tante buone parole, i tanti ammaestramenti usciti dal labbro suo, e il buon seme germoglierà. Non ci perderemo in rimpianti sterili. I frequentatori della antica Santa Maria sapranno mantenersi fedeli alle vecchie tradizioni di soda pietà e di virtù Cristiana; sapranno sottomettersi docilmente alla volontà superiore di chi ha vedute ben più vaste di noi e godere del bene che il loro sacrificio procurerà ad altri fratelli.

«Questo, lo sappiamo, sarà il mezzo migliore per dimostrare la nostra gratitudine a Lei nostro buon Parroco e Padre: superato l’egoismo, seguendo l’esempio suo, tenderemo sempre al meglio: saliremo sempre pel sentiero della virtù (exelsior), sino alla vetta (usque act culmen!).

«Noi fanciulli abbiamo il dovere d’una parola tutta particolare, noi che siamo particolare oggetto delle premure del Reverendissimo signor Proposto. Egli non si stanca mai di ammaestrarci, di darci consigli, di richiamarci ai nostri doveri. E lo ricordano bene quanti hanno avuto la fortuna di fare quest’anno la Iª Comunione e la Cresima.

«Memori di quanto abbiamo udito dal suo labbro, faremo sempre il nostro dovere, sotto lo sguardo di Dio, anche quando nessuno ci potrà vedere; studieremo sempre e volontieri la “Dottrina Cristiana„ e pregheremo tanto la Madonna, ch’Ella ci ha insegnato ad amare, perchè la benedica e la compensi di tutto. Sarà questo il grazie che suonerà più dolce al suo orecchio; questo varrà forse a confortarla un poco nel triste momento del distacco!....

«Rievocando i dolci tempi della fanciullezza, richiameremo certamente l’immagine della bella Chiesa ricca di dorature, che ci accolse innocenti, ignari ancora di quanto ci serba il mondo; e le parole del nostro buon Padre le ricorderemo come un’eco lontano, sì, ma tale da ravvivare sempre in noi l’amore a Dio, al Dio buono della nostra antica Santa Maria Segreta!»

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Festa argentea a S. Bartolomeo

Da soli dieci anni è risorta la parrocchia di S. Bartolomeo, e si può anche dire che essa è risorta sui ruderi d’antica chiesa del millennio dalla venuta di Gesù Cristo, che sorgeva tra campi e ortaglie, tra una popolazione rurale. La ricostituzione parrocchiale è avvenuta con slancio spontaneo, con pensiero sereno, colla convinzione di armonizzare e appagare elette aspirazioni, di raccogliere anime sparse e facilitar loro l’adempimento delle pratiche spirituali. E i fatti hanno dato ragione agli iniziatori dell’intrapresa. A primo proposto della parrocchia di S. Bartolomeo, S. E. il cardinale Arcivescovo eleggeva, assecondando il voto sommessamente espresso dalla popolazione, il sac. don Giuseppe Beretta, il quale veniva però a trovarsi in una chiesa mancante perfino del battistero e degli arredi necessari. Ma quante e quali difficoltà si possono vincere per effetto di bontà e di simpatia!

Lo si è veduto domenica, alle feste celebrate per la messa d’argento del proposto di S. Bartolomeo.

La bella chiesa, opportunamente restaurata, fornita di bellissimi arredi e addobbata con gusto artistico, appariva come una cosa nuova. Con bell’armonia d’intendimenti, la Confraternita e i parrocchiani erano uniti per onorare il S. Cuore di Gesù e festeggiare l’amato pastore nella fausta ricorrenza del suo XXV di sacerdozio.

Sulla facciata della chiesa leggevasi la seguente epigrafe, dettata dal presidente della fabbriceria, — A. M. Cornelio: «Gloria a Gesù Eucaristico — benedizioni a don Giuseppe Beretta — primo proposto di questa parrocchia. — Nell’auspicato venticinquesimo di tuo sacerdozio — il clero i parrocchiani gli amici — nel pensiero soave di tue virtù — deponendo voti dinanzi all’altare — inneggiano unanimi alla tua bontà. — Per lunghi anni ti serbi Iddio — al santo ufficio a’ figli tuoi».

Offerte spontanee, presentate con cuore aperto, raggiungendo una somma cospicua, avevano messo la commissione dei festeggiamenti nella possibilità di offrire ricchi doni al festeggiato, il quale, però, intuendo a tempo i tiri che gli si preparavano, faceva comprendere il suo intimo desiderio di lasciar da parte la sua persona e di far convergere nobili sentimenti a nobili ed elevati obbiettivi.

