Il Novellino/Parte seconda/Novella XII
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NOVELLA XII.
ARGOMENTO.
ALLO ECCELLENTE SIGNOR FEDERICO DAVOLOS1 DIGNISSIMO CONTE E CAMERLENGO.
ESORDIO.
Persuadomi, eccellente e virtuosissimo Signore, che li primi filosofanti investigatori delle superiori intelligenze de’movimenti dei cieli ed ordini di pianeti, etiandio inventori e cognoscitori per argomenti e per ragioni di ogni cosa prodotta da la natura, ognuno da per sé e tutti insieme, non ebber mai tanta sottilità d’intelletto e isvigliatione d’ingegno, quanto in un solo punto ha prestato e di continuo presta il signore Amore a la maggior parte di quelli che ferventemente amando seguono l’onore di soa vittoriosa insegna. Né manco è da maravigliare a chi ben considera quanto siano ammirabili e omnino incomprensibili le astutie de le malvage femine quando ingannare i lor gelosi mariti si dispongono: onde si può cavar sententia che dove il provedimento d’alcun sagace amante insieme con la pravità de la deliberata donna si unisce, ninno umane sapere o accorgimento potrebbe a quello riparare, siccome tu, prudentissimo Signore mio, discerni, come quel che al resto de’ viventi puoi dare irreprobata dottrina.
NARRAZIONE.
Negli anni che la nostra Salernitana città sotto l’imperio del glorioso pontefice Martino V si reggeva2, in essa di grandissimi traffichi sì faceano, e mercatanzie infinite di continuo e d’ogni natione vi concorrevano: per la qual cagione venendovi ad abitare con tutte loro brigate di molti artegiani forestieri, tra gli altri un buon uomo d’Amalfi, chiamato Trifone, per fare albergo vi si condusse; e menato seco la moglie di assai bellezza fornita, e preso albergo alla strada del nostro Seggio del Campo, tolse ancora un’altra casa al tenimento de Porta Nova in una onestissima e chiusa contrada da non posservi alcuno senza coloratissima cagione passare. E quivi collocata la moglie e sua famiglia, avvenne che di questa giovene s’innamorò un gentiluomo de la città di assai onorevole famiglia, il cui nome per alcuna buona ragione de tacere ho deliberato. Costui amando ferventissimamente né cognoscendo modo alcuno per la dispositione del luogo a fornire suo desiderio, nè per la solenne guardia del gelosissimo marito avendo ardire di intrare con lei in trame, si pensò volere in ciò interponere l’arte d’una certa feminella sua domestica, la quale vendendo alcune coselline da donne per tutta la città discorrendo andava. E fatto a quella il suo volere un giorno manifesto, e con larghe promesse ordinatole quanto era di bisogno, contentissima di servirlo, da lui brievemente si partì; e traversando di molte contrade, a quella de la giovene pervenne, ed ora una ora un’altra a comperar delle soe robe invitando, accostatasi all’ultimo a l’uscio ove quella stava, non essendo da alcuno intesa, cosi le disse: E tu bella donna, non comperi di queste mie gentilezze, che so bene che se io fossi e giovene e bella, come tu sei, ogni dì comprarci cose nuove, e sopra quel che ha fatto la natura aggiungerei l’arte, a tal che niuna a me agguagliar si potesse. Ohimè, disse la giovane, tu mi vuoi uccellare. Rispose la vecchia: Per nostro Signore ch’io dico da vero, avvisandote che per tutta questa terra è voce che tu sei la più bella donna di questo reame; e quantunque alcune gentildonne in un luogo ove mi sono trovata, mosse più da invidia che da ragione, dispregiassero le tue bellezze per ponere innanzi le loro, e che dicessero che non hai buon sangue, e simili cose, come sono solite dire, che veramente a tutte escono gli occhi quando alcuna di nostre pari ne è bella, nientedimeno quivi un giovinetto di nobile casa, il quale non so se tu il