Il buon cuore - Anno IX, n. 03 - 15 gennaio 1910/Educazione ed Istruzione
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Educazione ed Istruzione
Monumento scomparso da Malesco
Ci persegue, colla memoria dolcissima di una poetica gita nella ridente Val Vigezzo, il dubbio di una sparizione che ora, accertata ne’ suoi particolari, suscita vivaci proteste.
Rimontiamo al giorno della gita.
Il grosso torrente di Melezzo ci accompagna nel nostro cammino pedestre colle sue voci, co’ suoi scrosci, co’ suoi muggiti. Eccoci sul tanto decantato piano di Santa Maria Maggiore, ove ci si presenta un vasto e svariato panorama, che ha offerto molti soggetti di studio a distinti pittori. Una bella strada diritta per quasi tre chilometri c’invita a Malesco, ove si vorrebbe far sosta anche in omaggio alla memoria di un venerato sacerdote, mons. Bernardo Raineri, che fu degno amico dei più distinti sacerdoti della così detta epopea rosminiana. V’ha di più: si vorrebbe anche vedere il monumento che, scolpito dal Ricci e dal Pelitti, fu eretto in onore del Raineri con una bella epigrafe del canonico commendatore Luigi Vitali.
Ma giunti all’alberghetto, invano domandiamo notizia del ricordo marmoreo dedicato al pio e valente sacerdote italiano, e intanto, rimettendo al mattino le nostre ricerche, facciamo una passeggiata sotto la volta del cielo stellato. Il silenzio non è interrotto che dalla voce del torrente e dal tintinnìo dei campanelli appesi al collo delle caprette, che, guidate da fanciulli, vanno qua e là a passare la notte nei loro casolari.
Ad un tratto si accende la luce elettrica nei paeselli che ingemmano la valle, e ci sembra di veder vaganti gli spiriti benefici dei Mellerio; dei Borgnis, dei Trabucchi, e ancor più vivo sentiamo in cuore il desiderio di veder tradotte in candido marmo le amate sembianze del mite Raineri.
Desiderio vano, e vana speranza d’informazioni sulla sorte toccata al monumento che realmente fu inaugurato da parecchi anni e fu legalmente consegnato alla Amministrazione dell’Ospedale Trabucchi di Malesco.
Notisi che all’onoranza decretata al Raineri concorsero circa cento soscrittori distintissimi, tra i quali Ubaldino Peruzzi, Giulio Prinetti, Luigi Bottaro, e via dicendo.
Ma c’è o non c’è questo monumento? Ecco... c’è e non c’è, cioè c’era quando fu inaugurato con discorsi splendidi e rogiti di consegna, ma poi disparve.
Il mistero fu in parte squarciato da un corrispondente del Sempione di Arona, ed ora ecco che l’amico nostro prof. Giacomo Cottini insorge nell’Indipendente di Domodossola contro lo sfregio fatto al benemerito sacerdote italiano e con fine ironia fa la storia della sparizione del ricordo marmoreo.
Il busto del Raineri, collocato dapprima con solennità in luogo d’onore nell’Ospedale Trabucchi, fu poi da un presidente del luogo pio relegato in un sotterraneo. Sottentrato dopo qualche tempo un presidente misericordioso, il povero Raineri fu tolto dall’umido e fu messo all’asciutto e al sicuro in un armadio che si trova al piano superiore dell’Ospedale.
E dove trovasi l’erma che presentava l’epigrafe dettata dal comm. don Luigi Vitali? Fu adattata ad altro busto con altra iscrizione sovrapposta con lastra metallica!
Il prof. Cottini si rivolge con frasi vibrate all’attuale presidente dell’Ospedale in cui fu consumata l’incredibile mistificazione, ed esclama: «Rimediate, per carità, all’azione vandalica dei vostri predecessori!» Conclude poi la sua requisitoria con un consiglio da seguire nel caso che proprio si voglia allontanare da Malesco il monumento del pio sacerdote. Inviatelo, dice, a Santa Maria Maggiore, patria del Raineri; oppure a Domodossola, ove si ospiterà degnamente nel Collegio Rosmini il ricordo del degno discepolo del grande Roveretano, dell’antico prefetto amatissimo. Se poi volete allontanarlo maggiormente, inviatelo al Collegio Nazionale di Novara, dal Raineri sapientemente ripristinato, oppure all’Istituto dei Ciechi in Milano, ove lo si ricorda con affetto devoto, o anche a Rovereto, patria del Rosmini.
