Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee - Vol. 1/Libro II. Capo I

Libro II. Capo I. Periodo I. Condizione generale della Lombardia sotto il dominio dei Carolingi e cenni storici di questa dinastia (774-888)

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Libro II. Capo I. Periodo I. Condizione generale della Lombardia sotto il dominio dei Carolingi e cenni storici di questa dinastia (774-888)
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CAPO I.


Periodo I.


Condizione generale della Lombardia sotto il dominio dei Carolingi e cenni storici di questa dinastia (774-888).


L'Italia, come ho già avvertito nel libro precedente, sino all'ingresso dei Longobardi era una; la divisione incominciò sotto questi, e progredì rapidissimamente sotto di Carlo Magno e de'suoi successori, e fu quasi infinita sotto gli imperatori e re d'Italia di razza germanica.

I Longobardi avevano diviso quella parte d'Italia da essi occupata in trenta e più ducati, alcuni de'quali perchè posti al confine dello stato, erano chiamati anche Marche. I proposti al governo di quelli e di queste erano detti duchi e marchesi. Questi secondi di maggior dignità potevano avere sotto di sè anche più duchi. Capo di tutti era il re, che risiedeva in Pavia. Allorchè Carlo Magno estinse il regno de'Longobardi, assumendone il nome esso stesso, nulla mutò di questo interno ordinamento. Ma poco dopo, lui partito d'Italia, alcuni duchi Longobardi si ribellarono, tentando di riacquistare la perduta dominazione. Carlo Magno scese allora di nuovo nella penisola e gli obbligò colla forza dell'armi all'obbedienza, o in punizione della loro rivolta tolse loro il ducato e ne divise il territorio secondo la minore o maggiore estensione in più comitati o contadi. I soli ducati che rimasero salvi furono quelli, a [p. 176 modifica]quanto pare, del Friuli, che divenne una delle marche più famose d'Italia, di Spoleto e di Benevento: gli altri furono tutti soppressi. Anche Milano dunque, e dicasi lo stesso delle altre città principali soggette ai Franchi, ebbe il suo territorio sino allora estesissimo diviso in parecchi contadi, come vedremo in appresso.

Avvisò Carlo Magno con questa divisione, che divenne col tempo una fonte perenne di discordie e di guerre intestine, di dominare viemeglio i popoli a sè soggetti e tenerli in freno, tanto più che si era con ciò procacciato il mezzo di beneficare i suoi più fidi e gli aderenti al proprio partito: i quali di conseguenza, potendo anche quelle dignità divenire ereditarie nelle proprie famiglie, erano altresì impegnati a mantenersi costanti nella soggezione di lui e dei suoi successori. Questi beneficii loro conferiti furono poi quelli, che in processo di tempo si chiamarono feudi, la cui più remota origine si scorge per questo essere Longobardica1.

Tra i beneficati da Carlo Magno e dai suoi successori furono in modo particolar i Vescovi e gli abati dei monasteri più insigni e tra le chiese quelle che erano cattedrali, seguitando con ciò l'esempio già dato in parte dai Longobardi. Poderi e privilegi concesse loro in gran quantità, in forza de'quali essi crebbero a poco a poco in ricchezze e potenza, avvantaggiandosi per ciò stesso di molto sopra dei laici sì per l'influenza ch'esercitavano pel carattere del sacro loro ministero sullo spirito delle popolazioni e sì per l'immobilità de'loro stessi possessi, che si doveano trasmettere intatti ai lor successori. Tra gli ecclesiastici, che giunsero col tempo ad avere una [p. 177 modifica]signoria territoriale, si dee ricordare in primo luogo l’arcivescovo di Milano, la cui potenza nel secolo undecimo e duodecimo segnatamente niuno fu che potesse eguagliare.

In quest’epoca dunque le città erano governate da un conte, o comite; il quale aveva sotto di se altra persona che ne teneva le veci, chiamata vicecomite, o con termine abbreviato visconte. Questi ne avevano l’amministrazione sì civile che militare. Quelle poi tra le città, che avevano a capo del proprio governo un vescovo, chiamato Signore, o Domino con latino vocabolo, erano amministrate in luogo di lui da un vicario, chiamato perciò vicedomino od anche visdomino. Che anche Milano avesse in questi tempi il suo conte non è a dubitare trovandosene memoria nelle antiche carte, tra le quali basterà ricordar quella, che per mancanza di data è collocata dal Giulini (P. I, p. 443) tra gli anni 820 e 840, che fa parola di certo conte di Milano nominato Leone. Non si hanno però di questi conti la serie successiva: e maggiore eziandio è l’oscurità di quelli della Campagna. Appena se ne trova ricordato alcuno nelle antiche pergamene rimasteci.

