Il buon cuore - Anno IX, n. 10 - 5 marzo 1910/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

../Religione ../Società Amici del bene IncludiIntestazione 19 maggio 2022 100% Da definire

Religione Società Amici del bene

[p. 76 modifica]Educazione ed Istruzione


monumento

a

padre LUIGI MARIA VILLORESI

con ricordo speciale al di lui fratello D. Giosuè - a D. Ant. de-Ponti

e cooperatori

L’anno passato, quando già erano avviate le pratiche pel progettato monumento alle venerate memorie dei fratelli sacerdoti Villoresi, il Signore venne a toglierci altri distinti e benemeriti uomini, la scomparsa dei quali gettò in grave lutto il Collegio S. Giuseppe e tutti gli amici.

Il 3 febbraio rese il suo spirito a Dio il sacerdote don Luigi Cantù; in quello stesso mese, il giorno 19, il Signore chiamò a sè il venerando rettore del Collegio sac. don Antonio De-Ponti; a questi si ricongiunse poco dopo anche il sac. don Achille Varisco, del quale non si sa dire se più in lui fosse la scienza o la virtù che lo nascondeva agli occhi di tutti.

Avvenimenti sì dolorosi sospesero ogni pratica e furono invito a riflettere se non era il caso di studiare un monumento che, alla memoria dei Padri, associasse quella dei figli, come questi a quelli furono congiunti nel lavoro, nelle ansie, e nelle aspirazioni di bene.

Tale pensiero era già nella mente di tutti e bastò un semplice accenno perchè avesse l’approvazione spontanea ed unanime dei sottoscritti, degli amici, degli ammiratori dei benemeriti estinti e dei cittadini monzesi che ne conobbero e ne apprezzarono le virtù.

Allora i sottoscritti si costituirono in Commissione Esecutiva, modificarono il progetto, lo proposero allo studio dei tecnici e si decise di erigere un monumento [p. 77 modifica]in bronzo da collocarsi nel giardino esterno del Collegio S. Giuseppe. — Il monumento misura complessivamente l’altezza di m. sette; sul basamento due medaglioni in bronzo ritrarranno l’effigie di don Giosuè Villoresi, e di don Antonio De-Ponti, una iscrizione ricorderà i nomi dei benemeriti cooperatori. — Il preventivo di spesa è di L. 17,000.

Non ci sorprenda nè ci spaventi la spesa. Il monumento in progetto risponde ad un bisogno del cuore; è una manifestazione irresistibile di stima, di affetto, di venerazione a persone altamente benemerite del clero, della società, di Monza in particolare. Basta il nome degli uomini che vogliamo onorare per invogliarci a realizzare il progettato monumento e quindi a dare il nostro concorso generoso, come generale e grande è il sentimento di riconoscenza che nutriamo verso gli illustri e benemeriti estinti. — Mentre rendiamo loro giusto tributo di filiale devozione, vogliamo che il monumento resti non solo ricordo soave dei Padri nostri, ma indice e norma di carità prudente, di umiltà cristiana da loro seguite nel compimento di loro missione.

La prima sottoscrizione aperta sulla fine del 1907 fruttò la somma di L. 3630. Nel marzo 1908 si dava relazione della prima sottoscrizione e se ne promuoveva una seconda, la quale pure dava una somma di L. 4627. Coll’ammontare degli interessi si ha ora una somma totale di L. 8701.

Siamo dunque a buon punto. Ora tocca a noi ad affermarci una volta ancora con maggior slancio di prima, quanto più forte si ridesta in noi il dolore per le ultime recenti perdite.

La sottoscrizione alla quale vi invitiamo deve essere appunto una riaffermazione dei primi sentimenti ringagliarditi dalla venerazione che abbiamo anche verso gli ultimi estinti che tramandarono a noi gli esempi santi di padre Villoresi e del fratello don Giosuè.