Noi invochiamo semplicemente un atto di giustizia, che ridoni al sacerdote italiano quanto gli venne tributato da illustri personaggi con pubblica soscrizione, col plauso di tutti i buoni e coll’approvazione delle competenti autorità. No, non deve esser permesso, per capricci incomprensibili o per partigianeria, calpestare memorie che da uomini sommi furono degnamente onorate.
Angelo Maria Cornelio.
P.S. — Quanto qui vedo narrato, mi riempie l’animo di vero cordoglio. Io conobbi l’abate Raineri, che mi onorava col nome di amico, e fu mio predecessore come Rettore nell’Istituto dei Ciechi. Lo visitai a Malesco, nella sua modesta casetta, dove, seriamente ammalato, erasi ritirato a passare gli ultimi mesi di sua vita, aspettando serenamente la morte. Ci ritornai in occasione dei suoi funerali. L’ultima volta fui invitato ad andarci, quando venne inaugurato il busto, che la stima e l’amore di molti egregi personaggi, gli aveva fatto erigere, in omaggio alle sue distinte qualità, e pel molto bene che aveva fatto. Oltre l’epigrafe, io feci anche il discorso d’inaugurazione del busto. Parole commoventi disse pure in quella circostanza una giovine cieca, allieva dell’Istituto di Milano, la signorina Celesia Maria, in vacanza allora presso un suo fratello, Parroco del vicino paese di Villette. Il busto, in modo inspiegabile ora messo all’ostracismo, certo sarebbe bene accolto nell’Istituto dei Ciechi di Milano, dove il Raineri fu rettore per otto anni, lasciandovi una memoria non del tutto cancellata, specialmente per la riforma radicale introdotta negli studi letterari, oggi ancora in vigore, e per l’influenza benefica esercitata presso il conte Mondolfo, che dietro sua ispirazione ideò e fondò con un cospicuo legato l’Asilo Mondolfo.
L. Vitali.
IL PADRE GEMELLI
e la
sua discussione coi Medici sui fatti di Lourdes
«Tu, o frate, ha esclamato nel corso della discussione, il medico Grisafulli, direttore del Manicomio di Como, tu venendo qui fra noi a sostenere le tue idee, hai compiuto opera moderna, e noi te ne siamo grati, pur non potendo accettare i fatti da te narrati».
E noi dividiamo pienamente la lode che al padre Gemelli ha rivolto il dott. Grisafulli, pur non accettando la sua restrizione.
Noi siamo lieti della discussione accettata e tenuta dal padre Gemelli, per più ragioni.
A noi piace immensamente questo avvicinarsi, questo rimescolarsi dell’elemento religioso coll’elemento laico. La religione non può che guadagnarne, qualunque sia la parte, qualunque sia la misura, del ravvicinamento. La religione ha passato in Italia un periodo doloroso nella seconda metà del secolo XIX. Un dissidio aspro ed aperto si era fatto tra l’autorità religiosa e la società laica. Il movimento nazionale da una parte, coll’indipendenza, la libertà, e l’unità della patria, con Roma capitale; dall’altra la difesa del Poter Temporale, che contrastava a questo movimento, e che pur dopo la sua caduta, nel 1870, si prolungava con una serie multiforme ma tenace di opposizioni, aveva creato fra la Chiesa e lo Stato un abisso. Tutto ciò che veniva dal clero veniva da un nemico e doveva essere respinto come l’opera di un nemico. Non si fece distinzione tra l’opera religiosa e l’opera politica rispettando la prima e avversando la seconda: l’avversione della seconda travolse anche la prima. Da ciò l’esclusione, dalle Università, dalle scuole medie, e poi da ultimo anche dalle Scuole elementari; di ogni insegnamento religioso, da ciò la rottura di ogni rapporto ufficiale tra le autorità religiose e le autorità civili. Le più dolorose conseguenze non tardarono a venirne. Senza istruzione religiosa in tutti i gradi dell’istruzione pubblica, crebbe una gioventù pienamente ignorante di ogni verità religiosa, con un sentimento concomitante di avversione a tutto ciò che sapesse di religione.
