Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe Pasolini

Giuseppe Pasolini

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Lorenzo Pareto Enrico Poggi

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senatore.


È un gentiluomo romagnolo che si è di buon’ora e con buon frutto applicato agli studi, tanto quell’età nella quale troppo spesso in Italia delle famiglie illustri per censo e per natali a vivere una vita frivola o scioperata, egli che in membri si danno era già avanti nella stima degli uomini assennati e faceva augurare a quelli che prevedevano i grandi rivolgimenti d’Italia che avesse à prendervi un posto non certo degl’infimi.

Gli avvenimenti del 1859 lo misero subito in vista. Ebbe importanti incarichi nella propria provincia, sottrattasi, come ognun sa, al giogo insoffribile del governo pontificio, e venne quindi, compiuta l’annessione di essa al Piemonte, eletto deputato al Parlamento nazionale.

Uomo riservato, e poco amante di far romore non prese mai la parola nelle pubbliche discussioni, ma negli uffici ebbe campo di darsi a conoscere per per sona di molto sveglio concetto e ricca di cognizioni.

Il marchese Massimo d'Azeglio non essendo contro la generale espettazione riuscito a piacere ai Milanesi come prefetto, si mise in quell’importante quanto difficile posto il conte Pasolini, che non tardò a farsi amare e stimare massimamente dai suoi amministrati.

Questo successo gli fe’ il più grande onore e valse ad attirare sovra di esso l’attenzione generale. Cosicchè S. M. lo invitò, essendosi resa vacante la prefettura di Torino, ad assumerne le funzioni. Al che il Pasolini acconsenti, benchè moltissimo gli dolesse di distaccarsi dai Milanesi, i quali dal canto loro non videro che con sommo rammarico la partenza di lui.

[p. 889 modifica] In Torino il conte Pasolini non piacque meno di quello che fosse piaciuto a Milano.

La di lui squisita gentilezza, i modi amabili e dignitosi, lo resero accetto a tutti, e nelle serate date da esso conveniva l’eletta della cittadinanza.

Elevato alla dignità di Senatore il Pasolini ebbe ben presto splendida occasione di rendere più eminenti servigi all’Italia e di dar nuovo saggio dell’alta sua prudenza ed abilità d’uomo di Stato.

Caduto il ministero Rattazzi, non tanto per le conseguenze luttuose del dramma svoltosi ad Aspromonte, quanto per le giuste e generali lagnanze sollevate dall’improvvida sua amministrazione, il conte Pasolini ricevette il difficile quanto rilevantissimo incarico da S. M. il re Vittorio di adoperarsi onde comporre il nuovo gabinetto.

E si fu mediante le abili e concilianti di lui cure che il ministero, presieduto di nome più che di fatti dall’illustre Farini, potè costituirsi; ministero in cui il nobile conte dovette, malgrado la vivissima di lui ripugnanza, accettare il portafogli degli affari esteri, da lui tuttavia ritenuto per breve spazio di tempo, e ceduto al proprio segretario generale Visconti-Venosta.

La condotta da esso tenuta in tale occasione valse al Pasolini un ben meritato accrescimento di fama e la riconoscenza dell’intero paese.

A quest’ora l’onorevole conte ha ripreso ad esercitare le sue funzioni di prefetto di Torino che, in previdenza, non erano state ad altri affidate.