Anche l’inaugurazione del monumento deve avere il suo alto significato morale. Deve cioè riallacciare l’ultima epoca di dieci anni di vita del Collegio S. Giuseppe nella sua nuova sede, con quella di altri quarant’anni di vita passata al Carrobiolo, all’ombra dell’Oratorio e della Casa dei Barnabiti. — Sì, perchè, l’inaugurazione del monumento viene fissata per il giugno 1911, cinquantesimo dall’inizio della modesta ed umile opera che si svolse e crebbe provvidenzialmente, feconda di molteplici frutti di bene.

I sottoscritti, confortati dall’approvazione di Sua Eminenza il nostro Arcivescovo e da lui benedetti, daranno tutta l’opera loro per la felice riuscita del monumento. Con altra circolare forniranno notizie del come precedono i lavori, dell’epoca precisa dell’inaugurazione e delle funzioni che si compiranno.

Intanto ricordano che il 3 febbraio si compì il primo anniversario della morte di don Luigi Cantù, il 19 dello stesso mese quello di don Antonio De-Ponti, e il i luglio quello di don Achille Varisco. È giusto e doveroso che si celebri una solenne funzione di suffragio per quei benemeriti sacerdoti. A tal fine il Rettore del Collegio di S. Giuseppe mette a disposizione la cappella del Collegio stesso e porge invito a tutti per un solenne ufficio funebre con Messa per il giorno 14 marzo alle ore 9 ½, nel qual giorno si daranno ulteriori eventuali notizie sull’erezione del monumento e si farà tesoro dei consigli di tutti.

Commissione Esecutiva.

Rossi mons. Paolo, arciprete di Monza — Annoni Aldo, Monza — Anselmi sac. Ottavio, prevosto di S. Nazaro, Milano — Antonietti Carlo, Monza — Belgeri mons. Ambrogio, Milano — Biffi sac. prof. Adolfo, rettore del Collegio S. Giuseppe, Monza — Bosisio sac. Pietro, Monza — Bozzi Enrico, Milano — Casanova mons. cav. Luigi, rettore dell’Istituto sordo muti poveri di campagna, Milano — Cazzaniga sac, prof. Cesare, rettore del Collegio di Merate — Colnaghi sac. Carlo, prevosto di Lissone — Crippa P. Antonio, superiore degli Oblati Missionari, Rho — Gerosa cavaliere uff. Alessandro, Monza — De-Giorgi mons. Alessandro, rettore del Seminario Maggiore, Milano — Mattavelli P. Giovanni Barnabita, prevosto di Carrobiolo, Monza — Mezzera sac. Romildo, prevosto di Mezzana — Orsenigo sac. Giuseppe, prevosto di Melzo Orsenigo sac. Cesare, coadiutore a S. Fedele, Milano — Pennati rag. Alessandro, Monza — Pini nob. rag. Carlo, Milano — Rusconi sac. prof. Pietro, Milano — Sommariva sac. Pietro, prevosto di Gallarate — Strazza sac. Gaetano, coadiutore a S. Fedele, Milano — Tagliabue Giuseppe, Monza — Talamoni sac. prof. Luigi, Monza — Villa Gerardo, Monza — Villoresi ing. Giuseppe, Milano — Vitali mons. comm. Luigi, rettore dell’Istituto dei Ciechi, Milano.

NB. Le offerte si ricevono dalla Direzione del Collegio S. Giuseppe in Monza e da tutti i membri della Commissione Esecutiva.

Collegio S. Giuseppe, Monza




Nel 12.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI vi sono le vite dei più famosi Santi.




Dove fu sepolto S. Satiro?

Premetto che la presente ricerca è affatto limitata a ciò che indica l’intestazione; nè deve confondersi con un’altra, che si affanna da molto tempo, con dotti studii e risultati poco soddisfacenti, a stabilire dove oggidì riposa il corpo di S. Satiro. Quindi nessuno si allarmi per eventuali sorprese o minaccie; nessuno scatti e fiammeggi di indignazione credendomi così temerario da introdurmi in un campo riservato agli spiriti magni; almeno per oggi. Che se anche la tesi mia può sembrare audace, dirò.... che mi decisi ad affrontarla perchè riguarda casa mia; e anche peritile è debito di tutti agitarsi, discutere, provocare conflitti di vedute, allo scopo che dall’attrito si sprigioni la scintilla provvidenziale che illumini.

