Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro V/Capitolo XIV
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Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
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Capitolo XIII.
Questo capitolo è tratto da Alberto Magno, libro
XXIII De animalibus, cap. 14, De falcone parvo
qui mirle vocatur.
Capitolo XIV.
Secondo la mitologia, Alcione è figlia di Eolo,
annegatasi in mare quando sul lido trovò il cadavere
di Ceice suo sposo, morto in un naufragio. Ambi
furono convertiti negli uccelli che ne conservano il
nome, e ricordano la patetica avventura.
Brunetto insegna, che gli alcioni fabbricano i nidi sull'arena; ma gli antichi dicevano li formassero galleggianti sul mare, onde Ovidio:
Incubat alcyone pendentibus aequore nidis.
Era perciò necessario aggiungere, che il mare si conservasse allora in calma. Credevano questi uccelli non solo indicatori di calma sul mare, ma apportatori di pace alle famiglie, presso le quali se ne conservassero le spoglie. Altri donarono ad essi anche il canto, come Silio Italico:
Quum sonat alcyones cantu, nidosque natantes
Immota gestat, sopitis fluctibus, unda.
Questi uccelli si trovano dovunque nei climi caldi, ed in Italia hanno i nomi di Uccello pescatore, Pescatore del re, Uccello del Paradiso, Martino pescatore, Uccello della Madonna, Uccello di santa Maria, Vitriolo, Piombino, Alcione.
Capitoh) X\I.
Palladio per poco insegna colle parole medesime del Volgarizzamento: «Son nimiche de’ luoghi seminati, e degli orti, imperoccliè col becco rodono, e nuoce il loro sterco (L. I, cap. XXX).»
Uscito, per sterco, come il latino evacuare, ha nella Crusca altri esempi. Bono lo usa altresì al capitolo XXIX di questo libro, aggiungendovi, per impedire ogni equivoco, cioè sterco.
L’avventura delle oche, le quali salvarono il Campidoglio, è notissima. I Franceschi partirono d’Italia carichi d’oro, non imbolato, ma estorto con un trattato. Arte vècchia e nuova, della quale furono priiii.-i troppo famosi maestri i Romani.