conosci, a loro fe’ quella risposta che meritorno, e alfine gli conchiuse che niuna di loro saria in bellezza bastevole a scalzarti le scarpe. Rispose la giovene: Dio le guardi a casa soa, e se non fosse disdicevole averla caro intendere quali furono le gentildonne, e chi il nobile giovine che mi difese. La vecchia che accortamente la trama tessea rispose: Le donne per adesso tacerò, per non dir male d’altrui, ma del giovine ti farò volentieri accorta. E senza aspettar risposta e per nome e per cognome nominatolo, soggiunse: Quello che più oltre mi dicesse io non intendo manifestartelo se prima non mi giuri di secreta tenermi. La giovene, come è di loro usanza, volonterosa alquanto di saperlo, di mai palesarlo le impromise; onde la vecchia e non senza grandissima arte allora in tal modo a dire li comincioe: Figliuola mia, io non te saprei altro consigliare di tutto quello che a te fosse onore, e però non si dee guardare a quanto gli uomini dicono: egli mi disse che te ama più che sé medesimo, e in maniera si trova di te invaghito che non solamente il sonno ma il cibo mi giurò averne perduto, e cosi come candela acceca si consuma. E quantunque io te abbia recordato e recordo te debili conservare l’onore e buona fama, che non avemo miglior ricchezza in questo mondo, pure non tacerò di non avvisarti che el mi pare lo maggior peccato che commetter si potesse di fare un tal giovine così stentando morire, attento quanto sono li suoi lodevoli e piacevoli costumi, costumato, liberale, e onestissimo; e mi volse donare un gentil anelletto che a te da sua parte te lo portassi, e io dubitando de’ fatti tuoi per quella volta toglier non lo volsi; ma se tu sapessi quello che lui desidera da te, io me persuado che facilmente e senza nissun mancamento de tuo onore il potresti contentare. Egli dice che non vorrebbe altro da te se non che tu ti contentassi da lui essere amata, e che per guidardone di questo alquanto ad amar lui ti disponessi, e quando talvolta ti inviasse alcun de’ suoi doni accettarlo, e portarlo per suo amore ti dignassi. Queste, figliuola mia, mi paiono cose assai leggiere, e tu e ogni altra giovene il deverebbe fare, acciocché non passassivo senza coglier li fiori de la gioventù, essendovi da la onestà il gustare dei soavi frutti vietato. La giovene udendo tante affettuose parole e con tante ragioni per la prudente messaggiera davanti paratele, ancor che naturalmente onestissima fosse, li parve esser da necessità costretta a fidelmente amarlo, non intendendo però della sua innata onestà per nissun modo i termini preterire; e a la vecchia voltatasi così le disse: Or via, madonna, tornarete al gentiluomo e gli direte che per amor di soe virtù io son contentissima accettarlo per mio unico amatore; e questo solo da me gli basti; e ditegli che pensi bene d’esser secreto, e non caschi in lo errore de’ più de li giovini, che trovandosi tra compagni, non solamente di quel che fanno, ma di cose che mai viddero si vantano, avvisandolo che io vorrei prima morire che a notizia di mio marito venisse, il quale supera di gelosia ogni altro geloso. Onde paruto alla vecchia aver non poco per lo primo assalto adoperato, e cognoscendo la cosa andare per buona via, in questo modo rispose: Figliola mia, tu parli saviamente, ma vo' che sappi che lui tra l'altre soe singolari virtù è secretissimo; e, se Dio me lassi far buon fine, quando egli mi palesò tal fatto, oltre a cento sacramenti mi fece fare di secreto tenerlo, esso tremava come una cannuccia, e di mille colori ad ogni ora se gli cangiava il viso. Per tanto non te ritragga questo respetto a non amarlo, che del certo verrà volta che fra te medesima ti glorierai di avere il più bello, il