Detto questo, entro senz’altro in argomento, e mi chiedo: Dopo che nella primavera del 379 S. Satiro tornò dal fortunoso viaggio d’Africa, tanto compromesso in salute, così da ricadere malato dopo breve periodo di benessere, morendo poi fra le braccia di Ambrogio e Marcellina, dove fu portato a seppellire?

Dagli scritti di S. Ambrogio non è dato cavare nessun cenno del luogo di tumulazione di S. Satiro. Funerali imponenti, un lusso di riti religiosi, un discorso magnifico il giorno della sepoltura, e un altro non meno splendido in die septima, ma niente accenni, se un cimitero comune, o un’edicola dedicata a qualche martire, o una delle Basiliche extramuratte accolse le spoglie di Satiro. Tutto [p. 78 modifica]quello che è dato rilevare dal primo discorso funebre di S. Ambrogio (numeri 76, 78), è che S. Satiro non sarebbe stato sepolto in piena terra, ma composto in un monumento o tumulo, che del resto poteva trovarsi benissimo in luogo coperto e chiuso, come in un cimitero aperto. Che se qualche cosa ci potrebbe far preferire un luogo coperto e chiuso ad un cimitero aperto, forse sarebbe nella presunzione che i due lunghi discorsi funebri — lunghi anche nella versione prima, non ritoccata e arricchita di aggiunte — non era discrezione tenerli ad un’immensa moltitudine all’aperto, in tempo di primavera.

Tutt’al più, talune confidenze intime sfuggite a S. Ambrogio, ci autorizzerebbero a fissare la località della sepoltura di S. Satiro — e anche questo tuttavia in senso molto vago e indeterminato — vicino alla Basilica Ambrosiana, ma non in essa, che cominciò appunto a fabbricarsi nel 379, presumibilmente subito che si apri la bella stagione, ma in ogni caso dopo la morte di S. Satiro, a detta di S. Ambrogio avvenuta appena dopo il ritorno d’Africa, che il Tillemont pone alla fine di marzo. Orbene S. Ambrogio nel primo discorso funebre dice: (nn. 6 e 18) «questo sepolcro è per me più prezioso del suolo patrio, essendosi qui raccolto il frutto squisito non della natura ma della grazia.... Quanto a me mi sembra che sarei più accettevole al Signore se potessi riposare a fianco di questo corpo santo». Nonchè tutte le proteste di inseparabilità in vita e in morte, che cento volte devono essersi scambiate i tre santi fratelli. Da tutto questo è lecito dedurre che S. Satiro venisse sepolto nella Basilica di Fausta — se c’era — in aspettazione che si preparasse il luogo dell’ultimo riposo di S. Ambrogio, la Basilica che prese il suo nome? Se può esser falso che S. Ambrogio fabbricò la sua Basilica per esser vicino al fratello, può esser vero che quando mori S. Satiro, fosse già progettata, e da tempo, l’erezione dell’Ambrosiana «predestinata anche a luogo di sepoltura del gran Vescovo»; data tal precedenza di progetto della Basilica Ambrosiana, chi crederà assurda la tumulazione di Satiro in una località vicina perchè si realizzasse la desiderata vicinanza e inseparabilità in vita e in morte di quegli eccezionali fratelli? Dico così, supponendo che S. Ambrogio fosse sincero nelle sue espansività; ma tutto sia per non detto se le parole del gran Vescovo non fossero che della rettorica.

Ho nominato la Fausta. Ma c’era nel 379 la Fausta? e in ogni caso, sorgeva essa sull’area dell’attuale Cappella di S. Satiro annessa all’Ambrosiana, o non era piuttosto l’antica chiesa di S. Vitale?