Questi giovani, col crescere, divennero uomini; gli scolari divennero maestri, divennero i reggitori del paese nei Consigli comunali e nel Parlamento; l’ignoranza, l’avversione della religione, invase la scuola, inspirò e diresse la legislazione.
Come mettervi un freno?
La stabilità continuata dall’assetto politico unitario, lo spettacolo delle dolorose conseguenze del dissidio, mutarono le disposizioni del Clero, da avverso divenuto imparziale, da imparziale benevolo, e da benevolo si può ben dire ora amico. Si vorrebbe ora il ravvicinamento, ma c’è di mezzo l’abisso, e quale abisso!
Cerchiamo di colmarlo. Ci vorrà del tempo, del gran tempo. Conseguenze prodotte da quarant’anni non si riparano in un giorno; ma almeno mettiamoci subito all’opera di riparazione. In un corpo vivo le cicatrici, anche profonde, si risanano in un tempo relativamente breve. Cominciamo ad avvicinar le persone; le persone avvicineranno le idee. Quante volte si ascolta dire: se i preti fossero tutti come quelli che io conosco, non ci sarebbe più ragione di contrasti. Facciamo che questa conoscenza personale diventi una conoscenza generale: la benevolenza verso i pochi diverrà la benevolenza verso di tutti.
Ecco perchè noi abbiamo salutato volentieri la discussione chiesta dai medici e accettata dal padre Gemelli: fu un solenne e benefico ravvicinamento tra l’elemento religioso e l’elemento laico; fu uno spettacolo consolante il vedere questo frate in mezzo ad un esercito di medici, pur combattuto, ma ascoltato, ma rispettato. Questo spettacolo sarebbe stato possibile, appena cinque o sei anni sono?
⁂
Ma noi fummo contenti anche pel motivo e per l’oggetto che diede luogo alla discussione.
Lo si sa: occasione di questa discussione furono le conferenze che il Podrecca andava facendo nelle diverse città d’Italia contro i miracoli di Lourdes, usando a loro riguardo il più sguajato linguaggio, chiamando quanto avviene a Lourdes menzogna, superstizione, bottega.
Questo linguaggio poteva benissimo dispensare da ogni risposta. La risposta migliore alle insolenze è il silenzio e il disprezzo. Ma intanto stava un fatto; il fatto che il Podrecca predicava e nessuno gli rispondeva; che il popolino credeva alle sue sfuriate, e credeva anche che il silenzio da parte degli accusati, fosse impotenza a rispondere.
Il padre Gemelli ha creduto bene di rispondere. Ha fatto bene? Ha fatto male? Noi crediamo che abbia fatto bene. Forse non furono sempre da approvarsi le forme usate dagli annunciatori dei discorsi del frate, forme che assumendo un po’ il carattere aggressivo provocarono le aggressioni; ma la confutazione, per sè, ci parve opportuna. Il solo fatto di rispondere per molti appare già una vittoria.
E fu davvero una prima vittoria, e grande, quando il Podrecca sfidò il padre Gemelli a un contradditorio, e il padre Gemelli accettò, ponendo una sola condizione di reciproca garanzia, la presenza di sei giudici, tre nominati da Podrecca e tre da padre Gemelli: Il padre Gemelli nomina i suoi e accettano; il Podrecca nomina i suoi, e... non accettano. Quale affermazione indiretta per dire: non vogliamo comprometterci: il Direttore dell’Asino non è persona seria!
Qui invece entrano i medici di Milano, i membri della Associazione sanitaria milanese, della quale è pur membro, nella sua ’qualità di laureato in medicina, anche padre Gemelli.
