Il Parlamento del Regno d'Italia/Giovanni Gozzadini
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senatore.
Ebbe i natali in Bologna, nel 1810, discendente da una famiglia delle più illustri per antichità di schiatta, per influenza, per virtù cittadine e per sapere. La materna pure, Papafado, era famiglia di antica nobiltà, come quella ch’era ramo della Carrarese cui appartenne la signoria di Padova.
Ebbe il Gozzadini educazione fra le pareti domestiche, cui, non solo nella matura età, ma anche nella giovinezza, preferì agli allettamenti del gran mondo; che se talvolta dal volgere degli eventi ei ne fu tratto fuora, tostochè il potè, tornò a chiudervisi di bel nuovo.
Nel 1831, scoppiata in Bologna la rivoluzione, il Gozzadini fu nominato uffiziale della milizia cittadina, e siccome egli si compiaceva molto di esercitarsi nella ginnastica e nelle armi, dimodochè la sua sala di scherma era da gran tempo il luogo di convegno della più ardente gioventù di Bologna, fu al nostro protagonista affidato il carico di riunire e di ammaestrare i suoi nuovi commilitoni. Ma pur troppo fu quello un sogno di breve durata, e il Gozzadini, che aveva aperto il cuore a larghe speranze di patrio risorgimento, gemè per lungo tempo immerso nella più desolante sfiducia.
Tuttavia l’elezione del pontefice Pio IX fece rinascere nel di lui animo, come in quello di quasi tutti gl’italiani, lusinga di vedere alfine realizzati i proprî desiderî. Il consiglio municipale di Bologna, avendo inviato al nuovo papa una deputazione di eletti cittadini, scelta nel proprio seno, il Gozzadini, ammesso in consiglio nel 1836, e il professore Alessandrini, entrambi ne fecero parte. Al loro entrare in Roma ebbero a provare non lieve esultanza in conferma dei voti che formavano per l’Italia, mentre in quello stesso giorno appunto si pubblicava nella città eterna, e si benediceva da ognuno, quell’amnistia che fece così bene augurare del pontificato di Pio IX.
Fu quindi il nostro protagonista nominato capo dello stato maggiore della guardia civica bolognese, organizzandone, insieme al colonnello comandante Guidotti, una ad una le legioni, che fecero poi assai bella prova di sè in più d’una circostanza. Avendo rifiutato di assumere il comando, allorchè il Guidotti fu promosso a generale dell’esercito, rassegnò anche il proprio ufficio, quando vide che le intemperanze del partito esaltato travolgevano ad anarchia ed a rovina il paese. Tornato allora a vivere vita privata, avendo condotto in moglie la contessa Serego-Alighieri di Verona, dalla quale aveva prole, nessun pubblico incarico volle più accettare, fino all’epoca d’oggi, tranne quello di presidente della commissione di antichità e belle arti. — L’ufficio di tal commissione consistendo in vegliare alla conservazione dei patrî monumenti, volentieri fu assunto dal Gozzadini, mentre rispondeva alla propria di lui inclinazione, essendosi egli sempre in particolar modo occupato di studî di storia patria, ed essendosi dilettato, fin da giovinetto, di archeologia sotto la direzione del celebre Schiassi.
Fu quindi pel nostro protagonista gran ventura il poter rinvenire nelle proprie terre, mediante importante scavazione, un necropolio etrusco, onde fu a lui dato pel primo di mostrare con accurata monografia un gran numero di tombe felsinee, ricche di svariate e in parte nuove supellettili. Pubblicò pure il Gozzadini vari lavori biografici, di belle arti e di storia patria, corredandoli di molti documenti, che raccolse frugando archivi diplomatici. Per questi suoi studî ed opere il nostro protagonista è stato ascritto a vari istituti scientifici, letterarî e artistici d’Italia, eletto professore onorario, e insignito della commenda di San Gregorio Magno, e della croce di cavaliere dell’ordine Mauriziano, conferitagli dal re Carlo Alberto, che per provare in quale e quanta stima il tenesse, in occasione delle nozze del duca di Savoja, ora nostro glorioso Re, con regia lettera patente lusinghierissima lo nominava a suo gentiluomo di camera onorario.
Allorchè nel 1859 le vittorie dell’esercito alleato fecero cessare il mal governo clericale nelle Romagne, il Gozzadini venne eletto deputato all’Assemblea dell’Emilia, che insieme a quelle dei ducati e della Toscana valsero molto a consolidare il movimento italiano ed a costituire la nazione. Fece quindi parte di quella deputazione che recò in Monza al re eletto il voto dell’Assemblea romagnola, e che venne dai Milanesi festeggiata con isplendidezza ed entusiasmo inauditi.
A richiesta del generale Garibaldi, il conte Gozzadini iniziò pure e promosse in Bologna la soscrizione pel milione di fucili, facendo mozione alla giunta municipale, affinchè la città votasse a tal uopo una somma, e conseguendo infatti che fossero messi alla disposizione di Garibaldi in due rate 40,000 franchi. Nel nuovo ordine di cose, sì consentaneo al suo modo di pensare e d’oprare, il nostro protagonista accettò di buon animo il mandato offertogli dagli elettori, che il scelsero a membro dei consigli municipale e provinciale, ma evitò d’esser chiamato a più gravi ed importanti uffici, cui il designava la pubblica voce. Nominato presidente della deputazione di storia patria, gli venne poi conferita l’alta dignità di senatore del regno.