Infatti i doni più ricchi si vedevano e si ammiravano all’altare: due arredi sacri usciti dalle mani abili e generose del cav. Eugenio Bellosio, cioè una ricchissima pisside e un ricchissimo calice, due oggetti — come disse S. E. mons. Mauri — veramente papali; un magnifico càmice, con pizzo d’inestimabile valore, eseguito da mani abilissime, e un bellissimo messale. A compimento dei doni, un’artistica pergamena, eseguita dal giovane prof. Giuseppe Dalla Vecchia, colla seguente epigrafe dettata dalla poetessa Myriam Cornelio Massa: «A don Giuseppe Beretta — nel XXV di sua assunzione all’altare. — Nella serena esultanza — di questa data felice — che dopo cinque lustri — rinnova al tuo cuore — le commoventi dolcezze di mistiche nozze — il clero i parrocchiani gli amici — in un pensiero solo — voti ed omaggi consacrano».

La messa ha avuto squisito accompagnamento di musica del Perosi, egregiamente interpretata dall’Orfeonica di S. Cecilia, sotto la direzione del distinto sacerdote don Fino. All’organo sedeva l’egregio maestro Eligio Mariani.

Eravamo in alto, estasiati da celesti armonie e commossi dalla serenità del celebrante, e in alto ci ha tenuti il rev. canonico Pietro Gorla colla sua alata parola, col suo eloquente discorso. Il celebrante veniva in seguito festeggiato in una riunione famigliare al tranquillo Hotel Manin, dove i brindisi si succedevano con parole improntate a verace affetto.

Dapprima il coadiutore don Attilio Mainini, a nome pure dei colleghi, con felice commento all’epigrafe apposta all’ingresso della Chiesa, constatava la veridicità dell’inno alla bontà del festeggiato. «È un elogio, che, se sgorgò tanto spontaneo da chi, pure laico, lo scrisse, è da noi, che viviamo sì vicini, ed in così intimi contatti con te, pienamente confermato, senza adulazioni striscianti».

In seguito prendeva la parola il sig. A. M. Cornelio, il quale affermava, nel pensiero degli assenti, più che dei presenti, quanto sentisse in cuore il desiderio di centinaja, di migliaia di anime affezionate, il desiderio di esprimere al mite, dolce e generoso Pastore, i propri sentimenti affettuosi di devozione e di riconoscenza. Tutti noi parrocchiani abbiamo pianto con te — così proseguiva il Cornelio — in momenti di sventura, e abbiamo avuto il tuo sorriso in momenti di gioja. La festa d’oggi ha avuto la caratteristica più ambita, quella della spontaneità: le adesioni sonò venute a noi per amor tuo, per simpatia, senza sollecitazione, e sono corona alle tue virtù.

Faceva poi il Cornelio rapidamente la storia della ricostituzione della parrocchia di S. Bartolomeo, effettuatasi senza gelosie, senza contrasti, senza amarezze, e, approfittando del momento opportuno, tra vivi applausi, inviava un reverente saluto a S. Em. il Cardinale Arcivescovo, sempre primo in ogni opera buona. Constatava quindi la dolce armonia del clero di S. Bartolomeo, completata, nella fausta occasione, dalla presenza significante del rev. don Rodolfo Dossi, proposto di S. Francesco. Ricordando poi alcuni assenti, ma presenti in ispirito, inviava un saluto e un augurio affettuoso al decano della Fabbriceria, il cav. Giuseppe Chierichetti, e al sig. Schnayder, priore della Confraternita. Facendo emergere colle benemerenze del cav. Chierichetti quelle dei colleghi conte Costanzo Castelbarco, rag. Enrico Vismara, nob. Giuseppe Giulini, e alludendo ai ricchi doni artistici presentati al festeggiato, disse: Abbiamo avuto un complice, che vorrebbe nascondersi nel suo nido della modestia: abita a Porta Vittoria, vicino al monumento delle Cinque Giornate: è il cavaliere.... (pardon!).... il cesellatore Eugenio Bellosio (applausi all’esimio artista presente). Anche una lapide abbiamo avuto per la fausta ricorrenza, e chi ha [p. 187 modifica]lapidato la Chiesa è il conte Giuseppe Castelbarco, il quale ha effettuato il felice pensiero di ricordare i morti e i vivi e di tramandare ai posteri care memorie».

Il Cornelio brindava poi alla salute di tutti i presenti e delle loro famiglie, rivolgendo una calda frase a due nobili giovani, che nel convegno rappresentavano l’avvenire e affermavano la loro stima ai sacerdoti amanti della religione e della patria.

Felicissime le frasi pronuciate dal reverendo proposto don Rodolfo Dossi, il quale constatava con soddisfazione come la ricostituzione della Parrocchia di S. Bartolomeo avvenisse senz’alcun contrasto per effetto della mite bontà del festeggiato.

