Il Parlamento del Regno d'Italia/Domenico Cucchiari
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Le vicissitudini del prode generale di cui ci accingiamo a narrare in succinto la vita son di quelle che per essere svolte e descritte a dovere esigerebbero lor si consacrasse, non poche pagine, ma un intiero volume. Quindi è che domandiamo in antecedenza perdono al lettore se il nostro racconto potrà sembrargli monco ed a molti riguardi imperfetto.
Domenico Cucchiari è nato in Carrara, — patria di quell’altro grande italiano che fu Pellegrino Rossi, — da Francesco e da Maria Rossi, nel luglio del 1806.
Fatti i primi studî nella città nativa, si recò ad imparar legge nell’università di Pisa, ove conseguì la laurea dottorale nel 1826.
Portatosi poscia in Modena a farvi pratiche, stava per terminar queste nel 1831, allorchè avvenne il movimento italiano di quell’epoca, al quale l’ardente giovine prese parte, inscrivendosi nella guardia mobile e seguendo il general Zucchi fino ad Ancona.
In quel porto s’imbarcò, e s’avviò sul duro sentiero dell’esiglio, recandosi in Francia, ove rimase fino al dicembre del 1832, epoca in cui, udendo che in Portogallo si combatteva la guerra della libertà contro il dispotismo, vi si recò a prender servizio sotto la bandiera di don Pedro col semplice grado di foriere nel 2° reggimento fanteria leggera della Regina.
Avanzato a foriere maggiore nel maggio dell’anno successivo, ei si distinse in modo notevole nella battaglia ch’ebbe luogo sotto le mura di Oporto il 25 luglio, in cui riportò una ferita d’arma da fuoco. La croce di cavaliere della Torre e Spada fu equa ricompensa al valore spiegato in quell’occasione dal nostro compatriota, che nell’ottobre del medesimo anno veniva promosso a sotto-tenente, e a luogotenente nel febbraio dell’anno dopo.
Nell’ottobre del 1833 il Cucchiari passò col grado di capitano al servizio della regina di Spagna nel reggimento Cacciatori d’Oporto e guadagnatasi la croce di prima classe di San Ferdinando pel suo intrepido contegno durante il combattimento di Cherta accaduto il 29 giugno del 1837 — egli era stato già insignito pochi mesi prima della medaglia per l’espugnazione di Cantavieja — assistè alla battaglia di Chiva data nel successivo luglio, che gli valse una nuova ferita ed una nuova medaglia. Promosso a comandante di battaglione nell’aprile del 1838, prese parte alla battaglia di Morella, accaduta il 19 agosto del medesimo anno, e vi si meritò la croce di cavaliere d’Isabella la Cattolica.
Due anni dopo il nostro protagonista era nominato tenente-colonnello; se non che nel 1841, licenziatosi il suo reggimento, piuttosto che rimanersi nell’ozio accettò di venire impiegato nell’intendenza militare, ove tu incaricato di liquidare e ritirare i crediti del suo corpo.
Inutile dire che durante tutto questo tempo gli sguardi e le aspirazioni del generoso ufficiale si volgevano spesso verso la dilettissima patria, sicchè non è meraviglia se appena surta per l’Italia l’alba del 1848 egli volò a prestare l’opera sua tra noi, e appena giunto in Modena fu tosto nominato colonnello del reggimento di linea organizzato in quel paese, e inviato ad assumere il comando delle varie truppe che stavano a guardia della linea dell’Oglio, a Bozzolo e a San Martino.
Messo quindi alla testa delle varie truppe modenesi che dipendevano prima dagli ordini del generale De Sonnaz, trasse seco i dragoni e gendarmi e prese parte ai due attacchi diretti contro Volta il 26 e 27 di luglio.
Da Lodi fu poscia mandato a prendere il comando di Pavia e delle truppe che ivi si trovavano; quindi si ritirò in Piemonte, mettendo in salvo il parco e molti carri di vestiario e altri effetti militari che aveva rinvenuti in quella città.
Tanti e così intelligenti servigi furono ricompensati dal magnanimo re Carlo Alberto con la nomina del Cucchiari in data 13 agosto a colonnello del 4° reggimento d’infanteria.
Si fu alla testa di questo corpo che il nostro protagonista combattè energicamente alla battaglia di Novara, ove, essendosi arditamente spinto fino ad Olenzo, fece buon numero di prigionieri, e costretto a ritirarsi verso sera con tutto il rimanente dell’esercito, mantenne compatte e bene ordinate le sue truppe, sebbene avesse subite non tenui perdite, mentre il suo corpo ebbe a deplorare la perdita di circa 300 individui tra morti e feriti.