Che nel secolo IV d fosse in Milano una Basilica Faustae, lo troviamo affermato da S. Ambrogio in una lettera a S. Marcellina, la XXII dell’edizione milanese. Quanto alla ubicazione poi, io ho già detto nel mio articolo Le prime Chiese di Milano nell’Unione del 3 e 4 febbraio andante, che la Fausta sorgeva sull’attuale Cappella di S. Satiro. Ma dicevo pure che per altri la Fausta era la Basilica dei SS. Vitale e Valeria; a motivo, sostengono gli avversarii, che gli antichi scrittori milanesi, non certo contemporanei o di poco posteriori a S. Ambrogio hanno tenuto questa versione. È però strano che dopo il 1500 si delinei e prevalga la versione opposta, molto prima che quel miserabile rêveur di Biraghi combattesse in favore e la volgarizzasse.... L’attuale Cappella di S. Satiro, a detta anche degli avversarii, nella parte superiore, cioè la tazza e il mosaico, è del V secolo. Allora, sarebbe lecito arrischiare l’ipotesi che il resto possa essere anteriore a detto secolo; che la parte prettamente muraria possa risalire gli anni — questione di poco — fino all’ulti na parte del secolo IV a riallacciarsi all’epoca della tumulazione di S. Satiro. No? Soggiungo di più, che non è spiegabile tanto lusso di tazza e mosaici in una semplice edicola sacra, o in una Cappella qualunque; occorre una ragione, una causa sufficiente; cioè, o che la Cappella di S. Satiro fosse un mausoleo sul genere di quello di Galla Placidia a Ravenna, quasi dell’istessa epoca, racchiudente Reliquie insigni; al che però contrasta l’altezza che è più di Basilica; o che fosse una Basilica, proprio quella di Fausta, per cui passò S. Ambrogio e il corteo accompagnante i Martiri Gervaso e Protaso nella traslazione dalla Naborriana all’Ambrosiana; essendo questo, in una cerimonia di sera, il tragitto più naturale e logico ― a meno, come dissi già, che quella sera memoranda si avesse avuto una gran voglia di andar a spasso, anzichè affrettarsi a raggiungere la stazione intermedia, per passarvi la notte in vigilia e preghiera.

Però è fortissima una corrente contraria alla Fausta e che vorrebbe senz’altro che S. Satiro fosse seppellito nella Porziana. Può darsi che si abbia ragione; di possibili ce n’è al mondo! ma allora non capisco perchè non si faccia anche il nome della Naborriana come probabile luogo dell’ultimo riposo di S. Satiro. Comunque sia, limitandomi ora a parlare della Porziana, francamente escludo che S. Satiro vi sia stato sepolto. Prima perchè non ne trovo il più lontano, velato accenno, negli scritti di S. Ambrogio, nè in autori contemporanei; poi perchè la Porziana, come quella che era più lontana dal palazzo di Ambrogio e dalla sua Basilica e più fuori delle antiche mura, dava meno garanzie di sicurezza; in terzo luogo, se nella Porziana si era tumulato S. Satiro, come mai Ambrogio, che nella lotta accesasi nel 385 intorno e dentro a detta Basilica colla corte imperiale, doveva vivere in ansie crudeli, colla morte in cuore per timore che rozza e intemperante milizia oltraggiasse le sacre ceneri del fratello, non dice perfettamente nulla dello straziato suo cuore nella lettera (XX) a S. Marcellina? Per tutto questo io escludo che S. Satiro riposasse nella Porziana.

Piano, piano, mi par di sentire, e il tetrastico dettato da S. Ambrogio che dice d’avere lui sepolto il fratello alla sinistra del Martire, cioè di S. Vittore? Oh, quell’epitaffio lo ricordo:

Uranio Satyro supremum frater honorem

martyris ad laevam detulit Ambrosius,

haec meriti merces, ut sacri sanguinis humor

finitimas penetrans abluat exuavias.