Con finezza di sentimento, il rev. canonico Giuseppe Gorla, rispondendo a chi gli aveva fatto amichevole critica d’essersi tenuto sempre in alto nella glorificazione del sacerdozio di Cristo, senza discendere al sacerdote festeggiato, affermava d’aver avuto assoluta proibizione d’ogni parola soggettiva e d’aver compreso nel suo pensiero l’elogio dovuto al celebrante da tutti amato e stimato. E infatti la glorificazione del sacerdozio di Cristo non era forse l’elogio più bello per colui che aveva saputo così bene comprendere e compiere così nobilmente la sua nobile missione in mezzo a’ suoi parrocchiani?

Dopo alcune nobili parole del conte Giuseppe Castelbarco, a tutti rispose con profonda commozione il proposto festeggiato, protestando spiritosamente contro le bugie accumulate intorno al suo nome.

Terminati i brindisi, facevasi distribuire ai commensali un elegante cartoncino recante le due epigrafi dedicate al festeggiato e il sonetto di Myriam Cornelio Massa che qui riportiamo:

A Don GIUSEPPE BERETTA


Son cinque lustri! Sorridea l’eletto
Giorno che Ti votava a santa vita!
Ancor rammenti il sovrumano e schietto
Puro contento e la divina aita


Quando dischiuso al core giovinetto
Ed all’alma desiosa e sbigottita
Del Santuario le porte, a Te fu detto:
Ecco il Premio e il Dover: entra o Levita?


Se all'alta Fè che infiorò la santa
Missïone d'amor che Ti fu guida
L'anima Tua serenamente or canta


Qual vergin cetra, ed in Dio sol s'affida,
Lieta quest'ora che il ricordo ammanta
Perennemente al guardo Tuo sorrida!


La bella, serena, indimenticabile giornata, terminò con vesperi solenni, accompagnati da scelta musica di Palestrina, Gounod, Schinelli, E. Bossi, Mercanti, Ett e Bernabei.

Padrini del celebrante erano i due cugini Moneta e il rev. parroco di Lomagna.

Larga e cordiale la partecipazione dei parrocchiani, ed evidentemente rappresentate le nobili famiglie Melzi e Castelbarco. Conclusione significante: un avanzo non indifferente della somma raccolta, che dal proposto sarà erogato totalmente a favore della chiesa.

Alle Scuole delle Dame Orsoline



Un insolito movimento si notava martedì in via Parini, un movimento di signore con signorine e bambine che, bianco vestite, accorrevano in gran numero sorridenti alle Scuole delle Dame Orsoline per partecipare ad un trattenimento accademico in onore del Proposto D. Giuseppe Beretta, già festeggiato domenica per le sue nozze d’argento.

Numeroso e scelto l’uditorio, e magnifico il programma comprendente cori, declamazioni, quadri viventi, musica per pianoforte e anche per violino, esercitazioni ginnastiche e perfino una commemorazione di S. Carlo.

Il trattenimento riuscì assai interessante e tale da lasciare in tutti la migliore impressione sull’ambiente eminentemente educativo di quella casa benedetta, nella quale l’istruzione e l’educazione, la scienza e la religione, le lettere e le arti belle trovano perfetta, geniale armonia per merito di distinte cultrici.

A metà trattenimento, in mezzo ad una profusione di fiori, si presentarono magnifici doni al Prevosto festeggiato, il quale rimase commosso dall’improvvisata gentile ed eloquente.

Che finissimi lavori in ricamo e in pergamena!

Il rev. mons. Virgilio Civati portò belle note serene, illustrando col suo savoir-faire la figura di S. Carlo tra l’infanzia e la giovinezza.

Completiamo questo cenno con una menzione speciale per la signorina Romani, la quale si fece veramente ammirare coi suoni cavati dal suo violino.

INVOCAZIONE1

A te, Signor, fin da quest’ora algente
che pallida nel ciel spunta l’aurora
i miei sospir rivolgo. Deh, clemente,
la prece ascolta di chi umil t’implora.


Non ha la vita stabile dimora,
non è mai gaudio umano permanente:
tutto da noi s’invola immantinente,
sotto l’ala del tempo che divora.


Solo tu agli anni miei resti, gran Dio,
verace speme: in Te ogni mia s’acqueta
ardente brama e trova il cor riposo.


Scenda adunque la tua dolce e segreta
parola assiduamente al petto mio,
d’ogni piacere ornai schivo e ritroso.

Napoli, 5 febbraio 1886.

Francesco Macry Correale.

  1. Dai Canti dell’adolescenza di prossima pubblicazione, seconda edizione.