Il Parlamento del Regno d'Italia/Antonino Fazio Salvo
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deputato.
Se vi è popolazione la quale abbia sempre avuto un vivacissimo spirito d’indipendenza che l’ha indotta a reagire contro le dominazioni straniere e contro i governi dispotici, questa è senza dubbio la popolazione siciliana.
L’istoria registra nelle sue pagine pochi fatti così meravigliosi come quelli dei celebri vespri e della non meno celebre rivoluzione di gennaio 1848; basterebbe una sola di queste due arditissime imprese pro amore patriæ onde rendere celebre e superbo a buon diritto un popolo.
Se dalla generalità si passa all’individuo, l’eroismo patriottico apparisce ancora più devoto e sublime in mille esempi molti dei quali restano sfortunatamente ignorati.
In queste nostre rapidissime e troppo corte biografie ci è concesso di rendere note alcune di queste nobili esistenze, per le quali non vi è stato altro al mondo, che uno scopo sacrosanto al conseguimento del quale hanno mirato unicamente tutte le loro facoltà morali, tutti i loro generosi sforzi fisici.
Antonino Salvo Fazio è nato a Barcellona in Sicilia, e fino dalla più tenera infanzia è stato educato a riguardare come suo primo dovere, quello di dedicarsi intieramente al servigio del proprio paese, e ad ottenere per questo quella maggior somma di libertà che fosse umanemente possibile di conseguire, quand’anche il proprio sacrifizio fosse a tal uopo indispensabile.
I propri concittadini non tardarono a guardarlo con occhio di speciale benevolenza e gratitudine, e nel 1847, quando già in Italia incominciavano a spirare le prime aure del rinascimento, le quali pervenivano a infondere novelle speranze negli animi forti dei Siciliani s’indusse ad accettare il posto elevato di sindaco, mediante il quale era in grado di rendere più utili servigi alla terra nativa.
Poco dopo succedeva il celebre moto rivoluzionario, con cui la Sicilia rompeva l’insopportabile giogo borbonico, e il Salvo Fazio veniva acclamato a presidente del comitato rivoluzionario ed eletto quindi ad unanimità deputato rappresentante la città di Barcellona in seno alla Camera dei comuni di Sicilia.
Nel 1849 allorquando la reazione potè rialzare la testa, e che le numerose schiere borboniche rioccuparono l’isola, il Salvo Fazio dovette rifugiarsi a Malta, ove si trattenne fino al momento in cui Ferdinando II ebbe proclamata un’amnistia che si volea far credere all’Europa fosse delle più generali e complete.
I ripetuti spergiuri dell’ordinatore dei massacri del 15 maggio avrebbero dovuto aprire gli occhi ai più fidenti, ma sventuratamente così non avvenne e molti furono vittima anche una volta delle false promesse del Borbone.
In questo numero appunto si trovò il Fazio, il quale non appena ebbe sbarcato in Catania, che si seppe ricercato attivamente dalla polizia, la quale arrestatolo, lo tenne in carcere fino al momento in cui gli fu possibile salpare di nuovo per la terra straniera.
Questa volta egli rimase lungamente in esiglio, fintantochè la di lui famiglia, che non potea sopportarne più a lungo la lontananza, e che lo sapeva assai pericolosamente malato, si risolvette a fare vivissime istanze presso il governo, onde ottenerne il rimpatrio.
Avvenuto questo, e mentre il Salvo Fazio godeva degli abbraciamenti dei suoi cari, e si sentiva inesprimibilmente commosso nel rivedere quei luoghi nei quali egli era nato e cresciuto, e che la crudele lontananza gli aveva resi mille volte ancora più grati, gli agenti d’un dominatore sleale quanto oppressivo presero a tormentare in novello modo il Fazio, col volerlo indurre a ritrattare il voto di decadenza della dinastia borbonica da esso dato nella solenne seduta della Camera dei Comuni.
Da un lato il sotto-intendente Gubernatis lo invitava a compiere quell’atto con modi amichevoli e gentili, rappresentandogli come questo dovesse servire a rendere sicura e durevole la sua dimora in patria, dimora sulla quale altrimenti penderebbe sempre minaccioso a guisa di spada di Damocle il rinnovamento del bando che poteva costare affanni gravissimi alla famiglia e ad esso pur anco la morte.
E siccome il Salvo non faceva mostra di piegarsi agli inviti e consigli officiosi del sotto-intendente, così il Cilio magistrato si portava dal canto suo all’attacco col pretendere di conseguire con aspri modi, e con minacce e intimidazioni, ciò che il Gubernatis non avea potuto ottenere colle sue blandizie. Il Fazio rispose ricisamente ch’egli non si sarebbe indotto in alcuna guisa a cedere che alla forza, alla quale difatti costoro ricorsero finalmente, inviando alla dimora del Fazio un capitano d’armi seguito da quattro militi.
Da quel momento in poi il Fazio non ebbe mai nè pace nè quiete; subì ripetute visite domiciliari, e se non fu arrestato e chiuso in un carcere, e se non fu respinto in esiglio egli ne deve essere riconoscente al reggitore di quella provincia, di cui egli erasi fatto amico fin dalla più giovine età in Palermo.
Nel 1857, essendo intendente il marchese Artale, e credendo questi che di grande utilità sarebbe stata la presenza del Fazio alla testa dell’amministrazione comunale, tanto si adoperò, ed interpose persone così influenti presso del Fazio stesso, che questi alfine si arrese alle loro premure ed accettò nuovamente l’ufficio di sindaco, in cui lo trovò la rivoluzione del 1860.
Divenuta Barcellona centro dell’azione militare dell’intiera provincia, il Fazio che aveva ceduta l’amministrazione comunale al proprio fratello maggiore Mario, fu qual presidente del comitato rivoluzionario nominato intendente militare nell’armata meridionale, dal generale Medici, ufficio che gli è costato gravi dispendii ed inattese amarezze.
Nel 1861 e 62 il Fazio non ha mancato di prestare attivi servigi al paese nella sua duplice qualità di consigliere comunale e provinciale.
Nel 1863 egli venne eletto Deputato al Parlamento nazionale, con una votazione delle più ampie, e nel successivo 1864, fu nominato di nuovo Sindaco della sua nativa e patroittica città.