Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro I/Capitolo IV

Illustrazioni al Libro I - Capitolo IV

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Illustrazioni al Libro I - Capitolo IV
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Capitolo IV.


Con ammirabile rettitudine Brunetto insegna, che prima dobbiamo imparare a governar noi stessi coll’etica: poi la nostra famiglia, e le cose nostre coll’economia: finalmente le cose pubbliche ed i popoli colla politica. Chi non è buon cittadino, e buon padre di famiglia, non può essere buon magistrato. Qui domui suae praeesse nescit, quomodo ecclesiae Dei diligentiam habebit? inculcava s. Paolo (I Tim. III 5).

L’Evangelio non ha un motto di politica; ma divinamente fomentando la perfezione morale dell’individuo e della famiglia, preparò la massima [p. 159 modifica]rivoluzione politica. La storia dell’umanità è per esso divisa in due gran parti: prima, e dopo di Cristo.

L’Evangelio, come nota Brunetto, ottenne ed ottiene i suoi trionfi coll’eloquenza. La creazione materiale, non che la seconda creazione morale, è opera del Verbo di Dio.

Secondo il veder nostro, Brunetto abbassa troppo la politica, annoverandola fra le arti meccaniche, anzi dichiarandola mestiere.

È vero per altro, che ministerium e mestiero, procedono dalla stessa radice.

Innalza troppo la rettorica, mettendola a fianco della politica.

La rettorica era considerata quale maestra dell’eloquenza: l’eloquenza, quale pratica applicazione di tutta la civile sapienza. Poteva dirsi, la strategia della parola a servigio della repubblica. Rammentiamo i trionfi oratorii di Cicerone console.

»Haec una res, egli insegna, in omni libero populo, maxime in pacatis tranquillisque civitatibus, praecipue semper floruit, semperque dominata est. Quid enim est, aut tam admirabile, quam ex infinita multitudine hominum existere unum, qui id quod omnibus natura sit datum, vel solus, vel cum paucis facere possit? Aut tam jucundum cognitu, aut auditu, quam sapientibus sententiis gravibusque verbis ornata oratio et polita? Aut tam potens, tamque magnificum, quam populi motus, judicum religiones, senatus gravitatem unius oratione converti? Quid tam porro regium, tam liberale, tam munificum, quam opem ferre supplicibus, excitare afflictos, dare [p. 160 modifica]salutem, liberare periculis, retinere homines in civitate? Quid autem tam necessarium, quam tenere semper arma, quibus vel tectus ipse esse possis, vel provocare improbos, vel ulcisci lacessitos? (De Orat. lib. I, cap. 8)».

Che la rettorica sia la scienza che drizzò prima il mondo a ben fare, può sembrare esagerazione, a chi considera la rettorica quale oggi è. Gli antichi reputarono inseparabile la parola dall’idea, l’eloquenza dalla sapienza. Insegnò Cicerone: Nihil aliud est eloquentia, quam copiose loquens sapientia (Parad. LXXIX). Ed Orazio ai Pisoni:

Scribendi recte sapere est et principium et fons.

Quando a principio furono aperti in Italia ancora divisa i congressi scientifici; vedemmo a prova, che di scienziati non pativamo difetto, ma di oratori. Peggio vedemmo, quando si aperse il politico parlamento. Farse a soggetto si recitano quasi ogni giorno. Dove sono i successori di Marco Tullio? Eloquenza è faconda sapienza.

Con Brunetto esorteremo l’Italia, a coltivare l’eloquenza per servigio decoro ed incremento della libertà finalmente ottenuta.