Quanto alla legislazione fu già avvertito, che per l’amministrazione della giustizia fu garantito a ciascuno l’uso di quella propria della nazione, alla quale apparteneva, ritenuta per tal modo in pieno vigore. Nel Capitolare Longobardorum dell’anno 786 al capo 8, si ha che Pipino re d’Italia, vivente Carlo Magno, emanò una legge che stabiliva, ut unusquisque homo suam legem pleniter habeat conservatam. Per cui si trovarono ad un tempo vigenti in Italia circa sei diverse legislazioni, che noi vedremo ben presto ricordate pure nelle carte spettanti ai luoghi del nostro Lago2. [p. 178 modifica]Quelli che amministravano la giustizia erano detti Scavini o probi viri, ai quali presiedevano i Conti o i loro vicarii, senza però che questi prendessero parte in generale ai loro giudizii. Sculdasci poi si chiamavano quelli, che soggiornavano nelle terre e castelli del contado, ed erano i rettori ed i giudici del luogo in prima istanza. In oltre l'amministrazione e l'economia dei fondi e delle ville chiamate corti regie, era affidata ai gastaldi, ufficio in quell'epoca assai distinto. Molte altre poi erano le carciche e dignità sia pubbliche sia di corte introdotte e in uso a questa epoca: molte pure le distinzioni tra i cittadini e le varie classi della società: delle quali mi riservo parlare, quando ci cadranno sott'occhio occorrendoci di esaminarle alcune carte di maggiore importanza per noi.

Tale era in sostanza la condizione della nostra Lombardia sotto il dominio dei Carolingi, la cui storia verrò qui brevemente esponendo a maggior luce di quanto sarò per dire in appresso.

Più volte ritornò Carlo Magno in Italia: la terza ebbe luogo nel 780 per farvi incoronare dal sommo pontefice re d'Italia Pipino, cui partendo lasciò in Pavia, la quale continuò ad essere anche sotto il regno de'Franchi la capitale. Ritornò finalmente, e fu l'ultima volta, nel 799 per rimettere sul trono papa Leone III. Fu in questa occasione che il Pontefice mosso anche da sentimento di gratitudine concepì il disegno di risuscitare il caduto impero d'Occidente, e lo eseguì nella solennità del Santo Natale di quel medesimo anno incoronando Carlo Magno imperator de'Romani.

Pipino venne a morte in Milano due anni prima del padre l'anno 810, lasciando un solo figlio maschio di nome Bernardo, il quale due anni appresso (812) fu nominato re d'Italia dallavo suo. Frattanto anche Carlo Magno di appressava al [p. 179 modifica]termine dei suoi giorni. Egli pagò questo tributo all'umana natura il 28 gennaro dell'anno 814, dopo un regno gloriosissimo di circa 46 anni lasciando successore all'impero il proprio figlio Lodovico, soprannominato il Pio, o come altri dicono il Bonario.

Bernardo figlio di Pipino continuò a regnare pacificamente in Italia anche durane l'Impero di Lodovico. Se non che essendosi questo l'anno 817 associato al trono il proprio figlio Lotario, Bernardo, il quale, come figlio del primogenito di Carlo Magno, aveva delle pretese all'impero, cominciò tosto a macchinare segretamente contro di Lodovico, e poscia anche apertamente coll'armi: per la qual cosa vinto e fatto prigioniero venne barbaramente acciecato, e ridotto a morte. Lotario fu quindi l'anno appresso (818) sostituito a lui nel regno d'Italia. Ma nè anco Lodovico dopo questo fatto ebbe a godere tranquillamente del suo impero, poichè dopo varie ed assai brutte vicende, che punto non giova di riferire, e che d'altronde sono a tutti già note, venne a morte l'anno 840.