Ebbene, anzitutto che Martyris debba tradursi del Martire milanese, per eccellenza, cioè di S. Vittore, mi [p. 79 modifica]pare un correre troppo. E poi, concesso che i cristiani dei primi secoli ambissero di aver sepoltura presso i Campioni della Fede e desiderassero ansiosi di riposare accanto ad essi per ricevere un influsso di protezione; e concesso pure che S. Ambrogio per conto suo dividesse e realizzasse tali sentimenti, non ne viene di ineluttabile conseguenza che dunque seppellì il fratello accanto ad un Martire; meno ancora che quel Martire fosse S. Vittore; meno ancora nella Porziana.

Del resto chi ha detto che quell’epitaffio fu dettato da S. Ambrogio, o anche sia del tempo di S. Ambrogio? Un tal Dungalo, il quale insegnava a Pavia a metà del nono secolo, fu esso che ci trasmise, — pescandola chissà dove, — quell’epigrafe, in una sua opera contro Claudio vescovo torinese, opera stampata più volte, il cui manoscritto autentico, dal monastero bobbiense cui l’autore l’aveva lasciato, venne a finire alla biblioteca Ambrosiana, come lo dice il Muratori (Antiq. dissert. LXIII.).

Ebbene sentite cosa succede: Quando i Padri Maurini giunsero, colla pubblicazione delle opere dei Padri della Chiesa, a quelle del nostro S. Ambrogio, in un avvertimento premesso ai Discorsi de excessu Satyri non solo non mostrarono soverchia simpatia per l’autorità del Dungalo relativamente all’epitaffio sopracitato, ma non ammisero l’epitaffio istesso non dirò solo tra gli scritti dubbi di S. Ambrogio, tampoco tra quelli spurii, che è tutto dire. Nè mi meraviglio. Checchè si dica di somiglianza di stile, di armonia di pensiero e sentimentalità, questo ancora è certo che S. Ambrogio, nei suoi discorsi funebri, non c’è pericolo che accenni menomamente alla circostanza d’aver seppellito il fratello accanto ad un martire, Vittore celeberrimo o altro più oscuro campione di Cristo; in nessun luogo parla di maggior fiducia sulla sorte ultramondana di Satiro in causa di benefica influenza derivata dal trovarsi all’ombra e sotto la protezione d’un martire; solo accenna all’offerta fraterna, alla vittima da lui immolata, al sacrificio del sacerdote, da cui si ripromette vantaggi pel morto.

Di sepoltura di S. Satiro nella Porziana accanto a S. Vittore M. insinuerebbero finalmente gli Atti di S. Vittore, manipolati in quel secolo IX che si specializzò per una fioritura di leggende curiose, di non so quale antico panegirico di S. Marcellina, e d’una Vita di S. Satiro. Ma ahimè, che quest’altro documento non ha in capitolo una voce più autorevole di quello che avesse l’epitaffio del Dungalo.

Capisco che, a esser logici e imparziali, devasi gettare a mare qualcosa di molto caro alla Basilica Ambrosiana; accenno all’affresco che già esisteva nell’abside della Fausta, e sostituito con gesso rappresentante la deposizione di S. Satiro accanto a S. Vittore, e di cui il povero proposto Rossi si compiacea infinitamente come di altra prova che dal secolo XV vigeva la tradizione che in detta Fausta accanto a S. Vittore riposasse S. Satiro. Vada tutto, ma si dica la verità, o almeno quello che per ora ci sembra tale. Così si fosse adoperato un po’ prima — dato che nessun sospetto sorgesse mai sull’autenticità ambrosiana di quel disgraziato epitaffio — che non si sarebbe menato il can per l’aja così a lungo e avremmo fatto un incalcolabile risparmio di tempo, di fatiche e di dignità.

Ma per oggi, punto; il resto ad un altro numero.




L’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI è la pubblicazione più meravigliosa della stampa moderna: insegna tutto divertendo. Comperatela ai vostri bambini.