Il Sofista e l'Uomo politico/Il Sofista/XII
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Traduzione dal greco di Giuseppe Fraccaroli (1911)
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XII.
For. E ancora consideriamo se la specie di cui andiamo in traccia non somigli pure a qualche 225cosa di quest’altro genere.
Teet. Di quale?
For. Parte dell’acquisitiva era per noi l’agonistica1.
Teet. Era infatti.
For. Non è dunque fuor di proposito dividerla in due.
Teet. Dimmi in che senso.
For. Ponendo l’una essere l’emulazione, l’altra la contenzione.
Teet. Sta bene.
For. E della specie contenziosa quella che si esercita col corpo contro altri corpi, pare giusto e a proposito chiamarla ponendole un nome così, per esempio costrizione.
Teet. Sì.
For. E quella dei discorsi contro discorsi, come la si potrebbe chiamare altrimenti, o Teeteto, Bse non controversia?
Teet. In nessun modo.
For. E anche per le controversie bisogna ammetter specie duplice.
Teet. In che maniera?
For. Poichè, in quanto ha luogo pubblicamente e con lunghi discorsi contro altri opposti discorsi lunghi sul giusto e sull’ingiusto, si ha la specie giudiziaria.
Teet. Sì.
For. E viceversa quella in privato e frazionata in bòtte e risposte2 forse che siamo soliti di chiamarla con altro nome fuorchè contraddittoria?
Teet. Con nessun altro.
For. Della contraddittoria poi quella che discute intorno ai contratti e che vi è adoperata Ca caso e senza regole, è bensì da ritenersi come una specie, poichè il ragionamento la riconosce come distinta, ma nè prima di noi ha avuto un nome, nè merita che lo abbia ora da noi.
Teet. Vero; perocchè la si distingue in frammenti troppo piccoli e troppo diversi.
For. È quella che ha le sue regole e discute intorno all’essenza del giusto e dell’ingiusto e ad altre 〈tali〉 cose in generale, non usiamo viceversa chiamarla disputatoria [eristica]?
Teet. Come no?
DFor. Ora della disputatoria una specie fa sciupar le sostanze, e un’altra le fa guadagnare.
Teet. Senza dubbio.
For. Proviamoci dunque a dire il nome col quale s’ha a chiamare ciascuna di esse.
Teet. Bisogna infatti.
For. Pare a me che quella cui l’uomo si dà immemore delle cose domestiche per mero piacere di questa occupazione, e che mentre si spiffera, dai più degli uditori si ascolta non certo con piacere, si deva chiamare a senso mio non altrimenti che loquacità3.
Teet. La si suol chiamare infatti così.
EFor. Ebbene, la parte contraria di questa, quella che da tali dispute private guadagna invece denari, pròvati ora a nominarla alla tua volta.
Teet. E che altro mai si potrebbe dire senza errare, se non che ci ritorna di nuovo per la quarta volta quel famoso tipo che inseguivamo, il sofista?4
226For. Il sofista dunque, come il ragionamento ce l’ha dichiarato un’altra volta, non è altro che la specie lucrativa dell’arte disputatoria, 〈che è parte〉 della contraddittoria, 〈e rispettivamente〉 di quella delle controversie, della contenzione, dell’agonistica, dell’acquisitiva.
Teet. Precisamente.
- ↑ Cfr. p. 219 E.
- ↑ Questo non contraddice ciò che è detto del sofista nei dialoghi più antichi, dove è rappresentato come uno che preferisce dissertare anzi che rispondere a tono: qui si rappresenta ciò che è dato e presupposto essenziale della sua arte, non i ripieghi accidentali per dissimularne la insufficenza; la parte dialettica e sostanziale dell’arte sofistica, non la parte retorica e strumentale.
- ↑ Quarta, che poi diverrà quinta definizione. Cfr. 224 D e nota.
- ↑ Scherza sull’etimologia di ἀδολεσχία = loquacità, che deriva da ἀηδής = spiacevole e λέξις = dizione, o λέσχη = chiacchiera. Ed è detto a proposito che essa fa perdere tempo e denari: ubi autem verba sunt plurima, ibi frequenter egestas, dice anche Salomone. Non è però senza irrisione che una parte dell’arte acquisitiva venga dichiarata così dissipativa.