I medici invitano padre Gemelli a voler esporre in seno alla Società le sue idee intorno ai fatti di Lourdes. Padre Gemelli accetta, ma pone delle condizioni; delle condizioni che sono però tutte in favore della scienza medica, per ottenere una discussione seria, che renda impossibile il divagare in altri campi, che non siano la pura scienza positiva. Le condizioni sono queste: padre Gemelli parlerà prima e solo una sera. Egli manterrà la questione nei limiti rigorosi della scienza medica, coi metodi propri ed esclusivi di questa scienza. Due sere dopo, dato il tempo alla riflessione, i Medici parleranno liberamente alla loro volta, dalle ore 21 alle 24. Dopo, padre Gemelli risponderà solo, facendo le sue conclusioni.
Le condizioni sono accettate. La discussione è fissata per lunedì, 10 corrente. La sala delle discussioni della Associazione, in Via S. Paolo, è rigurgitante. Per evitare un possibile intervento della teppa, l’ingresso viene limitato ai soli medici, ai giornalisti, e ad alcuni amici del Padre.
Presiede il dottor Forlanini, che invita tutti alla calma, al rispetto delle persone, alla serenità e objettività della discussione.
Padre Gemelli precisa subito il campo della sua esposizione. Medico, parlerà a medici, intorno a fatti di puro oggetto della medicina, coi propri ed esclusivi metodi della medicina: ogni altra materia spuria alla questione deve essere eliminata.
Innumerevoli sono i fatti straordinari, registrati a Lourdes: si parla di 7000! Egli si restringerà a ricordo di due soli. Egli esclude tutti i fatti in cui può essere invocata la suggestione. Segue in ciò il criterio della Chiesa, che nei processi di Santificazione, esclude rigorosamente tutti i fatti che possono essere prodotti da una influenza soggettiva. Si limita a due soli, al fatto di un signor De Rudder, ed all’altro della signorina Toulasne. Pel Rudder si tratta della frattura ad una gamba, che per dieci anni fu ribelle a tutte le cure della scienza: il punto della frattura, anzicchè rimarginarsi, era tutto pervaso dal pus, e la gamba era diminuita di tre centimetri. I medici dichiarano con ripetuti attestati, che il caso è disperato. Il signor Rudder, abbandonato dalla scienza, va a Lourdes, entra nella Grotta, prega; istantaneamente si leva guarito; la ferita è rimarginata, il pus riassorbito, e, cosa più mirabile, la gamba, malgrado i tre centimetri di soluzione di continuità, riacquista la sua naturale lunghezza.
Il fatto è certo, esclama il padre Gemelli, le attestazioni sono scientificamente ineccepibili: quale la causa? Nella mia qualità di medico, coi dati che mi dà la scienza medica, dichiaro apertamente: io non so!
È ben sottinteso: io non so come medico; entrando in un altro campo, nel campo della filosofia e della fede, la mia risposta potrà essere ben diversa.
È così del caso della giovinetta Toulasne, la diagnosi del cui male solo dai medici può essere ben compresa.
L’importanza dei due fatti sta in questo: i fatti sono certi, i fatti non possono essere spiegati colla suggestione, perchè sono fatti organici.
Il padre Gemelli aveva parlato per più di due ore. Due sere dopo avrebbero parlato liberamente tutti i Medici, che si fossero iscritti.
La sera del 12, la sala era ancora più affollata. I Medici inscritti a parlare erano più di dieci; tutti contro il frate, due in favore. La discussione si protrasse vivacissima fino a mezzanotte.
I punti combattuti furono questi: i fatti non sono certi; dati anche i fatti certi, si può ad essi trovare una causa naturale.
Chi negò la certezza ai fatti, ricorse alla inattendibilità dai certificati medici. Fu facile al padre Gemelli rispondere che tale objezione poteva essere fatta da altri, ma non dai medici.
Chi negò la certezza, asserendo che in scienza non vi è certezza assoluta; e di questi fu il dott. Bonardi; il quale affermò che anche le forme geometriche di Euclide, anche le leggi di gravità di Newton, ritenute intangibili, ora sono in discussione. Il discorso del dott. Bonardi assunse forme magistrali, elevando il fatto particolare ai principi della scienza negativa di tutti i secoli.