più secreto, e d’ogni virtù compito servitore de donna de questa terra; e benché quel che tu gli concedi sia assai, e lui non mi pregasse d’altro, pure non restarò di non te rammentare che tu non vogli così miseramente perdere la tua florida gioventù; e se la fortuna e tuoi parenti di donarti sì brutto e di sì bassa sorte marito sono stati cagione, che ancora tu non vogli di te medesima essere inimica, ma che sappi trovar maniera de godere, che non vi è pare dolore che altrui in vecchiezza pentirsi. E poi scrizzando disse: Sai che li dirò da tua parte? che suo bel danno se non saprà trovar modo d’essere con teco. A le quali parole la giovene alquanto isdegnosetta rispose: Per la fede mia tu te ne guarderai molto di dirgli tal cosa; ma davanzo gli dee bastare quando gli dirai quello che t’ho imposto. Disse la vecchia: Io ti prego che non te corrucci né di mia importunità te maravigli, che io ti giuro per questa croce3, che se io non gli porta bona nova ei si donerà la morte; nondimeno io tel ricomando quanto posso, e acciò che mi creda la grata risposta che mi hai donato, fa che dimani gli ti facci vedere a Santo Agostino, e che lui forbendosi il suo naso dica: Io mi ti recomando; e tu togliendoti i capelli dal viso gli rispondi: E io a te. E in questo trapasserete il tempo fin che de godere vi sarà da fortuna miglior camino mostrato. Al che la giovene rispose: Ed anco gli sarò liberale, e ricomandatemi infinite volte a lui, e gli direte che venga matina, che io non posso molto in chiesia dimorare4. Così dunque la vecchia partitasi, e la giovene con novi volgimenti di cuore rimasa, nel quale per le maestrevoli parole de la vecchia un continuo verme roder si senteva, trovato subito l’amante, ogni cosa per ordine con la deliberata conclusione pontualmente gli ricontoe; il quale lietissimo di tal novella levatosi la matina per tempo, e al signato luogo condottosi, e quivi trovata la giovene più bella fattasi che da essa natura non era stata prodotta, e da quella non solamente fuor d’ogni usanza bonissima grazia ricevuta, ma la promessa risposta col dato segno vedutone, più giocondo che fosse mai ne rimase. E in brieve la donna partita e lui a casa ritornatosi, cominciò a pensare come l’ultimo frutto d’amore gli fosse stato di coglier concesso; e avendo sopra di ciò varie e diverse vie trascorse, e in una deliberatamente fermatosi, avvenissene pure quel che vuole, propose farsele trovare in casa, e per tal maniera clie lei fosse a concedergli forzata quel che unicamente desiderando avea già cominciato a pregustare. E fidatosi de certi gentiluomini de Capuana5, che quivi erano venuti a far festa con l'Arcivescovo loro parente, una sera al tardi mandati ad un certo luogo e cavalli e muli a loro sufficienza, e lui come donna vidoa con un pappafico e cappello travestitosi, con due altri ragazzetti e fanciulle similmente travestite, e sopra i carriaggi ordinati montati, tutti di brigata a cavallo, come notte fu verso de la città se avviarono; e pervenuti al Seggio del Campo, trovarono alla pista dei cavalli, come è usanza di osti, uscito fuori l’oste, il qual disse: Signori, volete voi alloggiare? Al quale uno di loro rispose; Maisì, avete voi buone stalle e letti? Messer sì, disse l’oste, dismontate pure che sarete ottimamente serviti. Colui tiratolo da parte gli disse: Vedi, oste, la tua bona fama ne ha condotti qui, e però ne conviene prender di te quella securlà che al nostro bisogno si richiede; e perchè sappi noi avemo qui la figliola del Conte di Sinopoli, nuovamente per morte del quondam messer Gorello Caracciolo suo marito vidoata, e così mestosa come tu vedi al padre de presente la torniamo; e per onestà mal volentieri, possendosene