Merita tuttavia di essere qui ricordato un capitolare di lui e di suo figlio Lotario dell'anno 829, il quale ordina uno studio centrale in Pavia, a benefizio di varie provincie e città della Lombardia. Anche Carlo Magno per ristorare alquanto gli studii aveva aperta nel suo palazzo in Pavia una pubblica scuola e vi aveva chiamato a insegnare Pietro Pisano. Lodovico seguendo in ciò l'esempio del padre vi chiamò il monaco scozzese Dungallo, grammatico allora di grande riputazione3, al quale dovessero convenire quei di Milano, di Brescia, di Lodi, di Bergamo, di Como, di Novara, di Vercelli e di altre città limitrofe. L'intendimento fu savio, ma da ciò stesso rilevasi quale [p. 180 modifica]fosse la condizione letteraria d’Italia in questi tempi. Una sola scuola e di un solo, e questo grammatico, per tutta la Lombardia! È però da avvertire, che sotto il nome di grammatica s’intendeva allora compreso anche lo studio delle Belle Lettere, la spiegazione e i commenti degli antichi Scrittori Greci e Latini ed una lintura della Sacra Scrittura. Nè si deve altresì omettere, che alcuni anni prima Lodovico anche papa Eugenio II nel concilio da lui tenuto in Roma l’anno 826, nel canone 34, aveva ordinato che vi fossero scuole in tutti i palazzi vescovili e nelle parrocchie.

Lotario succeduto a Lodovico I il Pio nell’impero, fece incoronare re d’Italia dal papa l’anno 843 suo figlio Lodovico II, il quale poi l’anno 849 fu anche associato all’Impero. Lotario venne a morte l’anno 855, sicchè Lodovico II imperò solo da quest’anno sino all’875, e visse per ventura d’Italia quasi sempre in Pavia: fu principe pio, giusto e di costumi semplici e generoso. La sua morte accadde nel territorio Bresciano, e il suo corpo trasportato i Milano vi fu sepolto nella basilica Ambrosiana.

Egli non aveva avuto da sua moglie Engilberga o Angilberga, che una figlia per nome Ermengarda. Questa mancanza di successione nella sua linea venne a turbare non poco la pace, che per tanti anni si era goduta in Italia sotto di lui.

Poichè non appena si seppe ch’egli avea posto fine ai suoi giorni, che varii pretendenti accorsero alla di lui eredità. Primo di tutti fu Carlo il Calvo, suo nipote, figlio di Lodovico il Pio e fratello del padre suo. Questi coll’aiuto dell’Arcivescovo di Milano, Ansperto da Biassono4, il quale esercitava allora grande influenza, venne eletto re d’Italia, e incoronato in Roma da papa Giovanni VIII imperator de’Romani. Ma Carlomanno [p. 181 modifica]figlio di Lodovico detto il Germanico, suo nipote, gli muove guerra e lo scaccia d'Italia. Carlo il Calvo muore miseramente nella sua fuga l'anno 877 e Carlomanno così da quell'anno regna solo in Italia. Questi due anni appresso si associa al regno Carlo il Grosso suo fratello (879), e muore l'anno seguente senza prole legittima.

Carlo il Grosso rimasto unico regnante in Italia prende l'impero già da tre anni vacante. Incoronato dal papa riunisce sotto la sua corona d'Italia anche la Germania per la morte di Lodovico detto il Sassone, suo fratello, avvenuta l'anno 882, e due anni appresso (884) egualmente anche quella di Francia per la morte di Carlomanno suo cugino, re de'Franchi. Ed ecco una terza volta tutta la monarchia di Carlo Magno nelle mani di un solo.

Questa riunione però ben lungi dal produrre la concordia delle nazioni congiunte in un solo corpo, vi cagionò la discordia e ne accelerò la rovina. Carlo il Grosso perdette prima la Francia nell'885, poi la Germania nell'887, ed egli stesso morì, non si sa se di morte naturale o strozzato nell'anno seguente 888. Con lui ebbe termine la linea di Carlo Magno durata oltre un secolo.

