Il Parlamento del Regno d'Italia/Giovanni d'Avossa

Giovanni Avossa

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Antonino Fazio Salvo Giovanni Vacca

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senatore.


Nacqui in Salerno, provincia di Napoli, di Clemente D’Avossa e di Maria Pastore, ed ho circa sessant’anni.

La mia prima educazione letteraria fu assai trascurata perchè fui abbandonato a precettori ignorantissimi; talchè a 18 anni dovei rifare di per me gli studii mal fatti prima, e disimparare i falsi insegna menti.

La mia gioventù fu procellosa perchè il cuore ed il sentimento ebbero sempre un potere irresistibile nelle determinazioni e nelle azioni di mia vita.

Non per propria indole, ma per riverenza ai miei maggiori, e per eccitamento dei miei amici mi consecrai all’avvocheria, e fui mandato in Napoli allo studio del barone Giuseppe Poerio.

Nei tempi disastrosi che seguirono la rivoluzione del 1820 i due miei fratelli maggiori furon fatti segno all’ira dei Borboni, imprigionati ed esiliati. L’antica fortuna della mia casa scadde, ed io mi diedi a tutt’uomo nel 1827 a far l’avvocato penale, iniziando la mia professione in una causa assai famosa, il cui esito avventuroso contribui molto a farmi prender gusto in quella carriera, a conciliarmi il favor popolare, ed a preparare i miei fortunati successi nel foro sino all’anno 1848.

Dal 1837 al 1848 fui sempre in uggia del governo, perchè giammai a lui ossequioso, e più volte e in più guise soggiacqui ai suoi rigori.

Scoppiata appena la rivoluzione del gennaio 1848, ed eletto io a capo della Guardia nazionale di Salerno dopo due mesi fui nominato per decreto reale di [p. 1122 modifica]aprile, ministro dell’interno e della polizia generale.

Non volli accettare cotale uffizio.

Non andò guari che fui deputato al parlamento napolitano dal suffragio di circa ottomila elettori. Fui uno dei capi e degl’iniziatori dell’opposizione nel parlamento, nè fui straniero ai più interessanti lavori di quella intrepida e sapiente assemblea.

Nel settembre del 1849 fui imprigionato pei fatti troppo noti del 15 maggio, e travolto in quattro processure di Stato, tra le quali in quella che s’intitolava della Unità Italiana. Emersi per ventura incolume da tali sirti, ma dopo quattro anni di cattività fui esiliato nel 1853 negli Stati Uniti d’America. Giunto però in Malta in’ebbi licenza dal Governo inglese di fermare il mio soggiorno colà, ed ivi stetti a languire sino al 13 settembre 1860.

Con decreto anteriore al mio ritorno in patria fui nominato avvocato generale della Corte suprema di giustizia in Napoli. Nell’elezioni generali dei deputati al primo parlamento italiano fui scelto dalla provincia di Salerno a rappresentarla in quel consesso quasi contemporaneamente alla mia nomina di consigliere per la grazia e giustizia nella luogotenenza del Principe di Carignano; nella quale carica non rimasi che assai breve spazio di tempo per l’immediato scioglimento della luogotenenza nelle provincie meridionali, e fui restituito al Collegio supremo col grado, onori e soldo di vice-presidente. Sono quattro anni e più che occupo questa sede.

Fui nominato senatore del regno con decreto del 15 maggio 1862 e Commendatore dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro nel 17 giugno dello stesso anno.