fare altro, la fariamo nell’albergo questa notte dormire; però per cortesia ve pregamo vi travagliate trovarne alcuna donna da bene con la quale questa notte con due altre sue fantesche possa albergare; e noi pagaremo al doppio di quanto meritasse. A cui l’oste rispose: Signor mio, de qui d’intorno non conosco io persona a ciò buona, nondimeno io vi offero ciò che posso. La verità è che io ho la mia casa un poco da qui lontana ove tengo mia moglie assai giovene; onde piacendovi si potrà con lei dimorare, e lo pagamento sia rimesso in voi. Il gentiluomo alla donna rivoltosi disse: Vedete madonna Francesca, a me pare che starete di gran lunga megliore in casa di questo valente uomo in compagnia di donne, che qui tra noi. Lei con sommessa voce risposto contentarsi, e l'oste lasciato a loro un garzone che li mostrasse la via, rattissimo in casa se condusse, e chiamata la moglie le impose che spacciatamente la camera acconciar dovesse, imperò che una contessa vidoa di giovanile etate doveva quivi in quella notte albergare. La giovene li cui pensieri da l'inganno erano molto lontani, con puro cuore rispose: Marito mio, tu sai la casa, nondimeno si farà quanto sarà possibile. In bon’ora, disse l’oste, fagli de l’acqua calda e odorifera, che talvolta ne deve avere gran bisogno, imperò che tutta sta piena di fango. Arrivata dunque fra questo tempo e con doi gentiluomini la donna, e da quelli dismontata e presa in braccio, con l’altre doe fanciulle in camera la condussero, e qui gionta, e facendo vista di dispogliarsi diede commiato a quelli che l’avevano accompagnata; per la qual cagione non parendo conveniente a l’oste di rimanervi, alla moglie rivoltosi disse: Abbi per ricomandato il servigio di questa donna, e delicatamente gli apparecchia da cena e da dormire, serràteve da dentro molto bene, e io andarò nell’albergo a servire le soe e altre brigate che me aspettano. E con tal ordine lassatele, e per più sicurtà de fora serratele, e data la chiave ad un de coloro, con essi insieme nell’osteria se ne tornò. La giovene rimasta con lo amante, e da dovero tenendo che donna fosse, volonterosa di servirla a dispogliar l’aiutoe, e mille anni parendole di vedere se bella fosse, lei medesima rimossili gli arnesi che il volto li ascondeano, e fìsso guatatola, e alquanto la immagine del suo amante rappresentatalisi, timida e vergognosa indietro tiratasi, di più accostarsegli non ardiva: il quale vedutala sopra di sé stare, dubitando de’ pericoli possibili per la imprudenza spesse volte di giovenette donne, parutoli già tempo farla dell'inganno accorta, presala per mano e in braccio recatasela, in cotal modo a dir le comincioe: Dolcissima vita mia, io sono il tuo fidele e perpetuo amatore, e qui in tal maniera condotto attento che tra la gran gelosia di tuo marito e la somma tua onestade ogni altra via mi aveano interdetta, e questa sola rimasa dal signore Amore mi fu con grandissima speranza aperta e dimostrata; e così condottomi come vedi nelle toe gratiose braccia. te supplico che tal mio passionato ardire per comune onore e contentezza con discreta maniera contentar debbi, e con quella pace e quiete te volgi verso il tuo unico e ferventissimo servitore, cogliendo parimente i dolci e soavissimi frutti de la nostra gioventù, che prudentissima donna farebbe. La giovene ancora che tutta isdegnosa più volte per uscirli di mano avesse soe forze invano adoperate, pur cognoscendo che il gridare di eterna infamia le saria stata cagione, essendole etiandio da prima colui assai piaciuto, con seco medesima impronto consigliatasi, prese per partito donargli quello chepossendo talvolta negato non gli avrebbe, e a lui rivolta disse: Se il poco