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130 Il sofista.

Teet. In che maniera?

For. Poichè, in quanto ha luogo pubblicamente e con lunghi discorsi contro altri opposti discorsi lunghi sul giusto e sull’ingiusto, si ha la specie giudiziaria.

Teet. Sì.

For. E viceversa quella in privato e frazionata in bòtte e risposte1 forse che siamo soliti di chiamarla con altro nome fuorchè contraddittoria?

Teet. Con nessun altro.

For. Della contraddittoria poi quella che discute intorno ai contratti e che vi è adoperata [C]a caso e senza regole, è bensì da ritenersi come una specie, poichè il ragionamento la riconosce come distinta, ma nè prima di noi ha avuto un nome, nè merita che lo abbia ora da noi.

Teet. Vero; perocchè la si distingue in frammenti troppo piccoli e troppo diversi.

For. È quella che ha le sue regole e discute intorno all’essenza del giusto e dell’ingiusto e ad altre 〈tali〉 cose in generale, non usiamo viceversa chiamarla disputatoria [eristica]?

Teet. Come no?



  1. Questo non contraddice ciò che è detto del sofista nei dialoghi più antichi, dove è rappresentato come uno che preferisce dissertare anzi che rispondere a tono: qui si rappresenta ciò che è dato e presupposto essenziale della sua arte, non i ripieghi accidentali per dissimularne la insufficenza; la parte dialettica e sostanziale dell’arte sofistica, non la parte retorica e strumentale.