La medaglia al valor militare gli fu meritato guiderdone per sì commendevole contegno.
Nominato nel luglio del 1854 a comandante della brigata Casale, fu promosso a maggior-generale in agosto del 1855, e nel marzo del 1859, allo scoppiar della guerra, gli fu affidato il comando della 5a divisione attiva, alla testa della quale il nostro protagonista ebbe parte grandissima alla contrastata vittoria di San Martino.
Noi non descriveremo questa tremenda battaglia che durò dalle sette del mattino alle nove di sera — quattordici ore! — e che venne impegnata, direm così, per sorpresa contro un nemico tanto superiore in numero, preparato, egli, a combattere, fornito di artiglierie formidabili, ch’ebbe agio di collocare in posizioni naturalmente fortissime; ma non possiamo trattenerci dall’indicare almeno le principali gesta del nostro protagonista.
Nel primo attacco avvenuto il mattino, quando si trattò di sloggiare l’Austriaco dalle alture di San Martino, ajutato solo da poche forze della 3a divisione, benchè avesse dinanzi a sè quasi tutto il corpo d’armata comandato dal generale Benedeck, riuscì, animando coll’esempio e colla voce le proprie truppe, a spingerle su quegli elevati contrafforti coronati da ben trenta pezzi di cannone, e ricacciandone il nemico, pervenne ad impadronirsi di tre bocche da fuoco.
Ma sopraffatto dal numero dell’avversario, che di momento in momento riceveva ajuti di truppe fresche, il general Cucchiari si vide costretto, avendo già perduti più di 1,300 uomini, ad abbandonare quei trofei ed a ritirarsi, per iscendere a riordinarsi e a riprendere posizione a Rivoltella.
Giunto però un ufficiale d’ordinanza del Re che avvertiva come i Francesi stessero vincendo a Solferino e che Vittorio Emmanuele voleva che i suoi soldati fossero essi pure vincitori a San Martino, il prode Cucchiari, alla testa della sua divisione, insieme alla 3a ed alla brigata Aosta, si risospinse verso le sette della sera all’assalto.
Abbiamo udito dalla bocca del prode generale che i suoi soldati, nonostante le gravissime perdite sofferte nella lunga e disperata pugna poco innanzi combattuta, marciavano al terribile attacco con tanto ordine come se uscissero dalla caserma per recarsi all’esercizio, e pervenuti ai piedi di quelle stesse alture su cui giacevano estinti un sì gran numero de’ loro camerati, si slanciarono ad impadronirsene al grido mille volte ripetuto di Viva il Re! con tale irresistibile foga, che, due volte respinti, riuscirono alfine a restare padroni delle posizioni occupate dalla destra del nemico, e ad impossessarsi di tre pezzi della sua artiglieria, mentre la 3a divisione e la brigata Aosta ributtavano gli Austriaci al centro e sulla sinistra.
La tattica del generale Cucchiari, durante tutta la battaglia combattuta, come già abbiam detto, senza che si fosse potuto stabilire un piano generale, fu sempre quella di restar padrone della via Lugana, importantissima pel nemico, e di tenere in pari tempo occupata ed osservata la strada di ferro che vien da Peschiera, onde non esser sorpreso alle spalle o sul fianco da un corpo ostile, sortito da quella piazza.
Nell’ultimo e trionfante attacco della sera, la quinta divisione perdette ancora 700 uomini; rientrati poi i dispersi e prigionieri, la perdita reale resultò di 298 morti, di cui 19 ufficiali, e di 1326 feriti, cifra enorme sovra un totale di 10.000 combattenti.
Come in quella gloriosa giornata, che valse al nostro protagonista la promozione sul campo di battaglia a luogotenente-generale, egli non si rimanesse neppur ferito, è cosa, a detta dei testimoni oculari, che sa del portento, mentre il Cucchiari si mostrò sempre ove più forte era il pericolo e più calda ferveva l’azione.
Commendatore d’Isabella la Cattolica, insignito della medaglia commemorativa francese per la campagna d’Italia, grande ufficiale dell’ordine Mauriziano, dell’ordine militare di Savoia e della Legion d’onore, il Cucchiari è stato eletto dal collegio della nativa Carrara membro del primo Parlamento del regno italiano.