senno di mio marito vi ha qui condotto, io non intendo con mia eterna vergogna ve ne cacciare, ed essendo nelle vostre mani donata, non me occorre dire altro se non pregarvi per Dio. e per la virtù alla quale sete per vostra nobilita obbligato. che contentando il vostro disio, vi sia il mio onore ricomandato. L’amante di tali parole lietissimo, strettamente baciatala, li disse che dubitare non li bisognava, imperò che lui di continuo la propria vita a ritaglio metteria per conservatione del suo onore e buona fama quando bisognasse. E con tali e altre assai dolci e lusinghevoli parole raumiliatala, prima che di quel loco partissero il primo frutto del loro amore assaggiarono; e fatta poi una leggera colazione e intratisene a letto, vinti da pari disio godendo tutta la notte in piacere consumarono. Ed ordinata fra loro più cauta maniera da godere, come l’alba fu, i compagni de la nova contessa, fatti i carriaggi mettere in ordine, e trovata la donna in assetto, cavalcatala subito, e più che il dovere l'oste pagato, ancor che verso Calabria dirizzassero il loro camino, la medesima sera con grandissimo piacere e festa repatriaro. L'amante finalmente guidardonata la maestra correra, per longo tempo con la giovene felicemente godette: il quale lieto fine a te, virtuosissimo signore mio, conceda Amore, siccome tu maggiormente il desideri.
MASUCCIO.
Singolare e assai netta si può dir la beffa per lo amalfitano oste ricevuta, e de gran cortesia da soverchia bestiaggine causata; e non dubito che saranno alcune donne, le quali parlano raro e sputano tondo per essere savie reputate, che diranno che quando a sì fatti partiti si abbattessero, che alla nominata giovene intervenne, prima si avrebbeno fatte morire che per alcun modo al volere dell’amante consentito. Onde a queste tali io non so che altro per ora rispondere me debba, se non pregare Iddio che loro non conceda tanto di grazia di venire al termine di essere forzate di quel che sopra ogni altra cosa desiderano; ma il senno e provedimento loro è tanto che rade sono di quelle che a sì fatte estremità e pericoli si conducono, anzi esse medesime fanno col desio insieme all’amante conseguire l’effetto, siccome in altre parti più diffusamente parleremo. Ma che si potria dire de la mirabile arte e maestrevole via per la messaggiera ricercata nel poner l’amante in grazia de la sua amorosa? Certamente assai; ma essendo oggi l’arte dei sensali venuta sì al sottile, che non solamente vecchi ma fanciulli par che dormendo la sappiano ottimamente adoperare, me ne tacerò di più parlarne; e trapassando più avanti dirò d’un altro notevole inganno in persona di un nostro Stratico marchisano adoperato per un giovane Salernitano; e fu la burla sì faceta e bella che io medesimo scrivendola di ridere non mi posso per alcun modo contenere; della quale quanti son oggi nella nostra città me ne ponno rendere verissima testimonianza:
Note
- ↑ Questi è Indico d’Avolos, non Federico, primo di tale famiglia venuto da Spagna in Napoli, amato molto da re Alfonso I che gli diede in moglie Antonella d’Aquino, unica erede del Marchese di Pescara. Vedi la nota alla novella 21.
- ↑ Manilio V di casa Colonna fu papa dal 1417 al 1431, cioè al tempo della regina Giovanna II. Costei trovandosi in pericolo per la contumacia dello Sforza e di molti altri baroni, chiese aiuto al Papa, e diede il Principato di Salerno ad Antonio Colonna, che tenne la città in nome del Papa suo zio, Alfonso d’Aragona; poi la tolse al Colonna, e la diede a Raimondo Orsino.
- ↑ Dice: ti giuro per questa croce, e fa il gesto d'incrociare le mani sul petto.
- ↑ Questo dialogo tra le due donne è bellissimo.
- ↑ Del seggio di Capuana in Napoli.