Il dott. Bonardi non si accorse che con ciò scopriva il fianco contro la sua asserzione abituale che la scienza deve essere la sola guida sicura della vita. Come? la scienza guida unica e sicura della vita, la scienza non ha niente di certo? e non sono certe neanche le verità ritenute finora indiscutibili, assiomatiche; e questa scienza incerta e mutabile si vuole presentare come la norma dei popoli, contro i principi della fede? e si pretende che i popoli lascino i principi certi della fede per le incertezze e le negazioni incessanti della scienza?
Altri intaccarono l’attendibilità delle constatazioni del Consiglio dei medici insediato a Lourdes, e non si astennero, e si era nel campo della scienza, dal fare banali insinuazioni allo spirito politico, allo sfruttamento della fede dei gonzi, alla santa bottega.
Non fu difficile a Padre Gemelli di elevarsi a rintuzzare queste insinuazioni colla dignità del suo carattere e del carattere di tante altre persone, degne di ogni rispetto per la loro scienza e l’intangibilità morale della loro coscienza.
Se vi sembra così facile, disse Padre Gemelli, di impiantare queste organizzazioni di guarigioni che dite fatte a Lourdes, perchè non le impiantate presso tutti gli ospedali?
La risposta di frate Gemelli, incominciata dopo mezzanotte, non finì che a due ore. Gli applausi, che si erano alternati durante la discussione a seconda del colore degli oratori, coprirono le ultime parole del frate.
Tutti partirono, disse un giornale, restando ciascuno del proprio parere.
Ci permettiamo di dubitarne. Si era tacciato Padre Gemelli di ciurmadore, di uno che girasse l’Italia sfruttando la buona fede dei gonzi, facendo da commesso della santa bottega; dopo la discussione, non sappiamo quanto questo giudizio abbia potuto reggersi ancora nella mente di molti.
Padre Gemelli ha provato la realtà dei miracoli di Lourdes? Direttamente no, come medico; indirettamente sì. Direttamente no: come medico disse: i fatti sono certi, i fatti colla scienza medica non si spiegano: come si spiegano dunque? Come medico rispondo: non so! Indirettamente sì: se i fatti sono certi, se i fatti colla scienza medica non si spiegano; siccome non vi è effetto senza causa, se questa causa non può essere naturale, sarà sopranaturale. Il ragionamento fila diritto.
E questa causa sopranaturale il Padre Gemelli non ha tralasciato di farla balenare agli occhi de’ suoi ascoltatori. Ho parlato dei fatti di Lourdes, egli disse, come medico: volete che parli come filosofo? Non avete che a invitarmi.
No, no, esclamò il Secolo, preghiamo l’associazione medica di non far più lo sproposito di invitare questo frate: gli fate la réclame, e null’altro.
⁂
Il contegno di alcuni, giornali, se come uomini e cittadini, ci ha destato un senso di umiliazione e di dolore, come credenti, è divenuto un’altra delle ragioni della nostra compiacenza per la discussione avvenuta.
Sì, come uomini e come cittadini, siamo dolenti del contegno di alcuni giornali, e intendiamo parlare del Secolo e del Tempo.
La domanda dell’Associazione medica fu seria; l’accettazione di frate Gemelli fu seria; l’oggetto della discussione fu serio; il metodo della discussione totalmente scientifico.
Sembrava che i giornali, che devono rispettare sè stessi e il pubblico, dovessero contenersi dentro questi limiti: è questione di giustizia e di dignità: così dovrebbe sempre essere esercitato l’apostolato della stampa.
Si legga ora che cosa scrive il Secolo.
«Al Padre Gemelli si potrebbe rammentare la vecchia ma sempre nuova storia di pifferi di montagna. Però noi non vogliamo inveire contro la sua persona, che qualcuno ha creduto o crede di scambiare con quella di uno scienziato.
«No, per carità, non parodiamo le cose serie. In Padre Gemelli c’è solo una grande dose di vanità e di presunzione ed un desiderio vivo di réclame, che evidentemente contrasta coll’abito che porta....
«Il frate sbraitante alla Chiesa di S. Fedele, in un momento in cui le azioni dei miracoli di Lourdes erano state messe in ribasso dall’eloquenza dell’on. Podrecca (!), all’Associazione Sanitaria ha trovato modo di cambiar tono alla sua canzone.