A maggiore dilucidazione di questo tratto di storia soggiungo qui la seguente tavola genealogica, però limitata ai soli Re e Imperatori d'Italia, riunendo in essa ad un tempo anche la serie di quei Re e Imperatori, che loro successero nel prossimo periodo dietro il legame di parentela, che si è potuto trovare per connetterli insieme. Devo però avvertire all'intelligenza di questa stessa tavola, che la famiglia di re Ardoino, seguendo in questo il Pravana, non contrasse affinità con quella di Berengario II, che posteriormente al loro regno pel matrimonio d'Ichilda figlia di Ardoino con Corrado figlio di Berengario, e che mi sono appunto servito di questo loro legame per poterli in qualche modo inserire nel presente stemma allo scopo sovraindicato. [p. 182 modifica]
CARLO Magno
figlio di Pipino
nipote di Carlo Martello
regna col fratello Carlomanno
in Francia dal 768,
solo su tutta la Francia dal 771
Re de'Longobardi dal 774
Imperatore de'Romani
dal 779 † 814
lodovico il Pio
re di Aquitania dal 780
Imperatore dal'814 † 840
Mogli, Ermengarda † 818 e
Giuditta figlia Guelfo duca.
pipino
re d'Italia dal 780-810.
bernardo
re d'Italia dall'812 † 818.
Adelaide
moglie di Rodolfo figlio di Corrado,
re della Borgogna
Transiurana.
lotario I
re di Baviera,
associato all'Impero
dall'817
re d'Italia dall'818 † 855
Moglie Ermengarda
Lodovico il Germanico
re di Francia dall'817 e
di Baviera dall'839 † 876
carlo il Calvo
re di Francia dall'840
Imperatore dall'875 † 877
sua moglie Richilda
sorella di Bosone.
Gisela
Moglie di Eberardo
duca del Friuli,
madre di
rodolfo II
re d'Italia
dal 921 † 926
lodovico II il giovane,
re d'Italia dall'844
associato all'Impero
dall'819
impera solo
dall'855 † 873
senza prole maschile
da Engilberga sua moglie.
carlo il grosso,
re di Germania dall'876
re d'Italia dall'879
Imperatore dall'881
† 888 senza prole
legittima.
carlomanno
re d'Italia dell'874
† 880 senza prole
legittima
berengario I
re d'Italia dall'888
Imperatore dal 913
† 924 senza prole
maschile.
Adelaide
moglie di lotario II
figlio di Ugo re d'Italia
associato dal padre
al trono dal 931-950
e poi di {Q43915}
imperatore dal 962.
Ermengarda
moglie di Bosone
re di Provenza e della Borgogna
Inferiore
Dadone
conte.
arnolfo il bastardo
duca di Corintia
re di Germania dall'887
Imperatore nell'896 † 899
Gisla o Gisela
moglie di Adalberto
marchese d'Ivrea
madre di
ottone II
re d'Italia dal 962
imperatore dal 967 † 983
lodovico III
re di Provenza
re d'Italia dal 900
Imperatore dal 901
ardoino
Marchese d'Ivrea
re d'Italia
dal 1002-1014 † 1015,
moglie di Berta.
berengario II
re d'Italia dal 939-964
con interruzione † 965,
moglie Villa.
ottone III
re d'Italia dal 983
Imperatore dal 996
Ardicino
marito di Villa
figlia di Ugo
Marchese di Toscana
Ottone
conte.
Ichilda, o Richilda
moglie di
Corrado
Guido
adalberto
re d'Italia col padre
di cui seguì le vicende
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  1. È opinione di non pochi eruditi che presso i Longobardi la legge Feudale sia stata introdotta solo per consuetudine, benchè non si trovi ricordata con questo nome. Si vuole che Corrado il Salico sia stato il primo a fissarla in iscritto. Il Muratori poi ritiene che la parola feudo non sia comparsa in Italia prima del mille. Scrive il Durandi (Piemonte Cispadano antico, Torino, 1774, p. 210), che finora la carta più antica, che si conosca con questo vocabolo è quella di Roberto re di Francia del 1008.
  2. Scrisse l’Avv. Carlo Motti, nei suoi Commentarii MSS. al Maragno, che avremo occasione di ricordare più volte, che nell’Archivio antichissimo della Chiesa collegiata e parrocchiale di Bedero in Val Travaglia vi hanno carte in buon numero, dalle quali risulta il fatto assai per questo notevole, che presso il Verbano durò l’uso promiscuo delle leggi Romane, Saliche e Longobarde sino all’anno 1200. Avverte inoltre ivi stesso alla voce Bedero il medesimo Avv. Motti, che a torto fu attribuita la fondazione di quella collegiata a S. Galdino Arcivescovo di Milano, fiorito nella seconda metà del secolo XII, mentre nelle dette pergamene se ne ha memoria sino dall'anno 1080.
  3. Si legge a questo proposito nel Capitolare suddetto pubblicato dal Muratori (Rer. Ital. T. 1, p. 2), In Papia conveniant ad Dungallum de Mediolano, de Brixia, d Laude, de Bergamo, de Novaria, de Vercellis, de Dertona, de Aquis, de Genua, de Hasta, de Cuma (così si scriveva allora il nome della città di Como). Avvisarono poi alcuni in questi ordinamenti di Carlo Magno e di Lodovico un principio delle nostre università, a dire il vero, alquanto remoto.
  4. Questo Arcivescovo governò la Chiesa di Milano dall’868 all’881, ebbe gravi contese col Papa per questo affare delle elezioni, che si possono vedere presso il Giulini e presso il Verri, Storia di Milano (ivi, 1783, T. 1). Da questi e in generale da tutti gli scrittori patrii Ansperto è considerato come uno dei più insigni benefattori e ristoratori della città di Milano, assai ... in quest’epoca.