Il Parlamento del Regno d'Italia/Giovanni Morandini

Giovanni Morandini

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MORANDINI GIOVANNI


deputato.


Toscano, ha fatto studi di economia profondi, talmente che ha preso parte rilevantissima nelle discussioni finanziarie che si sono sviluppate nella Camera elettiva, a proposito della legge sulla ricchezza mobile, sul dazio consumo, e sul conguaglio dell’imposta fondiaria.

Il Morandini, che a ragione si preoccupa dello stato assai poco normale del bilancio governativo, aveva incominciato dal proporre alla Camera un progetto di legge di sua iniziativa, mediante il quale si dovevano abolire le spese di rappresentanza attribuite ai prefetti.

Questo progetto parve utopistico piuttosto che no, in quanto che si ritiene generalmente, che se quelle spese ai rappresentanti del Governo nelle singole provincie sono stimate necessarie negli Stati esteri, tanto più sembrano indispensabili in Italia, ove esistono città, in cui risiedevano sovrani circondati da corti più o meno splendide e che col dar feste e altri tratteni menti pubblici, contribuivano a far circolare il denaro nelle mani del piccolo commercio. Non si ha pertanto da meravigliare se la proposta del Morandini, la quale aveva certo un santissimo scopo, non ricevesse iavorevole accoglimento.

Ma il Morandini, lo ripetiamo, ha tolto ampiamente la sua rivincita di quello scacco nelle grandi discussioni finanziarie, durante le quali ha preso sovente la parola con tanta chiarezza di concetto e profondità di osservazioni, che lo si è salutato come uno degli [p. 851 modifica]economisti i più distinti che possegga la rappresentanza nazionale.

E ciò è tanto vero, che, caduto dopo i fatti dolorosi di Torino il gabinetto Minghetti-Peruzzi, il generale La-Marmora, incaricato della formazione del nuovo Ministero, ha pensato ad associarsi il Morandini cui è stato proposto il portafogli dei lavori pubblici.

Ma il Morandini per soverchia modestia, senza alcun dubbio, ha rifiutato l’onore che volevasegli fare, sebbene giovi sperare, che in un avvenire più o meno prossimo, se il Morandini viene di nuovo invitato a far parte dei Consigli della Corona, possa risolversi a non trarsi addietro come questa volta, mentre non è lecito ad alcuno nelle circostanze difficili in cui si trova attualmente il paese, di rifiutare la propria opera, qualunque, d’altronde, la si possa essere, quando un uomo così autorevole come il generale La-Marmora crede che valga a recare una qualche utilità alla cosa pubblica.