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76 IL BUON CUORE


rabile dal miracolo un intento morale? Dunque il fatto non può essere vero. Noi, con i nostri ragionamenti, vogliam mettere limiti all’azione stessa di Dio... e quando la realtà rompe i nostri poveri ripari, noi, piuttosto che arrenderci all’evidenza, vorremmo annientare la realtà. Che triste, umiliante constatazione! Il cieco risponde ai dottori: il fatto è vero! Io ero privo della vista e ora ci vedo!

Quei teologi sono proprio in impaccio! Dato il fatto innegabile, essi concludono: Certo sarà prodotto da arti magiche.

Ma il cieco un’altra volta risponde: No, chi m’ha guarito m’ha plasmato gli occhi di fango, io mi sono lavato ed ecco, veggo! Niente di magico, ma il processo più ovvio e naturale!

Quei sottili dottori sono in un nuovo turbamento e ancora più grave.

Non si danno pace, non si vogliono arrendere e fantasticano con fervore degno di miglior causa; Bisogna dire che costui non fosse cieco veramente: Chiamano i genitori di lui e questi rispondono: Costui è nostro figlio e cieco dalla nascita. Il fatto non si può disconoscere.

Non possono dunque negare il fatto e sono disposti ad ammetterlo, a condizione che il cieco riconosca che Gesù è un peccatore, avendo violato la legge.

Il cieco si ribella all’assurdo, inavvertito o accolto dai dottori, che un peccatore possa godere di una speciale assistenza di Dio. Oh, leggiamo, leggiamo la testimonianza di quest’anima retta che prorompe, forte d’una evidenza interiore, contro cui nulla possono le arti e le insinuazioni farisaiche, contro le argomentazioni fallaci de’ suoi interrogatori!

I dottori lo vituperano e lo cacciano via... e noi lo seguiamo con fremito di accorata simpatia, con santa invidia....

È scacciato dalla sinagoga, quel benedetto da Dio... e fuori l’attende Gesù!

Abbia meditato mai profondamente questo passo evangelico?...

Gesù incontrato il cieco da lui guarito che lo adora e crede, riassume l’insegnamento compreso nel racconto. Sono venuto in questo mondo per fare il giudizio, acciocchè i non veggenti veggano ed i veggenti diventino ciechi.

Parole gravi che ci dovrebbero sgomentare e render paurosi, quasi, di quella nostra povera scienza che idolatriamo fino ad arrischiar di metterla al posto stesso di Dio!

La mente vincolata dal pregiudizio non può aderire alla verità completa, e chiama in aiuto il ragionamento ed il sofisma, e così si ottenebra maggiormente.

Possiamo affermare che noi siamo interamente liberi dai pregiudizi e che questi non influiscono sulla nostra condotta?

Abbiamo il coraggio di guardar bene dentro di noi, e se troviamo quel difetto, che ci potrebbe allontanare
anche da Gesù, salviamoci in tempo... prima che il nostro acciecamento sia completo.

L’uomo semplice, invece, la cui mente non è occupata da prevenzioni, accetta con gioia la verità che gli appare e diventa sapiente....

Che libertà, che grandezza negli spiriti assetati di vero e che ad esso si volgono ansiosi, anelanti come i fiori alla luce e al sole! E che gioie sovrumane sono le loro.... Che visione quella delle anime amanti solo della verità!

Oh, lasciamoci attrarre da essa, accogliamola sempre.... siamo umili, siamo buoni per non porre ostacolo al suo avvento in noi.

Ti ringrazio, Padre, che hai nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.

Chi non è come un fanciullo non entrerà nel regno de’ cieli!




Ricordatevi di comperare il 12.mo fascicolo dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI che esce in questa settimana.




Educazione ed Istruzione


monumento

a

padre LUIGI MARIA VILLORESI

con ricordo speciale al di lui fratello D. Giosuè - a D. Ant. de-Ponti

e cooperatori

L’anno passato, quando già erano avviate le pratiche pel progettato monumento alle venerate memorie dei fratelli sacerdoti Villoresi, il Signore venne a toglierci altri distinti e benemeriti uomini, la scomparsa dei quali gettò in grave lutto il Collegio S. Giuseppe e tutti gli amici.

Il 3 febbraio rese il suo spirito a Dio il sacerdote don Luigi Cantù; in quello stesso mese, il giorno 19, il Signore chiamò a sè il venerando rettore del Collegio sac. don Antonio De-Ponti; a questi si ricongiunse poco dopo anche il sac. don Achille Varisco, del quale non si sa dire se più in lui fosse la scienza o la virtù che lo nascondeva agli occhi di tutti.

Avvenimenti sì dolorosi sospesero ogni pratica e furono invito a riflettere se non era il caso di studiare un monumento che, alla memoria dei Padri, associasse quella dei figli, come questi a quelli furono congiunti nel lavoro, nelle ansie, e nelle aspirazioni di bene.

Tale pensiero era già nella mente di tutti e bastò un semplice accenno perchè avesse l’approvazione spontanea ed unanime dei sottoscritti, degli amici, degli ammiratori dei benemeriti estinti e dei cittadini monzesi che ne conobbero e ne apprezzarono le virtù.

Allora i sottoscritti si costituirono in Commissione Esecutiva, modificarono il progetto, lo proposero allo studio dei tecnici e si decise di erigere un monumento