Il Parlamento del Regno d'Italia/Enrico Poggi
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senatore.
È toscano, ha studiato legge nell’università di Pisa e di buon’ora è entrato nella carriera della magistra tura.
Le sue cognizioni assai estese in fatto di giurisprudenza, l’applicazione indefessa nell’adempimento dei propri offici, la pubblicazione di alcuni scritti in materie legali, che non mancavano di dottrina gli valsero di progredire assai rapidamente e di pervenire ai più alti gradi della magistratura toscana.
Al momento in cui si effettuò l’annessione, il Poggi venne innalzato alla dignità di Senatore.
Intervenuto in Senato prese la parola sulle riforme che ebbero ad introdursi nel codice e si mostro ricco di cognizioni in tale materia. Ma più tardi si lasciò trascorrere a commettere un atto che gli fece non lieve torto presso le persone dotate di vera delicatezza.
Il Rattazzi volendo, dopo il ritirarsi del ministero presieduto dal barone Ricasoli, nel ricomporre il nuovo gabinetto, introdurvi ad ogni patto un toscano, onde non si credesse e dicesse che l’elemento di questa nobile e culta provincia fosse del tutto scartato dalla novella amministrazione, dopo essersi rivolto a diversi degli uomini i più notevoli di essa, dietro consiglio di persona assai bene informata, fece proporre al senatore Poggi un posto nel ministero, ma senza portafogli, giacchè questi erano tutti stati distribuiti. Il Poggi accettò, ma non prima di aver messe innanzi certe condizioni che vennero dibattute e in ultima analisi accolte dal presidente del Consiglio.
Tutto ciò si riseppe e, come dicevamo, non piacque; ma l’oblio si è fatto e a quest’ora il Poggi occupa senza sollevare proteste o recriminazioni l’elevato impiego di vice-presidente della suprema Corte di Cassazione.