«All’Associazione si è ventilata l’idea di una nuova discussione sullo stesso argomento sul campo filosofico. Il frate, gli si leggeva in volto, già pregustava la gioia che gli avrebbe procurato il nuovo spettacolo... Noi ci auguriamo che i medici avranno il buon senso di non trasformarsi involontariamente nei migliori alleati dei preti e delle loro basse speculazioni».
A corto di ragioni, si ricorre alle insinuazioni.
Ci sembrava che il Secolo non potesse essere superato. Ci siamo ingannati. Il Tempo è venuto a persuaderci che si può andare ancora più innanzi nella impudenza e nella volgarità. Leggete.
«II reo è stato dunque giustiziato, e senza condono di attenuanti? E si può dire che Gemelli si è, in due sere, moralmente suicidato? Poteva sperare che non fosse così? Per troppo tempo il trucco era durato e il Catilina quaresimalista aveva abusato della pazienza e della indifferenza — scambiata per credulità — degli stessi uomini di scienza, direttamente interessati, dacchè egli andava girando il mondo e «cacciando l’articolo» con l’etichetta della scienza, forte della sua qualità di medico e di socio della Biologica milanese. I colleghi hanno visto in faccia questo frate; ora in luogo di recriminarsi contro il Consiglio che non ha risparmiato all’assemblea lo spettacolo pietoso di queste due sere di discussione impiegate a demolire un uomo e una menzogna che insieme non francavano la spesa, i soci dell’Associazione Sanitaria Milanese debbono giudicare se egli sia o meno un uomo che a inconfessabili scopi di lucro politico ha fatto il più indegno mercato del nome della scienza e il più teppistico scempio della verità».
Fortunatamente non tutto il giornalismo ha parlato così. E noi siamo lieti di terminare il nostro articolo, citando le parole colle quali il Corriere della Sera chiude la sua relazione sulla discussione avvenuta.
«Quantunque vari siano stati i giudizi definitivi che gli ascoltatori hanno portato sul valore degli argomenti da lui sviluppati, si fu d’accordo nel riconoscere la solidità di preparazione scientifica di cui egli aveva dato
prove continue nel suo lungo discorso.
«La fine di questo, benchè giunta così tardi nella notte, fu salutata con vivi applausi da quel paio di centinaia di persone che erano ancora presenti.
«In complesso l’idea che il Consiglio direttivo della Associazione Sanitaria ebbe nell’invitare il P. dott. Gemelli ad un tale dibattito, risultò alla prova dei fatti utile ed opportuna».
La Perseveranza, entrando nel campo vivo della discussione, va più innanzi, e dice invertite nientemeno le parti: lo scienziato è il frate, gli assertori dogmatici i medici.
«Parlò la prima sera padre Gemelli: gli si opposero, la notte seguente, diversi medici cospicui: il francescano ebbe ancora la parola per giusto diritto di difesa; il dibattito della scienza si è poi fermato.
«Con mia grande sorpresa, trovai invertite le parti; credevo di sentire un Gemelli dogmatico, e mi trovai davanti un espositore calmo, logico, conseguente, che si tenne sempre ai fatti, ai dati, ai certificati medici; credevo di ascoltare nei medici presenti la parola tranquilla e valorosa dello scienziato naturalista, e li trovai quasi tutti dogmatici. Nessuno è andato a Lourdes; anzi il dottor Pini ha fatto sapere che non ha precisamente il tempo e i ghelli d’andarci, e che preferisce studiare nelle cliniche: come se Lourdes non fosse per un medico di ingegno un bellissimo campo sperimentale: nessuno (salvo il dottor Ferrari) si è presa la briga di prendere visione dei certificati offerti in esame dal Gemelli. Con questa preparazione negativa, parecchi medici di conto l’altra sera sono partiti in guerra colla bandiera della scienza contro.... contro chi? contro la fede? non era in discussione; contro la tesi filosofica? non era in discussione. Ma dunque, contro che cosa tuonava la scienza dei medici nell’Associazione Sanitaria?
«Confesso, non ho mai Visto brandir con tanto eroismo l’arma della scienza».
L. Vitali.