Il Tesoretto (Assenzio, 1817)/IX

IX

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VIII X
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IX.


Ancor son quattro umori

     Di diversi colori,
Che per la lor cagione
     Fanno la complèssione
D’ogne cosa formare,
     E sovente mutare:
Sì come l’uomo avanza
     Le altre ’n sua possanza.

Che l’una è signorìa
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     De la malenconia;
La quale è fredda, e secca:
     Certo è di larga tecca.
Un’altra n’è ’n podere
     Di sangue, al mio parere,
Ch’è caldo, et umoroso,
     E fresco, e gïojoso.
E flemma ’n alto monta,
     Ch’umido, e freddo pronta,
E par, che sia pesante,
     Quell’uomo è più pensante.
Poi la collera viene,
     Che caldo, e fuoco tiene;
Che fa l’uomo leggiero,
     E presto, e talor fiero.
E queste quattro cose
     Così contrarïose,
E tanto disiguali,
     In tutti l’animali
Si conviene accordare,
     E di lor temperare,
E refrenar ciascuno,
     Sì, ch’io li rechi ad uno.
Sì, ch’ogne corpo nato
     Ne sia complessïonato.
E sacci, ch’altramente
     Non sen farìa nïente.